Intervista Il Resilience Reports

“Il Covid è stata l’occasione per i mezzi di informazione indipendenti di crescere e avvicinarsi al loro pubblico”

In questa intervista la giornalista dell'European Journalism Centre Tara Kelly spiega i principali risultati del Resilience Reports, una ricerca su 24 giornali indipendenti di 19 paesi europei e su come hanno affrontato la pandemia. Il risultato non è così pessimistico come si potrebbe pensare, afferma.

Pubblicato il 28 Settembre 2021 alle 18:55

Voxeurop: Perché ha scelto di focalizzarsi sui giornali indipendenti europei, e come sono stati scelti quelli al centro della ricerca?

Tara Kelly

Tara Kelly: Si è detto a lungo che l'indipendenza dell'informazione è la linfa vitale della democrazia; ciononostante, il giornalismo indipendente continua a far fronte ad una profonda crisi, che la pandemia non ha fatto che amplificare. L'informazione affidabile è diventata un bene imprescindibile, in un'epoca in cui l'industria mediatica fatica a reggersi in piedi economicamente. I media indipendenti europei hanno dovuto (e devono ancora) affrontare problemi ancora più gravi, a causa di un budget molto limitato e di un modello economico imprevedibile e basato sulla pubblicità. Per questo motivo, eravamo coscienti della necessità di mettere in campo risorse per aiutare l'informazione indipendente.

Per aiutare l'industria dei mezzi d'informazione ad adattarsi a questa situazione incerta, poche settimane dopo l'inizio del primo lockdown la Fondazione Evens e l'European Journalism Centre si sono uniti per tracciare il profilo di vari organismi d'informazione. Abbiamo chiamato il progetto Resilience Reports. La scelta dei mezzi d'informazione oggetto dello studio includeva organismi di fact-checking, giornali locali e nazionali, giornalismo investigativo e comunità dimenticate o poco presenti nei mezzi d'informazione. Volevamo fornire una prospettiva ampia dei casi di studio che mettessero in mostra ciò che funziona o non funziona per i media indipendenti in Europa.

Lo scopo di questi casi di studio era quello di aiutare giornali e media a imparare, sia da un punto di vista economico che editoriale, dai successi e dai fallimenti riscontrati da piccole e medie imprese del settore simili. Abbiamo raccolto le testimonianze di editor, responsabili di partnership e di audience engagement, manager e amministratori delegati e abbiamo capito meglio gli ostacoli e la pressione a cui le piccole e medie imprese dell'informazione europea hanno dovuto far fronte a causa della pandemia di Covid-19.

Per assicurare un'equa rappresentazione geografica, i 24 casi di studio provenivano da 19 Paesi europei. Molti di questi mezzi di informazione partecipavano regolarmente ai laboratori dell'European Journalism Centre o avevano fatto richiesta di finanziamenti nel passato.

Avete trovato somiglianze tra le difficoltà riscontrate dai giornali indipendenti europei medi e piccoli durante la crisi da Covid-19, e tra le soluzioni messe in atto?

Tutte le organizzazioni hanno dovuto affrontare difficoltà finanziarie più o meno serie, così come una difficoltà a far fronte all'immensa mole di lavoro che ha contraddistinto il periodo della pandemia. Quale che fosse il tipo di organizzazione – locale, nazionale o internazionale – abbiamo osservato che maggiore era la prossimità con il loro pubblico, maggiore era la capacità dei giornali di adattare il contenuto alle preferenze dei lettori e di ottenerne sostegno economico.

Le difficoltà finanziarie sono state spesso attribuite alle dure perdite in termini di pubblicità, soprattutto quella proveniente dai settori dell'intrattenimento, dell'ospitalità e dei viaggi. Durante il primo lockdown in Europa, per esempio, la rivista di Praga Reporter Magazin ha sofferto un calo delle entrate pubblicitarie tra il 40 e il 55 per cento in meno rispetto all'anno precedente, mentre il giornale britannico gal-dem ha perso, da un giorno all'altro, il 75 per cento delle sue entrate. Questo li ha costretti a immaginare nuovi prodotti e modelli di business, e ad investire in nuove strategie di marketing, portando alla creazione di fruttuose iniziative riservate ai membri (con diverse offerte e fasce di prezzo) da parte di riviste come gal-dem e Are We Europe. Altri, come Reporter Magazin, hanno invece proposto la loro versione online aggiornata ad un prezzo speciale ai propri lettori digitali durante i lockdown.

Giornali come il Dublin Inquirer, ElDiario.es e The Local Europe, che seguivano già un modello basato sulla membership prima della pandemia, si sono trovati in una posizione migliore di altri per chiedere aiuto ai propri lettori e per comunicare direttamente con loro. Le équipe editoriali e di marketing ci hanno detto che l'aver optato per un funzionamento basato su un pubblico pagante, piuttosto che contare soltanto sulla raccolta pubblicitaria, è stata una scelta vincente sul lungo termine.

Ci sono differenze tra le difficoltà riscontrate e le soluzioni messe in pratica dai giornali locali, nazionali e internazionali?

Alcuni giornali locali e di investigazione come Buletin de București in Romania o Mediacités in Francia ci hanno detto che il giornalismo di utilità pubblica ha avuto un ruolo cruciale durante il periodo di confusione all'inizio della pandemia; in seguito però, quando le persone hanno cominciato a capire meglio come funzionava il virus, i lettori cercavano notizie più approfondite e incentrate sulla ricerca di soluzioni.

I redattori di giornali investigativi come l'ungherese Álátszó o il bulgaro Bivol hanno scelto di focalizzarsi sulla corruzione dei governi negli appalti pubblici, mentre testate specializzate nel fact-checking come Istinomer in Serbia e Maldita.es in Spagna hanno colto l'opportunità per innovarsi. Nello specifico, Istinomer ha creato un software di fact-checking per permettere ai lettori di identificare le fake news online, mentre Maldita.es ha collaborato con sviluppatori per creare una chat automatica su WhatsApp che acceleri la verifica delle notizie. Faktograf, in Croazia, non ha creato alcun nuovo prodotto ma ha contribuito a coordinare un'alleanza internazionale tra organizzazioni che fanno fact-checking in Europa sudorientale per individuare e smascherare le fake news circolanti sul Covid-19.

Avete riscontrato differenze o punti in comune tra i problemi e le soluzioni riscontrati dai giornali d'Europa occidentale o orientale? Sono stati colpiti o hanno affrontato la crisi allo stesso modo?

Seppure tutti i mezzi di informazione europei abbiano avuto difficoltà nel periodo del Covid-19 durante la prima ondata della pandemia, sembra che gli organismi d'informazione in Europa dell'est abbiano riscontrato difficoltà ancora maggiori. Questo soprattutto a causa del fatto che nel 2020 si sono tenute le elezioni in molti dei paesi in cui i giornalisti denunciavano i tentativi dei politici di minimizzare la crisi sanitaria per motivi elettorali. I giornali di questi paesi hanno manifestato la loro preoccupazione sulla mancanza di accuratezza e di trasparenza per quanto riguarda il numero di casi e di morti. Gli organi di informazione bulgari, serbi, polacchi e ungheresi hanno peraltro riscontrato una lenta erosione della libertà di stampa, dovuta in parte all'aumento del numero dei concorrenti controllati dal governo.

Nel complesso la crisi sanitaria ha rappresentato per i giornali indipendenti europei piccoli e medi una minaccia o un'opportunità per crescere e riavvicinarsi al proprio pubblico? Perché, e quali elementi hanno contribuito a trasformare questa situazione in un'opportunità?

Per i mezzi di informazione piccoli e medi in Europa, la crisi del Covid-19 è stata sicuramente un'opportunità di crescita e per riconnettersi con il loro pubblico. I lettori hanno improvvisamente preso coscienza del valore dell'informazione verificata e basata sui fatti proveniente dai giornali indipendenti. Questo ha generato un aumento nelle donazioni da parte dei lettori per molti dei media con i quali siamo stati in contatto.

The Local Europe e Are We Europe hanno coordinato videochiamate di gruppo con i propri lettori, per capire quali fossero i contenuti più apprezzati da questi ultimi; molto popolari sono stati anche i sondaggi tra i lettori di Mediacités. Il Dublin Inquirer, invece, ha compiuto un passo ulteriore assumendo un reporter specializzato in immigrazione per esaudire la richiesta del pubblico di ricevere più informazioni su questo argomento delicato.

“I lettori hanno improvvisamente preso coscienza del valore dell'informazione verificata e basata sui fatti proveniente dai giornali indipendenti.”

Alcune organizzazioni, come Solomon in Grecia e Radio ARA in Lussemburgo, hanno contribuito ad aiutare le comunità sottorappresentate fornendogli informazioni utili. Radio ARA, per esempio, ha dato informazioni importantissime in nove lingue alle diverse comunità del Lussemburgo, riguardanti il coronavirus o le regole delle diverse quarantene locali. In questo modo, l'emittente ha trasformato la crisi sanitaria in un'opportunità di raggiungere un pubblico prima sconosciuto.

Solomon ha portato alla luce le storie fino ad allora mai raccontate di migranti e rifugiati, colpiti più di chiunque altro dalla pandemia e bloccati in quarantena nei campi di rifugiati sulle isole greche. Andando controcorrente rispetto all’informazione dominante ha fatto conoscere   le storie di individui spesso ignorati dai mezzi d'informazione mainstream; inoltre ha contribuito ad informare le organizzazioni no-profit di tutto il mondo, per le quali Solomun è una fonte attendibile di informazioni sulla crisi dei rifugiati in Grecia.

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Quali conclusioni trae dalla situazione generale dei giornali indipendenti europei dopo la pandemia? Ha qualche consiglio da dargli?

Attraverso la nostra ricerca abbiamo identificato alcune azioni che i finanziatori possono compiere per contribuire ad aiutare il giornalismo indipendente europeo. Chi finanzia un giornale indipendente deve essere al corrente del fatto che il sostegno operazionale è necessario, in aggiunta a quello finanziario. Consiglierei anche di investire nei giornali che si occupano delle comunità marginalizzate, guardando oltre quelli mainstream che già godono di un ampio sostegno economico. Inoltre, è importante ricordare che i modelli economici basati sulle membership o sugli abbonamenti non bastano a risolvere del tutto la situazione: occorre quindi esplorare altre possibilità di finanziamento come le cooperative, le campagne che mirano alle popolazioni locali e le affiliazioni o sponsorship.

C'è anche bisogno, da parte chi finanzia, di creare programmi partecipativi per migliorare le capacità di pianificazione economica di fondatori e direttori dei giornali per far spazio a idee nuove e audaci. Pur intrattenendo salde reti di partner, è importante considerare nuovi modelli ibridi che uniscano donazioni e investimenti provenienti da diverse fonti. Inoltre, è necessario raccogliere più dati per comprendere al meglio la situazione dei giornali indipendenti europei. Attualmente non disponiamo di informazioni esaustive che ci dicano quanti organi d'informazione di interesse pubblico esistano in Europa, quanto siano redditizi o quanti giornalisti che rifletto quali diversità vi lavorano.


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