Dati alla mano Il Covid-19 nelle prigioni | 2

Nelle prigioni europee la pandemia è stata contenuta, ma a che prezzo?

In molti paesi europei, il contenimento di Covid-19 ha comportato numerose violazioni dei diritti umani, come l'isolamento prolungato dei detenuti, la sospensione delle visite o la cessazione delle attività e delle formazioni. Seconda parte dell'inchiesta dell'European Data Journalism Network, condotta da 12 media europei in 9 paesi, tra cui Voxeurop.

Pubblicato il 14 Dicembre 2021 alle 12:07

La pandemia da Covid-19 ha messo l'accento sui pericoli dell'isolamento prolungato e della diffusione dei virus negli spazi chiusi. Nel marzo del 2020 le prigioni europee hanno fatto notizia: ci sono state tra l'altro le rivolte nelle carceri italiane, e il caso dei detenuti delle prigioni belghe che hanno fabbricato migliaia di mascherine. La gestione della crisi sanitaria nei penitenziari, però, è stata raramente analizzata in modo approfondito.

Una crisi che si è aggiunta a quella presente prima della pandemia nelle prigioni europee, e le misure adottate per far fronte al Covid-19 negli istituti penitenziari hanno sollevato domande sin da subito. I dati raccolti dallo European Data Journalism Network (EDJNet) nell’inchiesta che ha coinvolto 12 testate mediatiche di 9 paesi, puntano i riflettori sulla gestione della pandemia da una prospettiva europea.


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Nonostante i tassi di incarcerazione in Europa siano in calo da anni, nel gennaio 2020 si contavano i 1.528.343 detenuti in 51 (su 52) amministrazioni penitenziarie monitorate dal Consiglio d'Europa. Nell'Unione europea, solo 10 dei 27 stati membri hanno un tasso di incarcerazione superiore alla media.

La prima parte dell'inchiesta ha rivelato che il numero di contagi di Covid-19 nelle prigioni europee rispecchia i dati della popolazione in generale. Alcuni paesi come Cipro, la Francia o l'Ungheria, non seguono questa regola, il che dimostra che le misure messe in atto per contrastare la pandemia, inclusa la vaccinazione, hanno evitato una catastrofe. Tuttavia, la maggior parte di queste misure sono controverse: attuazione tardiva, efficacia limitata, impatto sui diritti umani, e tanto altro.

Le gravi conseguenze delle misure anti-Covid

Nonostante l'alta fragilità della popolazione carceraria, i detenuti non hanno avuto un accesso prioritario ai vaccini, sottolinea Dominique Simonnot, Controllora generale dei luoghi di privazione di libertà per il Governo francese). "All'inizio della campagna vaccinale, abbiamo chiesto che fosse dato l'accesso prioritario alla vaccinazione al personale penitenziario e ai detenuti", spiega.

La presenza di un virus come il Covid-19 in un luogo chiuso come una prigione può degenerare rapidamente, "com'è successo a Tours la scorsa primavera", dice la controllora generale. Il 9 marzo 2021, è stato rilevato un focolaio epidemico nel carcere di questa città della Francia centrale: con 65 casi positivi tra i detenuti, si tratta del più grande cluster mai registrato nell'isitituto. Alla fine, quasi la metà della popolazione carceraria ha contratto il Covid-19. In Francia, come in altri paesi europei, le richieste per offrire ai detenuti l'accesso prioritario ai vaccini non sono state ascoltate.

A fine novembre 2021 la campagna vaccinale nelle carceri non era ancora terminata:  in Spagna e in Ungheria sono state somministrate due dosi di vaccino rispettivamente all'86,14 percento e al 79,47 percento dei detenuti, mentre in Irlanda il 95 percento ha ricevuto la prima dose.

Per tenere sotto controllo la pandemia e limitare il numero di casi, molti paesi europei hanno attuato misure restrittive, come la sospensione delle visite dei familiari e delle attività, il divieto del contatto fisico, l'isolamento, tra le altre. Per alleviare gli effetti di queste misure, i detenuti hanno avuto accesso alle videochiamate, ad alcuni è stato concesso il rilascio anticipato o il congedo penitenziario.

"In Belgio non c’è stata quasi nessuna misura alternativa alla limitazioni” , dice Olivia Nederlandt, docente di diritto penale e penitenziario e membra della sezione belga dell'Osservatorio internazionale delle prigioni (OIP), secondo cui le videochiamate e le telefonate non sono sufficienti. "Ci saremmo potuti aspettare tante cose: telefonate e internet gratis, come in altri paesi, dei buoni pasto, il raddoppio delle licenze penitenziarie dopo la crisi sanitaria, ma non è stato fatto nulla per compensare questa situazione che limita i diritti fondamentali dei detenuti da più di un anno e mezzo".

Come afferma l'Ong Irish Penal Reform Trust, la gestione della pandemia non deve farci dimenticare le conseguenze di queste restrizioni: "Anche se la percentuale relativamente bassa dei casi di Covid-19 confermati nelle carceri è un dato positivo, l'impatto sulle vita quotidiana non lo è stato affatto". In Irlanda, come anche altrove, i detenuti hanno sofferto per la riduzione dei contatti con i loro familiari, della mancanza di attività, dell'accesso limitato all'istruzione, al lavoro, allo sport, e delle lunghe ore passate in cella. "Le misure adottate hanno limitato il numero di contagi, ma non si può ignorare l'impatto che hanno avuto sulla vita degli uomini e delle donne in prigione".

Pandemia e sovraffollamento

All'inizio del 2020, è stato necessario agire in fretta per contrastare l'epidemia. I rappresentanti del settore carcerario hanno sollevato questioni come i numerosi fattori di rischio di trasmissione del virus per i detenuti e per il personale penitenziario, mettendo l'accento sulla questione del sovraffollamento. Adriano Martufi, ricercatore e professore assistente di diritto penale all'Università di Leida (Paesi Bassi), ce lo conferma: "Durante la pandemia, la principale raccomandazione delle organizzazioni indipendenti e organismi sovranazionali, come il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT), è stata, tra le altre, quella di ridurre la popolazione carceraria". La maggior parte delle amministrazioni penitenziarie europee ha ridotto la sua popolazione tramite i permessi, la liberazione anticipata o gli arresti domiciliari. In Francia, la popolazione carceraria è passata da 70mila a meno di 60mila persone tra gennaio e giugno 2020 (scendendo sotto la soglia del sovraffollamento), prima di aumentare di nuovo.

La maggior parte dei paesi europei, tra cui la Francia, sono riusciti a ridurre la loro popolazione carceraria, ma non a mantenere quei numeri durante la pandemia. Alcune strutture sono tornate ai loro livelli prepandemici. Secondo un'indagine condotta dal Consiglio d'Europa e l'Università di Losanna, a gennaio 2020, 10 paesi su 38 avevano più detenuti che posti disponibili. Tra questi figurano l'Italia, il Belgio, la Francia, l'Ungheria e Cipro.

Nove mesi dopo soltanto tre di questi dieci paesi sono riusciti a ridurre la popolazione carceraria al di sotto della soglia di sovraffollamento. La Romania e la Grecia sono tra i paesi della lista con le statistiche peggiori: in questo stesso periodo il loro numero di detenuti è addirittura aumentato. I risultati dell'inchiesta condotta da EDJNet mettono in evidenza un calo modesto del numero di persone detenute: dei 32 paesi di cui è possibile analizzare la popolazione carceraria, solo 10 hanno mostrato una diminuzione della popolazione carceraria tra gennaio 2020 e luglio 2021.


“L'eterno problema è che i diritti dei detenuti non sono visti come una priorità, perché non c'è nessun guadagno nel rendere decenti e umane le condizioni all'interno delle carceri”.

Catherine Heard, direttrice del World Prison Research Program

A causa della mancanza di ricerche effettuate sull'argomento, è ancora difficile stabilire un chiaro legame tra il sovraffollamento e la diffusione del virus. Tuttavia, il sovraffollamento delle carceri che rende più difficile la convivenza in questi luoghi chiusi (impossibilità di garantire un isolamento a tutti gli effetti, quarantene difficili o addirittura impossibili da attuare, mancanza di accesso alle cure, alle attrezzature mediche o ai vaccini), complica certamente il contenimento del coronavirus nelle prigioni e rende difficile il trattamento adeguato delle persone malate.

Eppure, le condizioni di vita dei detenuti – anche in tempi normali – dovrebbero essere motivo di preoccupazione: nel 2019, in alcuni paesi, quasi l'1 percento dei detenuti è morto. Nello stesso anno, la Francia ha ricevuto un triste primato: il 71 percento dei decessi avvenuti in prigione erano suicidi.

Una riforma è urgente

Nonostante la pandemia da Covid-19 non si sia trasformata nel disastro che si poteva temere in alcuni paesi europei, le molteplici violazioni dei diritti umani che sono state osservate e l'attenzione rivolta alle condizioni di vita dei detenuti hanno evidenziato, secondo alcuni, la necessità di riformare il sistema carcerario.

"Una delle principali ambizioni dell'Ufficio dell’ONU sulle droghe e il crimine (UNODC) è di creare una procedura per il rilascio d'emergenza e promuovere una maggiore istituzionalizzazione delle condanne alternative", dice Philipp Meissner, consigliere interregionale dell'UNODC. "Invece di tornare alla normalità, dovremmo prendere la crisi sanitaria come un'occasione per portare la nostra attenzione sull'immenso potenziale delle misure per avvicinare alla comunità alcune categorie di criminali". Le alternative dell'incarcerazione, anche se a volte controverse, esistono, ma la pena detentiva è ancora la pena standard.

"Secondo me l'eterno problema è che i diritti dei detenuti non sono visti come una priorità, perché non c'è nessun guadagno nel rendere decenti e umane le condizioni all'interno delle carceri, o nel scegliere un uso più proporzionato della carcerazione", dice Catherine Heard, direttrice del World Prison Research Programme. "Non è mai una priorità pubblica, ma penso che con la pandemia abbiamo imparato che la salute nelle prigioni ha un impatto sulla salute della popolazione".

Nel peggiore dei casi, la pandemia avrà dimostrato che la situazione carceraria considerata "normale", è in realtà incredibilmente delicata e vulnerabile, è un microcosmo le cui turbolenze hanno un impatto sulla società. Se la questione non suscita la compassione della politica e dell'opinione pubblica, è probabile che diventi una questione importante in futuro. Il Covid-19 rappresenta un'opportunità per affrontare questa dolorosa situazione senza rimandare.

In collaborazione con European Data Journalism Network

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