Attualità Diritti Umani
Gli uffici della Ong Memorial a Nazran, Repubblica d'Inguscezia, dopo l'attacco del 17 gennaio.

Proteggere chi li difende in Europa

I difensori dei diritti umani sono essenziali al funzionamento delle società democratiche, spesso però sono soggetti a minacce e arresti. Per salvaguardare la loro vita e il loro lavoro l'UE ha adottato diversi strumenti tra cui le “città rifugio”.

Pubblicato il 28 Febbraio 2018 alle 22:41
Memorial  | Gli uffici della Ong Memorial a Nazran, Repubblica d'Inguscezia, dopo l'attacco del 17 gennaio.

L’arresto di Oyub Titiev  , direttore del Centro per i Diritti Umani Memorial da parte della polizia cecena avvenuto il mese scorso, e l’incendio appiccato alla sede del centro pochi giorni dopo, sono solo le ultime di una serie di misure in corso in Cecenia contro gli attivisti della società civile. A dicembre il presidente ceceno Kadyrov era stato inserito nella lista nera  del Global Magnitsky Act  che consente al governo degli Stati Uniti di sanzionare funzionari governativi stranieri implicati in violazioni dei diritti umani, e di conseguenza il profilo Instagram di Kadyrov era stato bloccato; gli attivisti di Memorial hanno attribuito  il reiterarsi di attacchi contro di loro alla rabbia di Kadyrov per aver perso uno dei suoi canali più importanti di propaganda, oltre al loro lavoro di indagine e denuncia sulle sparizioni di persone in Cecenia.

L’Ong Memorial aveva ricevuto dal Parlamento europeo il Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 2009, anno dell’omicidio di Natalya Estemirova, anch’essa parte del Centro. L’intento del Parlamento europeo in quell’occasione era contribuire alla libertà di pensiero e azione nella Federazione Russa; purtroppo, come afferma Oleg Orlov, già direttore di Memorial a suo tempo arrestato e torturato, è diventato impossibile occuparsi di diritti umani e rappresentare istanze critiche nei confronti del regime.

In seguito ai recenti fatti il Parlamento europeo ha emanato una Risoluzione  che chiede il rilascio di Titiev e il rispetto dei suoi diritti umani e giuridici, e condanna la tendenza in corso nella Federazione russa a ricorrere ad arresti e attacchi a giornalisti e attivisti. Igor Kalyapin, direttore del Comitato contro la Tortura, recentemente espulso dalla Cecenia, ha salutato la risoluzione del Parlamento europeo come molto tempestiva, e ha sottolineato la necessità che in Europa venga garantito l’asilo a coloro che subiscono persecuzioni politiche o minacce di morte. Nel frattempo l’avvocato di Titiev ha affermato che per diverse sessioni del processo il suo assistito non è apparso in tribunale e che non ha ricevuto informazioni su dove si trovi  .

L’arresto di Titiev non è un caso isolato nella Federazione russa, ma si inserisce in un contesto internazionale segnato da una crescente minaccia per i difensori dei diritti umani. In diverse regioni del mondo l’impegno per far conoscere o contrastare le violazioni dei diritti umani espone i suoi attori a rischiare la libertà o la vita stessa. Per questa ragione la difesa dei difensori è da anni nell’agenda di organizzazioni internazionali come Nazioni Unite  e OSCE, che emanano rapporti e risoluzioni volti a responsabilizzare i propri membri nei confronti dei difensori dei diritti umani minacciati. Si colloca in questo quadro il rapporto  dell’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’OSCE (ODIHR) e la Dichiarazione  dell’Assemblea Generale ONU sui Difensori dei Diritti Umani.

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Il ruolo dell’UE

Per la formulazione del sistema di politiche UE in materia di Difesa dei difensori, il Parlamento europeo ha svolto da sempre un ruolo di ispirazione e promozione; ha richiamato di volta in volta l’attenzione sulle difficoltà che incontrano i Difensori dei diritti umani nel mondo, emanando risoluzioni d’urgenza e organizzando anche udienze con singoli Difensori. Anche il Premio Sakharov, già citato, si inserisce nell’impegno del Parlamento europeo in questo campo: riconoscendo pubblicamente l’impegno dei soggetti premiati intende  fornire loro una protezione indiretta.

Nel corso di una interrogazione parlamentare del 21 dicembre 2017, richiamandosi alle posizioni ufficiali dell'UE un gruppo di eurodeputati di diversi paesi e gruppi politici ha chiesto alla Commissione  “quali meccanismi e politiche ha posto in essere per garantire una protezione e un sostegno che siano sensibili alla dimensione di genere per le attiviste dei diritti umani in situazioni di rischio”.

Il 23 gennaio 2018 il Parlamento europeo ha ospitato l’evento  “Funding Human Rights, Investing in HR defenders”, promosso dalle deputate Soraya Post, Hilde Vautmans, Barbara Lochbihler. Nel corso della giornata sono intervenuti sei esponenti di organizzazioni per la difesa dei diritti umani di diversi Paesi del mondo. La conferenza mirava a riaffermare l’importanza di misure concrete da adottare da parte dell’UE per affrontare alla radice le cause delle migrazioni forzate, la radicalizzazione e i conflitti in corso, la distruzione dell’ambiente.

Anche nel corso della sessione plenaria di Strasburgo del 7 febbraio 2018 è stato ripreso il dibattito sulla protezione delle donne difenditrici dei diritti umani. In tale sede, la Commissaria Věra Jourová ha riconosciuto l’importanza del tema, ricordando la situazione particolarmente critica in cui versano i difensori dei diritti umani e la contrazione dello spazio di azione della società civile, e chiarendo che l’Ue manterrà costante  il suo impegno in questo campo collaborando con il PE e le organizzazioni della società civile.

Tra gli strumenti di pressione e tutela degli attivisti emersi dalle Linee guida  sui Difensori dei Diritti Umani dell’UE compare la Piattaforma  di Coordinamento per l’Asilo Temporaneo dei Difensori dei Diritti Umani; si tratta di una procedura pilota che sta ispirando e mettendo in rete iniziative di Stati membri e organizzazioni non governative e della società civile.

Città rifugio

Una delle esperienze più significative in questo senso è rappresentata dal progetto “Shelter City  ”, promosso dalla Ong olandese Justice and Peace e sostenuta dal governo e da diverse istituzioni nazionali. Il progetto prevede l’impegno per i Comuni aderenti a costituirsi come rifugio per gli attivisti che rischiano a causa del loro lavoro. In Italia il primo ente locale a muoversi in questa direzione è stata la provincia autonoma di Trento, che con una mozione  adottata il 31 gennaio scorso ha assunto l’impegno di proteggere i difensori dei diritti umani e ha chiesto alla giunta di prendere in considerazione l’adesione alla rete delle “Shelter City”. L’adozione da parte di un ente locale di un impegno verso i difensori dei diritti umani rappresenta un’efficace cerniera operativa con il quadro globale di programmi di protezione adottati da organizzazioni internazionali e regionali e potrebbe fungere da volano per allargare la partecipazione dal basso in azioni di advocacy transnazionale a sostegno di un'Europa inclusiva, democratica e radicata nei suoi valori fondamentali.

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