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Ci pensa Albione?

Pubblicato il 3 Luglio 2010 alle 13:35

Pochi scenari diplomatici mettono alla prova la faccia tosta dei leader quanto il braccio di ferro tra occidente e Russia per il controllo dell'Europa orientale. Senza raggiungere i picchi di dissociazione sperimentati durante la Guerra Fredda all'ombra della Mutua distruzione assicurata, la visita di Hillary Clinton nella regione ne sta dando un'ulteriore prova. L'ultima conferma che lo spionaggio tra Mosca e Washington è ancora florido non danneggerà il loro "riavvicinamento", si spergiura da entrambe le parti. L'Ucraina è "libera di scegliere le proprie alleanze", ha concesso Clinton constatando la sconfitta dei nostri nella guerra per procura che sembrava vinta con la rivoluzione arancione. E l'installazione delle basi per lo scudo antimissile in Polonia, appena oltre il nuovo fronte tra i due blocchi, "non è rivolta contro la Russia, ma contro l'Iran". Una visione rivoluzionaria della geografia, più che della geopolitica.

Sprovvisti di tanta arte, gli analisti Luis Simón e James Rogers la vedono in termini molto più semplici: il gioco strategico in Europa orientale è ricominciato, e i russi sono in vantaggio. Dopo la ritirata seguita al crollo dell'Unione sovietica, Mosca ha approfittato dello spostamento degli sforzi politico-militari di Washington verso l'Asia e il Pacifico per riposizionarsi nell'area storicamente fondamentale per i suoi interessi. Ha stretto con la Germania una sorta di nuovo, tacito patto Molotov-Ribbentropp: Berlino ha contribuito a bloccare l'espansione a est di Ue e Nato in cambio del riconoscimento della propria egemonia sul Lebensraum acquisito con gli allargamenti fino al 2004. Un nuovo piano di spartizione dell'est, rafforzato da accordi economici multimiliardari. La Francia, da sempre ossessionata dal confronto con i tedeschi, cerca di stare al passo approfondendo a sua volta gli scambi con la Russia, come dimostra la vendita delle navi da sbarco Mistral che tanto ha inquietato gli alleati atlantici.

Di fronte a questo scenario sembra che l'avanzata russa verso ovest debba continuare indisturbata fino alle spiagge del Portogallo. Ma al campo atlantico resta una speranza: la Gran Bretagna. Secondo gli autori (britannici) è tempo che Londra esca dall'ombra dell'alleato statunitense, che col fronte asiatico aperto non può spingersi troppo in là nel confronto con Mosca, e torni a occuparsi dei suoi obiettivi geostrategici fondamentali: tenere "i tedeschi a bada e i russi fuori". Il nuovo governo britannico "dovrà ristabilire il suo potere in Europa continentale. [...] Sotto la guida della Gran Bretagna, un'Unione europea riformata e dotata di politiche militari e diplomatiche uniformi riporterebbe Germania e Francia nel sistema atlantico, lontano dalla Russia".

Francamente è difficile immaginarsi David Cameron e William Hague alla guida dell'Unione europea. Ma forse è per questo che Londra ha tanto insistito per ottenere la nomina di Catherine Ashton a capo del nuovo servizio europeo di azione esterna, il cui compito principale è proprio l'elaborazione di "politiche militari e diplomatiche uniformi". Forse dietro il suo balbettante esordio c'è la volontà di dissimulare "la visione e la determinazione politica necessaria a tenere l'Europa unita e in ordine". Ma nell'attesa dei risultati, un buon corso di russo non costa niente.

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