Il contesto
Più di 4,2 milioni di persone hanno lasciato l'Ucraina. Per settimane, la posizione ufficiale in Ungheria era quella di sostenere che il paese aveva ricevuto il secondo maggior numero di rifugiati ucraini, dopo la Polonia. Le ultime statistiche dell'UNHCR raccontano una storia diversa: la Polonia ha ricevuto 2,47 milioni di rifugiati ucraini, seguita dalla Romania con 648mila, dalla Moldavia con 396mila, e poi dall'Ungheria con 394mila. 400mila persone in arrivo, in un paese con una popolazione di 10 milioni non è cosa da poco, anche se molti di loro sono in transito.
È difficile conciliare l’accoglienza a braccia aperte per i rifugiati ucraini in Ungheria con la massiccia propaganda anti-immigrazione del Governo di Viktor Orbán. Vediamo come stanno le cose sul campo.
Gruppi indipendenti della società civile, Ong e semplici cittadini si stanno facendo in quattro per aiutare gli ucraini in fuga dal loro paese devastato dalla guerra, mentre le autorità ungheresi, troppo lente e impreparate (e in periodo post elettorale) cercano di aumentare il numero di arrivi per massimizzare i fondi di emergenza dell'Ue destinati ai rifugiati.
"Qui siamo più che al sicuro, abbiamo un posto dove vivere. Veniamo da Kiev. Molte persone hanno perso la casa e non sanno cosa fare. Molti in Ucraina non parlano inglese, quindi siamo qui perché non si sentano spaesati. Siamo arrivati il 16 marzo. Alcuni amici ci hanno accolto dalla stazione ferroviaria. Eravamo sotto la protezione della gente del posto, ma molti qui non conoscono nessuno", dice Tanja, una ragazza ucraina accompagnata da sua madre (i nomi sono stati cambiati) al BOK, centro di accoglienza temporaneo per i rifugiati, situato vicino alla Stazione di Budapest Est.
Tanja e sua madre ci dicono di volersi recare alla stazione di Keleti per aiutare come traduttrici volontarie, ma è stato detto loro che "tutti si sono spostati qui", nel centro BOK. La stazione di Budapest Est era il principale centro di arrivo per i profughi: qui decine di volontari si occupavano di coloro che arrivavano, mentre le autorità riuscivano a stento a coordinarsi con gli sforzi della società civile.
Questo fino a quando il governo Orbán, rieletto per la quarta volta consecutiva il 3 aprile scorso, ha riconosciuto l'opportunità (finanziaria) del sostegno del governo ai rifugiati. Semplicemente, il governo ungherese ha raccontato ai media che è stata la lettera del premier Orbán a indurre la commissione europea a considerare lo stanziamento dei fondi di emergenza REACT-EU per rispondere alla situazione in Ucraina. Proprio l'anno scorso, il governo nazional-populista guidato dalla Fidesz ha rifiutato di accettare il denaro dallo stesso fondo, sostenendo che le condizioni erano inaccettabili. Poi, un improvviso cambio di rotta. Il 18 marzo, in una lettera alla Commissione il premier ungherese ha chiesto 300 milioni di euro dai fondi di REACT-EU.
Dopo quell’'invio di quella lettera, l'approccio del governo verso i rifugiati ucraini è cambiato.
La Stazione di Budapest Est (Keleti Pályaudvar) era brulicante di gruppi autogestiti di cittadini e di ONG che offrivano gratuitamente cibo, bevande, pannolini, codici wifi, traduzioni e indicazioni di viaggio in stand e sportelli improvvisati.
Dopo la registrazione, ci sono a disposizione servizi ferroviari gratuiti (biglietti di solidarietà) per coloro che stanno già attraversando il confine ucraino-ungherese. Questi treni speciali portano le persone alla stazione Kőbánya-Felső alla periferia di Budapest. Da qui, navette gratuite li portano al centro BOK.
Da quando il governo ha cambiato strategia, solo un gruppo preselezionato di ong è autorizzato a fornire aiuti al BOK. I volontari vengono respinti se non sono registrati e lo stato non fornisce praticamente nessun alloggio. Tutto viene fatto su base volontaria, utilizzando alloggi privati.
La rete di sostegno autonoma responsabile di quasi tutti i compiti di competenza del Katasztrófavédelem (il meccanismo ungherese di risposta alle catastrofi) sarebbe stata assunta dalle autorità governative, la cui efficienza è molto discutibile. In cambio delle risorse del REACT-EU, i governi dovrebbero fornire servizi indicati nella Direttiva europea per la protezione temporanea degli sfollati, che elenca le i servizi che vanno forniti (cibo e di un alloggio di base) ma anche dei servizi sociali come l'aiuto psicologico per chi ne ha bisogno, l'assistenza ai bambini (asili nido e scuole materne), etc.
Per anni, il governo Orbán ha demonizzato i rifugiati, per lo più afgani, siriani e iracheni che arrivano ai confini, portando avanti una vera e propria campagna di propaganda. La stessa campagna non potrebbe funzionare oggi, quando i rifugiati sono bianchi, cristiani, provenienti da un paese vicino
Viktoria Horvath dell'ong Migration Aid ci dice che tutto quanto detto finora rimane solo una promessa vuota: tutti i servizi ai rifugiati vengono forniti in gran parte dalle ong e dalla società civile.
Altra questione: come viene calcolato il numero di persone a cui dare assistenza? Il 16 marzo MÁV, l’operatore ferroviario nazionale ungherese, ha annunciato che erano stati messi a disposizione più di 100mila biglietti di solidarietà. Tuttavia, dall'inizio della guerra e fino al 5 aprile le autorità ungheresi avevano esaminato solo 11mila domande di permesso di soggiorno.
In una risposta scritta alle nostre domande, Mukics Dániel del Katasztrófavédelem ha spiegato chiaramente che il meccanismo ungherese di risposta alle catastrofi effettua accertamenti sul posto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, organizza l'alloggio e il trasporto dei rifugiati e fornisce loro sostegno. Quello che questo rappresentante non ha però detto è che, poiché gli alloggi sono messi a disposizione da privati e ong e non da autorità ufficiali, i rifugiati rischiano di finire nelle reti di trafficanti di esseri umani alla ricerca di persone vulnerabili, soprattutto giovani donne. Horvath conferma che il traffico di esseri umani rappresenta una minaccia reale e in aumento. Ed è proprio la natura privata degli alloggi che rende così difficile risolvere il problema.
La prima ragione di questo divario potrebbe essere dovuta al fatto che un numero spropositato di ucraini utilizza l'Ungheria solo come paese di passaggio per raggiungere l'Europa occidentale o settentrionale. Questo importante dettaglio è tenuto nascosto dal governo di Budapest.
Inoltre, invece di registrare e accettare automaticamente le richieste di soggiorno, come raccomanda il portavoce della commissione europea in carica, le autorità valutano le domande solo su richiesta dei rifugiati, a differenza ad esempio della vicina Austria.
Tutto questo dimostra che il governo sta tentando di gonfiare il numero di persone che raggiungono l'Ue attraverso i suoi confini. E la ragione è semplice: opportunismo.
Per anni, il governo di Viktor Orbán ha demonizzato i rifugiati, per lo più afgani, siriani e iracheni che arrivano ai confini, portando avanti una vera e propria campagna di propaganda. E questo fin dall’inizio della crisi migratoria del 2015. La stessa campagna non potrebbe funzionare oggi, quando i rifugiati sono bianchi, cristiani, provenienti da un paese vicino, e ancora di più quando decine di migliaia di questi nuovi arrivati sono cittadini ucraini appartenenti alla minoranza di lingua ungherese della regione di confine che gli ungheresi chiamano "Kárpátalja", dall'altra parte del confine Schengen, chiamato "Zakarpattia Oblast".
Il governo Orbán ha quindi scelto una strategia diversa, una strategia che è in linea con la politica dall'Ue di accoglienza ai rifugiati di guerra ucraini. Va detto che le autorità fanno di tutto per tenere separati i richiedenti asilo ucraini dagli "altri" che arrivano nel paese.
Fonti della società civile ci hanno detto che nella città di Debrecen, situata a 30 km dal confine ucraino, si trovava una massiccia struttura per l'accoglienza e il soggiorno dei richiedenti asilo. Questa struttura è stata chiusa da quando il governo ha allestito centri di accoglienza illegali sul confine che sono ancora in funzione nonostante una sentenza della Corte di giustozia europea. Nessun migrante ucraino è diretto lì.
Secondo tutte le fonti delle ong e della società civile con cui abbiamo parlato, la sistemazione dei rifugiati ucraini è quasi interamente organizzata da enti privati e della società civile, nonostante la capacità dei centri di accoglienza disponibili. È difficile non scorgere la motivazione politica dietro questa finta differenziazione tra le persone che necessitano di aiuto urgente.