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"Diritti umani", si legge sul cartello, durante la manifestazione contro le discriminazioni nei confronti dei Rom del 23 febbraio a Budapest.

La vittima principale del Covid-19 in Ungheria è la dignità umana

Secondo la scrittrice ungherese Anna Lengyel la vittima principale della crisi dovuta al Covid-19 in Ungheria è stata la dignità umana: fino a quando il regime di Orbán resterà in piedi, la situazione persisterà, ben oltre la pandemia.

Pubblicato il 10 Giugno 2020 alle 10:00
"Diritti umani", si legge sul cartello, durante la manifestazione contro le discriminazioni nei confronti dei Rom del 23 febbraio a Budapest.

L’ultima grande protesta  in Ungheria prima dell’entrata in vigore del lockdown è stata il 23 febbraio scorso. Si manifestava per la giustizia e contro le discriminazioni, ma prima di tutto per la dignità umana. Nei mesi successivi, trascorsi all’ombra della pandemia, quella stessa dignità si è rivelata essere il bene di minor valore nel registro delle priorità di Viktor Orbán.

A settembre 2019, la Corte d’appello di Debrecen ha stabilito che la segregazione etnica dei bambini Rom nell’area rurale di Gyöngyöspata violava il loro diritto all’uguaglianza di trattamento e li privava dell’educazione, diritto garantito dalla Costituzione. Secondo una storica decisione, 60 bambini hanno ricevuto un indennizzo di 99 milioni di fiorini (284.033 euro). Orbán ha immediatamente mostrato il suo disappunto a proposito di questa decisione: “Se abitassi a Gyöngyöspata, mi chiederei perché i membri di un gruppo etnico dominante che vivono nella stessa mia comunità debbano ricevere una tale somma di denaro senza aver lavorato per ottenerla, mentre io lavoro tutto il giorno?”. Alla vigilia del lockdown, questa dichiarazione del primo ministro ha fatto scendere i cittadini nelle strade e nelle piazze. 

La pandemia, successiva a questi eventi, ha mostrato che anche durante e nonostante una crisi economica di dimensioni storiche il premier ungherese usa i soldi delle tasse dei cittadini per finanziare la costruzione di nuovi stadi e per sostenere aziende di proprietà di membri della sua famiglia o di amici. 

Nessun aiuto per esempio ai pensionati — molti dei quali hanno una pensione inferiore all’equivalente di 200 euro al mese — a fronte di un aumento dei prezzi generalizzato. Sul tema di aiuti Orbán ha comunque ribadito la sua convinzione che nessuno dovrebbe essere pagato senza lavorare. Nel corso degli ultimi tre mesi il governo non ha in effetti offerto nessun aiuto: né a piccoli imprenditori, ai lavoratori negli alberghi o nei servizi di catering, né chi lavora nei teatri o in altri ambiti del settore culturale. 

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I primi due casi di coronavirus in Ungheria sono comparsi il 4 marzo, lo ha annunciato lo stesso Orbán sulla sua pagina Facebook, dove ha contemporaneamente comunicato la sua sfiducia verso gli esperti, dichiarando che  le decisioni verranno prese unicamente da lui. Ha in questo modo reso chiaro che avrebbe usato la pandemia come una scusa per concentrare ancor di più il potere nelle sue mani. 

L’accesso ad informazioni oggettive e aggiornate, fornite dagli esperti, costituisce uno degli strumenti più importanti per superare la pandemia. In Ungheria, informazioni cruciali sono state tenute segrete e distorte dal primo giorno. All’inizio, le informazioni sulle vittime erano quasi inesistenti. In risposta alle proteste generali, il governo ha pubblicato una lista che rendesse facile l’identificazione delle vittime e desse accesso ad informazioni mediche riservate. Ciò significa, ad esempio, che dopo sole 24 ore dopo la morte dell’ambasciatore britannico in Ungheria, un uomo di 37 anni, il mondo intero ha saputo del suo presunto problema di alcolismo.  

Ben presto si è diffusa la retorica ufficiale sulle vittime di Covid: “Pazienti anziani, affetti da malattie croniche”. A oggi, se ci si affida alle notizie ufficiali, in Ungheria non ci sono vittime di Covid, a meno che non si tratti di anziani già malati terminali. In alcuni casi, i parenti ne hanno confutato le presunte malattie e non c’è modo di verificare la veridicità delle informazioni, visto che gli ospedali non hanno il permesso di diffondere dati.

Sebbene il 20 per cento della stampa ungherese sia ancora relativamente libera, abbiamo ben poche informazioni al di là di quello che ci dice il cosiddetto “Operative Team”. Tuttavia ci sono alcune cose che raccontano la storia di un fallimento governativo. Per esempio le centinaia di ventilatori consegnati a vari reparti di terapia intensiva: si tratta di macchinari — con manuali di istruzione in cinese, peraltro — il cui uso è destinato a persone con disturbi del sonno che avrebbero messo in pericolo i malati di Covid-19. Fortunatamente, nonostante un sistema sistema sanitario sull’orlo del collasso ben prima della pandemia, gli ospedali ungheresi sono pieni di medici e personale sanitario altamente competente e coscienzioso e quei ventilatori non sono stati utilizzati.   

Orbán, però, sembra capire soltanto un sistema fatto di una catena di comando nella quale i suoi sottoposti obbediscono ciecamente. Come nel caso di Miklós Kásler. 

Quando questo professore di oncologia è stato messo a dirigere un ministero responsabile della cultura, dell’educazione, dello sport, delle politiche sociali e della salute, era evidente che non potesse contare su alcuna competenza, in nessuna delle aree menzionate. Ma il vero shock è stato causato dalle dichiarazioni relative a un settore dove è, di fatto, competente. Kásler ha per pronunciato una frase come questa: “Il 70/80 per cento delle malattie mortali potrebbero essere evitate seguendo i Dieci Comandamenti”.

Quello che rende Kásler la persona perfetta per Orbán è la sua prontezza ad eseguire ciecamente gli ordini. Questo significa, per esempio, che quando Kásler ha ricevuto indicazioni, non ha esitato ad emanare una direttiva che mettesse immediatamente a disposizione il 60 per cento dei letti negli ospedali, 36mila in totale, in previsione di un numero di malati equiparabile a quello dell’Italia. Gli esperti hanno prontamente spiegato che nessuno scenario possibile in Ungheria avrebbe richiesto più di 10mila  posti letto, ma non è servito a nulla. Le conseguenze? 

Mezza dittatura

Durante il periodo di Pasqua, ai pazienti bisognosi di cure mediche continue – malati che seguono terapie  palliative, un uomo a cui erano appena state amputate le gambe e tanti altri casi di questo tipo – sono state concesse 24 ore per liberare i letti d’ospedale che stavano occupando. Un’infermiera si è offerta volontaria per portare assistenza gratuita a 10 tra i casi peggiori. Dopo due settimane, ha annunciato che 9 di questi erano morti. Un rispettato direttore d’ospedale si è rifiutato di eseguire gli ordini ed è stato licenziato, insieme ad un altro manager, a cui è seguita la stessa sorte sulla base di false accuse. Il tutto nel bel mezzo della crisi del Covid.

Anche in una mezza dittatura è chiaro che il multi-ministro Kásler ha miseramente fallito e che andava sostituito. Il nome del suo successore era già sulla bocca di tutti, ma questi ha annunciato che, apparentemente, preferiva  continuare la professione medica. Non avendo altri da proporre, Orbán ha dichiarato che il suo Ministro degli interni e amico di lunga data, Sándor Pintér, redigerà un rapporto su tutti gli ospedali e sui loro contratti con fornitori esterni al governo. Gli esperti hanno avvertito che tale processo causerà altre vittime.

Nel frattempo, la vergognosa legge di emergenza che Orbán ha ottenuto, forzando il  Parlamento a marzo e che gli accorda poteri illimitati, è stata usata per varare una serie di nuove leggi che nulla hanno a che fare con la pandemia, ma che privano i cittadini della loro dignità. Il Primo ministro ha rifiutato di ratificare la convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e ha sparato un pesante colpo ai danni delle persone transgender, rendendo illegale il cambiamento di genere nei documenti.

Orbán, inoltre, ha annullato la qualifica di funzionari pubblici ai a 20mila impiegati di musei, librerie, archivi e istituzioni culturali statali, lasciando così questi lavoratori senza possibilità di difesa di fronte ad  eventuali licenziamenti. Un’altra legge di “emergenza” manderà in bancarotta la capitale ungherese, al momento sotto la direzione del sindaco del partito di opposizione, Gergely Karácsony.

Gli operatori sanitari, i veri eroi della pandemia, non hanno ricevuto alcun riconoscimento o compensazione economica significativa per il lavoro fatto. Al contrario, Orbán ha celebrato come i principali eroi della pandemia i preti, seguiti – in quest’ordine – da statisti,  poliziotti e i soccorritori. I medici sono al quinto posto, tranne uno. Il primo ministro ungherese ha infatti definito i meriti di Miklós Kásler “storici”. 

Cosa abbiamo perso in Ungheria durante questa pandemia? La dignità umana è senz’altro la prima vittima del coronavirus. Questa vittima durerà ben oltre la pandemia, fino a quanto il regime di Orbán resterà al potere non si prevede una cura. 

Questo articolo fa parte del Debates Digital project, contenuti digitali che comprendono testi e discussioni live di alcuni degli scrittori di maggior successo, accademici e intellettuali che che fanno parte della rete Debates on Europe. L'autrice parteciperà a un dibattito online diffuso il 16 giugno alle 19, ora di Roma, su YouTube.

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