Attualità Tratta degli esseri umani

Le donne sono le prime vittime

Lo sfruttamento sessuale è il destino più comune che attende le donne coinvolte nel traffico di esseri umani nei Paesi dell'Ue. E la diversità di leggi e trattamenti non aiuta a combattere questa piaga.

Pubblicato il 20 Febbraio 2017 alle 13:48

Il fenomeno della tratta – o traffico – degli esseri umani abbraccia diversi tipi di sfruttamento, riscontrabili in ambito lavorativo o nei servizi forzati, compreso l'accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, l'impiego in attività criminali o l'espianto di organi, ma colpisce in particolar modo le donne, oggetto soprattutto di sfruttamento sessuale. Fra le vittime del traffico di esseri umani, una percentuale che sfiora l'80 per cento sarebbe composta da donne e bambine. Secondo alcuni dati resi noti dalla Commissione europea a maggio 2016, oltre 15.800 persone nell'Unione sono state vittime fra il 2013 e il 2014 del traffico di esseri umani, di cui il 76 per cento erano donne e il 21 per cento minori. Lo sfruttamento sessuale sarebbe alla base del 67 per cento dei casi, seguito dallo sfruttamento lavorativo (21 per cento). A ciò va aggiunto che la maggior parte delle vittime identificate e i presunti trafficanti di esseri umani dell'Ue sarebbero cittadini dell'Unione.

L'Ue si è dotata di una strategia per la lotta al traffico di esseri umani, sviluppata fra il 2012 e il 2016, con quaranta diverse misure volte a combattere il fenomeno, e di un coordinatore europeo con il compito di monitorarne l'evoluzione. In occasione della Giornata mondiale contro il traffico di esseri umani, lo scorso 18 ottobre, il Parlamento europeo ha emesso un comunicato che descrive l'ampiezza di questo fenomeno globale. Il documento riporta che oltre venti milioni di persone in tutto il mondo sono state coinvolte in questo traffico. Quanto alla situazione nell'Ue, la dichiarazione afferma che si tratta di "un crimine molto lucroso". I Paesi più colpiti dal traffico di esseri umani nell'Ue sarebbero la Romania, la Bulgaria, i Paesi Bassi, l'Ungheria e la Polonia.

Il traffico di esseri umani coinvolge anche un aspetto di sicurezza e cooperazione giudiziaria, precisa Mirentxu Jordana Santiago, professoressa dell'Università Autonoma di Barcellona, in uno studio sul tema, in cui si afferma che la protezione delle vittime del traffico di esseri umani nell'Ue in questo ambito "presenta ancora numerose lacune". E questo perché "la dimensione multilaterale del traffico di esseri umani rende difficile il compito delle autorità nazionali, e si traduce all'atto pratico in un numero limitato di incriminazioni e processi, peraltro frammentari, che perpetuano l'impunità di questi reati", afferma Santiago. Di fronte a questo problema, "l'Unione scommette su un approccio integrato delle indagini, che prevede di esplorare le potenzialità della cooperazione giudiziaria penale, ambito nel quale Eurojust, l'unità di cooperazione giudiziaria in materia penale dell'Unione, svolge un ruolo importante", conclude la ricercatrice.

Lo sfruttamento sessuale è il fine principale della tratta delle donne. Secondo un rapporto commissionato dal Parlamento europeo, la maggioranza delle prostitute in Europa sono immigrate e una su sette è vittima della tratta, in base alle stime più prudenziali, ma in alcuni Stati si arriva a percentuali che oscillano fra il 60 per cento e il 90 per cento. "Gli studi confermano una relazione diretta fra la liberalizzazione del mercato della prostituzione e un incremento del traffico di esseri umani dedicato allo sfruttamento sessuale, e questa liberalizzazione non facilita l'applicazione della legge nella lotta al fenomeno", sostiene lo studio. Aggiunge inoltre che "gli Stati membri applicano alla prostituzione regimi differenti, classificabili in base all'approccio abolizionista o regolazionista.

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Tuttavia, è discutibile l'effettiva utilità di questa classificazione per la valutazione del successo nella lotta al traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale". È evidente quindi che il problema dello sfruttamento sessuale e della prostituzione è affrontato secondo ottiche molto diverse nell'Ue, passando dall'approccio regolatore praticato dalla Germania e dai Paesi Bassi, che secondo lo studio "aumenta il flusso della tratta delle donne a scopo di sfruttamento sessuale", per arrivare all'approccio abolizionista, come nel caso della Svezia, l'unico Paese che, penalizzando i clienti delle prostitute, "sembra aver ridotto in maniera efficace la domanda e aver trovato un deterrente per i trafficanti" di esseri umani. Un ampio ventaglio di misure che non facilita la messa in pratica di politiche comuni negli Stati membri dell'Ue e che pertanto ne riduce l'efficacia.

Una linea appoggiata dall'esperta Miriam Benterrak, consigliera tecnica della Delegazione del Governo spagnolo per la Violenza di Genere: "dal punto di vista delle politiche europee il problema del traffico di esseri umani viene affrontato, ma non c'è una definizione condivisa di sfruttamento sessuale". Benterrak aggiunge che "il Parlamento europeo, al di là della sua azione legislativa, ha deciso di promuovere altre iniziative che cercano di creare una corrente di pensiero o sollecitare una reazione rispetto a temi attorno ai quali non c'è consenso internazionale e uniformità di regolamenti nei diversi paesi, sebbene la prostituzione sia il destino principale che attende le vittime del traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale".

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e VoxEurop e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.

L‘azione dell’Ue contro la tratta degli esseri umani

Anzitutto proteggere le donne

Il testo di legge fondamentale nell'Ue è la Direttiva del 2011 sulla prevenzione e la lotta al traffico di esseri umani e la protezione delle vittime secondo una prospettiva di genere. Contiene un approccio integrale (prevenzione e perseguimento del reato, protezione e assistenza alle vittime e cooperazione) e obbliga tutti i Paesi membri ad adattare le proprie legislazioni a dei parametri comuni (spettro delle pene previste, standard minimi di assistenza e protezione delle vittime, vittime minori, monitoraggio e comunicazione delle informazioni).

A febbraio 2016 la relatrice Catherine Bearder del gruppo Alde (liberali) ha presentato un rapporto in cui si riconosce che il traffico di esseri umani è uno specifico fenomeno di genere e che questa dimensione deve essere oggetto di un monitoraggio costante per ciò che riguarda l'applicazione della legislazione europea contro questo crimine. Per questo la Direttiva "sottolinea la necessità di affrontare il traffico di esseri umani secondo una prospettiva di genere", richiedendo agli Stati membri di sviluppare "strategie specifiche per ridurre la domanda del traffico a scopo di sfruttamento sessuale" e di considerare il problema come "una forma di violenza contro le donne". Chiede inoltre alla Commissione di "presentare una proposta di legge sulla violenza contro le donne che contempli anche il traffico di esseri umani".

Nell'arco del 2016 gli eurodeputati hanno avuto modo di valutare la legislazione contro il traffico di esseri umani, raccomandando varie misure migliorative in due risoluzioni adottate a maggio e a giugno. Gli eurodeputati hanno così rimarcato che il contesto legale e politico dell'Ue riconosce nel traffico di esseri umani uno specifico fenomeno di genere e hanno esortato gli Stati membri ad adottare apposite misure per tutelare le donne. Il Parlamento ha evidenziato anche la necessità di una visione di genere basata su quattro strategie chiave: prevenzione, perseguimento giuridico, protezione delle vittime e coordinamento a più livelli.

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