Grandi inchieste L’oro sporco d’Europa | Prima parte
Il cratere della miniera d'oro a cielo aperto di Kumtor.

Dai ghiacciai dell’Asia centrale alle gioiellerie del Corso, come l’Europa finanzia l’estrazione “sporca” dell’oro

Dalla miniera a cielo aperto più alta del mondo, scavata nei ghiacciai del Kirghizistan con investimenti europei e in barba alle norme a difesa dell’ambiente, si ricava l’oro che finisce nei forzieri delle banche e nelle vetrine dei gioiellieri d’Europa.

Pubblicato il 23 Aprile 2021 alle 12:20
Il cratere della miniera d'oro a cielo aperto di Kumtor.

Incantati dal luccichio di bracciali, collane e anelli esposti in vetrina, i passanti incuriositi delle capitali europee non sospettano neanche il segreto che si cela dietro a quei gioielli. Per raccontarlo siamo andati nell’ex Repubblica sovietica del Kirghizistan in Asia centrale. Nella catena montuosa del Tien Shan, 350 Km a sud-est della capitale Bishkek, sorge Kumtor. A a quattromila metri di quota, è la più alta al mondo. Da 25 anni il gruppo minerario canadese Centerra, ha perforato e parzialmente distrutto due ghiacciai con la complicità del fragile governo locale – l’unico democratico nella regione – accumulando detriti inquinanti che rischiano di causare un disastro ecologico senza precedenti. 

Tutto questo per massimizzare i proventi dell’estrazione del metallo prezioso che arriva fino alle casseforti delle banche e nelle vetrine delle gioiellerie dell’occidente attraverso oscuri passaggi di consegna. Li abbiamo seguiti attraverso un'inchiesta che ci ha condotto a Londra, in Svizzera e infine in Italia. L’operazione industriale è stata ripetutamente finanziata dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Berd). I suoi azionisti di maggioranza sono l’Ue tramite la Banca europea di investimenti (Bei), che detiene il 3% (fra gli altri azionisti ci sono anche paesi terzi). 

I potenziali danni dovuti alla contaminazione nel sistema idrico nazionale rischiano di far rimpiangere il contributo al Pil (del 10%), al gettito fiscale e all’occupazione nel paese. Benefici che verranno meno dopo la chiusura del sito minerario, prevista entro il decennio per via dell'esaurimento delle riserve aurifere  (sebbene la concessione sia valida fino al 2042). La vicenda di Kumtor ha segnato la storia politica del Kirghizistan. Fino al colpo di scena del 2020 che ha condotto al potere Sadyr Zhaparov, detenuto per anni per la sua partecipazione alle passate rivolte contro la privatizzazione della miniera. Appena nominato capo dello stato ad interim  lo scorso ottobre (prima della conferma del mandato con le elezioni di gennaio), Zhaparov ha pubblicamente rinunciato alla sua  ambizione di nazionalizzare la miniera, il cui peccato originale risale a un quarto di secolo fa.  

Eldorado sotto ai ghiacci

È il 1996 quando Askar Akaev il primo presidente del Kirighizistan indipendente crea una joint-venture per lo sfruttamento della miniera (già tentato in epoca sovietica). Concede (in cambio di sospette mazzette) il 33 per cento alla controparte aziendale, l’allora Cameco. Lo stesso anno il primo carico d’oro di Kumtor (per poco più di 230 mila euro) attraversa le dogane dell’Ue, arrivando nel Regno Unito (al quale si aggiungeranno altri stati membri negli anni successivi). L’anno precedente La Berd aveva contribuito con un primo prestito di 31,2 milioni di euro alle spese di avvio della miniera, pari a 280,7 milioni (coperti principalmente dalla Banca mondiale e dall’Export Development Corporation del Canada). Si scava a cielo aperto, disseminando ovunque intorno un'infinità di rocce di scarto. “Il ministero dell’…

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