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Amadou ad Atene.

Dalla Guinea alla Grecia: Amadou, bloccato alla soglia dell’élite

Dalla schiavitù in miniera in Guinea Amadou è arrivato in Grecia a 16 anni. Oggi si trova incastrato è in un limbo giuridico in attesa di una richiesta di asilo. L'accesso alla formazione gli ha permesso di ottenere un posto a Sciences-Po Paris, vivaio dell'élite politica e imprenditoriale francese. Se la sua domanda verrà respinta ulteriormente perderà l'occasione della sua vita e si troverà di fronte a un bivio terribile: ritornare al Paese da cui è fuggito o vivere nell’illegalità.
Questo è il secondo capitolo di una serie di articoli su giovani europei senza permessi di soggiorno, visa o cittadinanza ai tempi di Covid-19, realizzati in collaborazione con Lighthouse Reports e The Guardian.

Pubblicato il 17 Settembre 2020 alle 11:00
Enri Canaj  | Amadou ad Atene.

Nella pila di libri che Amadou Diallo ha portato con sé l'estate scorsa nelle isole greche c’era un’autobiografia di Frederick Douglass, una delle figure più importanti della storia afroamericana. L’uomo, sfuggito alla schiavitù per guidare il movimento abolizionista, ha scritto: "Una volta che avrai imparato a leggere, sarai libero per sempre”. 

Amadou si trovava in quel momento a Sifanto, meta di famiglie straniere benestanti e di ateniesi colti. Richiedente asilo guineano, aiutava nella gestione di un albergo di sei camere: tanto lavoro che permetteva vacanze degne di questo nome ad altre persone. La notte la passava leggendo le storie di vita di grandi uomini, chiedendosi quale forma potesse assumere la sua libertà.

Amadou, che aveva appena compiuto 20 anni, è arrivato solo dall'Africa occidentale tre anni e mezzo prima. Ha preso al volo ogni opportunità che gli è capitata: dai “boutique hotel” su isole più o meno alla moda, fino ad una scuola privata frequentata da figli di diplomatici. Ha avuto modo di vedere tanto di quello che l'Europa ha da offrire: ha letto avidamente e lavorato duramente per appartenere a questa realtà. Ma, a differenza dei suoi compagni di scuola o dei turisti di Sifanto, il posto di Amadou in questo nuovo mondo dipende dal processo di ricorso in materia di asilo della Grecia.

Il lavoro in schiavitù e la tortura

Amadou non è cresciuto coltivando il sogno di lasciare la Guinea. Solo dopo la morte del padre la sua vita si è trasformata in una sorta di romanzo dickensiano dell'Africa occidentale. Insieme al fratello minore è stato  mandato a vivere con la matrigna, una donna violenta che non solo non lo amava, ma  che lo vendette al proprietario di una miniera d'oro.

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La sua vita in miniera era essenzialmente lavoro in condizione di schiavitù. Dopo diversi tentativi, Amadou riuscì a scappare e ad attraversare il confine con il Mali. Da lì prese la strada a nord attraverso il Sahara che lo avrebbe portato in Turchia. Da lì, prese una barca per l'isola greca di Lesbo. Quando finalmente raggiunse Atene, due mesi dopo aver lasciato la Guinea, fu intercettato  da un operatore umanitario che lo portò in un centro di accoglienza per minori.

L’apprendimento del greco e l’accesso all’istruzione

Amadou si è trovato sotto la custodia dell’Home Project, un’organizzazione senza scopo di lucro fondata in Grecia nel 2016 sulla scia dell'ondata di arrivi di migranti. Home Project, lavora sull'accoglienza di minori non accompagnati, come Amadou, che sono arrivati a migliaia e si sono ritrovati a vivere per strada, nei campi per rifugiati o nei centri di detenzione.

In quanto minore non accompagnato è stato classificato come vulnerabile e gli è stata accordata una protezione temporanea. Tramite il centro di accoglienza ha incontrato Anna-Maria Kountouri, un’avvocatessa esperta in diritto dell’immigrazione dell’Home Project. Anna-Maria racconta che i minori come Amadou affrontano una sorta di corsa per acquisire uno status quando hanno meno di 18 anni. "Quando diventerà adulto sarà un po' più difficile perché non rientrerà più in questo meccanismo".

Per garantire la sua permanenza a lungo termine in Europa, Amadou aveva bisogno che le autorità greche accettassero la sua richiesta di asilo: negli ultimi anni è aumentato il tasso di richieste respinte di minori non accompagnati. Finché si è minorenne un rifiuto della richiesta non significa espulsione; non appena varcata la soglia della maggiore età questa protezione salta. 

Tra giugno 2013 e gennaio 2020 in Grecia sono state esaminate complessivamente 7.558 richieste di asilo di minori non accompagnati, il 63% sono state respinte. Nel gennaio 2020 sono state esaminate 186 richieste, di cui il 71% sono state respinte. Il tasso di richieste respinte era già in crescita prima dell'approvazione di nuove e dure leggi sull'asilo.

Una volta entrato nel centro di accoglienza, Amadou, di madrelingua francese, ha iniziato a imparare il greco e l'inglese. Vedendolo aumentare le sue competenze linguistiche, il personale del centro ha avuto modo di vedere in Amadou un ragazzo dolce e intelligente, all’ascolto, che non interrompe mai il suo interlocutore. Al centro gli fecero sostenere un esame di ammissione a una prestigiosa scuola privata francese ad Atene. Esame che Amadou ha superato con successo. 

Poiché l'anno scolastico era già iniziato quando Amadou è stato ammesso, si è dovuto imporre di lavorare per arrivare allo stesso livello degli altri studenti: "Era un'opportunità per dimostrare loro cosa sono in grado di fare se ho l’occasione e se posso essere aiutato", dice.

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All'inizio, il passato tormentato di Amadou pesava sul suo presente: ha ricevuto l’aiuto di un psicologo per riuscire ad adattarsi. Poco a poco è passato dall’essere un silenzioso ragazzo di 16 anni a leader del suo centro di accoglienza e presidente del corpo studentesco della sua scuola. Oggi racconta di amare stare in mezzo alla gente e di passare tanto tempo studiando in solitudine.  

La richiesta di asilo

L'ultimo giorno di gennaio di quest'anno è stato una giornata importante per Amadou. Si aspettava che gli venisse concesso l'asilo e, con questo, un po’ della cappa di incertezza che regna sulla sua esistenza. 

La prima richiesta di asilo, è noto, viene spesso respinta. Così, quando Amadou ha incassato il primo rifiuto è rimasto ottimista rispetto all’appello. La sua avvocatessa, Kountouri, ha passato settimane a raccogliere le prove della sua vita precedente, tra cui le foto che ritraggono le ferite riportate in miniera.

Un altro “no”

La richiesta fu nuovamente respinta. Amadou racconta di aver fissato il documento incredulo, incapace di realizzare quello che aveva di fronte, pieno di domande. Perché la sua sofferenza non è stata riconosciuta e quella di altri sì?  Ebbe la presenza di spirito per scattare una foto della decisione e mandarla a Kountouri che, a distanza, lo rassicurò che avrebbero trovato una soluzione.

Solo, di fronte a un rifiuto, era difficile essere rassicurato: "Ero solo, non sentivo alcuna compassione, nemmeno dalla persona che mi diede il risultato".

Per Amadou e la sua avvocatessa fu dura, ma riuscirono a far sostenere a un giudice che questo rifiuto era "illegale e arbitrario". Questo tipo di decisione viene raramente concesso e un terzo e ultimo rifiuto porterebbe inesorabilmente a un provvedimento di espulsione.

Il personale del centro di accoglienza temeva che l'ultimo rifiuto avrebbe vanificato anche gli enormi progressi che aveva fatto a scuola, ma Amadou ha tratto gli insegnamenti ricevuti da quelle autobiografie e non ha permesso che accadesse.

"Mi son detto che non mi sarei scoraggiato, che non avrei abbandonato la scuola", dice,” questa possibilità che ho ora, frequentare una scuola privata e conseguire un diploma quest'anno, non capita a tutti". 

A questo va aggiunto il fatto che il secondo rifiuto ha emesso il provvedimento di revoca del suo documento d’identità: anche camminare per strada è diventato un problema. È stato fermato due volte dalla polizia che lo ha lasciato andare quando ha mostrato una foto del suo vecchio documento. L'impegno dei suoi legali nella procedura di asilo gli ha impedito di preoccuparsi troppo, ma la fiducia sta lentamente svanendo: "Ora sento l’emergenza".

Queste preoccupazioni sono distanti anni luce da quelle della maggior parte dei suoi compagni di classe. Amadou ammette di essere imbarazzato al pensiero di essere controllato dalla polizia davanti a loro e di dover ammettere di non avere i documenti: "Mi sentirei un criminale”.

L’ammissione a Sciences-Po a Parigi

La posta in palio è diventata ancora più alta il 15 maggio scorso, quando ad Amadou ha ricevuto un grande “riconoscimento”: un posto a Sciences Po, una delle migliori università francesi e il vivaio dell'élite politica e imprenditoriale del Paese. Quello che avrebbe dovuto essere un trionfo si è trasformato in un'angoscia profonda. Se il suo ultimo ricorso per l'asilo viene respinto, non potrà iscriversi.

In autunno potrebbe andare a Parigi e studiare relazioni internazionali a un livello che gli permetta di fare qualcosa per bambini nella stessa situazione in cui si è trovato. Ma potrebbe trovarsi di fronte ad una scelta diversa: decidere di venire espulso e dover tornare in Guinea e vivere nel terrore, oppure entrare a far parte della popolazione “nascosta” in Europa, vivere nell’ombra e con la paura della polizia. 

La Pandemia di Covid-19 ha sospeso il tempo di Amadou e di tutti altri nella sua situazione. Il “giorno del giudizio” è stato ritardato insieme ai suoi progetti di vita. La Grecia, infatti, ha attuato le misure di lockdown a metà marzo e la decisione definitiva del tribunale è stata rinviata.

"È come vedere la tua vita passare, solo che puoi soltanto guardarla, perché senza documenti non puoi fare nulla", racconta. 

Amadou non parla spesso delle sue frustrazioni, soprattutto perché rispetta l'impegno profuso nel suo caso. "Cerco anche di ricordare che mi sono successe tante cose belle", dice. "Ho accesso all'istruzione, cosa che ho sempre fortemente desiderato".

Sono cambiate così tante cose per Amadou da quando è arrivato in Grecia quattro anni fa. Tante altre sono rimaste immutate. Oggi continua a lottare per il riconoscimento giuridico in un Paese che sta diventando sempre più ostile agli immigrati.

E anche se a volte la lotta può essere estenuante, Amadou non si è arreso. "Quando tutto sarà finito mi toglierò una grande soddisfazione e mi sentirò più forte", dice. "Lo sento già, perché ci son molte cose per le quali le persone si preoccupano che io non vedo come ostacoli perché ne ho già passate tante e peggiori".

Questo articolo fa parte della serie Europe Dreamers, in collaborazione con Lighthouse Reports e il Guardian. Tutte le storie le trovi qui.

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