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Google, mecenate del giornalismo o lobbista?

Le grandi società tecnologiche sono diventate il principale mecenate del giornalismo europeo. Ma c'è una trappola nei milioni di euro a sostegno dei mezzi d'informazione.

Pubblicato il 1 Febbraio 2021 alle 13:08

Negli ultimi sette anni Google ha speso oltre 200 milioni di euro per sostenere il giornalismo europeo. I suoi generosi finanziamenti hanno aiutato a stimolare l’innovazione, hanno pagato conferenze, borse di studio, corsi di formazione e ricerca accademica sul giornalismo. Ecco perché il gigante tecnologico è così popolare tra gli editori.

I finanziamenti di Google sono arrivati in un momento in cui gli editori hanno cominciato a soffrire le conseguenze del calo degli introiti. La commissione europea ha riconosciuto questa necessità e ha deciso di agire lanciando, lo scorso dicembre, l’iniziativa “News”, promettendo 400 milioni di euro di investimenti e misure per promuovere il pluralismo dei media.

Nel frattempo, i finanziamenti di Google hanno sostenuto progetti di innovazione nei mezzi d'informazione in 30 paesi europei. Tra i beneficiari della Digital News Initiative [DNI, un progetto europeo creato da Google per “supportare il giornalismo di alta qualità attraverso la tecnologia e l’innovazione”, ndr] ci sono grandi giornali o agenzie, come Der Spiegel e la Frankfurter Allgemeine in Germania, l’Agence France-Presse e Le Monde in Francia, il Corriere della sera e il Sole 24 Ore in Italia, o il Financial Times e il Daily Telegraph nel Regno Unito.

Ma il sostegno di Google al giornalismo non è del tutto “gratis”: questi finanziamenti hanno contribuito a sostenere gli attori storici nei mercati dell'informazione europei contro i nuovi sfidanti; il gigante digitale ha usato il suo potere presso gli editori per promuovere i suoi obiettivi politici, e i giornalisti mettono in guardia di fronte a una potenziale autocensura nel tentativo di non spaventare il nuovo mecenate.

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Queste sono le tre conclusioni principali della nostra indagine sulla relazione del gigante tecnologico con i media,  “Google, the media patron”. Lo studio è stato pubblicato dalla fondazione Otto Brenner con l’aiuto della Confederazione dei Sindacati tedeschi (DGB).

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