Dati alla mano Migrazione e asilo

L’Ue ha speso (abbastanza male) miliardi di euro per fermare la migrazione dall’Africa

Combattere la migrazione irregolare, rimpatriare e reintegrare i migranti, creare percorsi legali verso l'Ue: come dovrebbe funzionare e come è stato usato il Fondo fiduciario di emergenza per l'Africa dell’Ue. Un’inchiesta di Deutsche Welle.

Pubblicato il 4 Maggio 2022 alle 17:44

Di fronte alle centinaia di migliaia di rifugiati arrivati nei paesi dell'Ue nel 2015, i responsabili politici degli stati membri hanno sentito il bisogno, di fronte alla pressione dell’opinione pubblica, reagire rapidamente e in modo dimostrativo. 

In una riunione con i leader di diversi paesi africani nella capitale maltese, La Valletta, hanno deciso di investire denaro, la cui destinazione pero’ non è stata  riservata ad aiutare l'integrazione delle migliaia di persone che erano arrivate nell'Unione europea. Questo denaro, confluito nel Fondo fiduciario di emergenza dell'Ue per l'Africa (Emergency Trust Fund for Africa, EUTF) avrebbe dovuto "affrontare le cause alla radice della migrazione irregolare" per diminuire il flusso di persone in arrivo dall’Africa attraverso rotte spesso mortali. 

Questo obiettivo è stato raggiunto, sei anni e cinque miliardi di euro dopo? Un’inchiesta, realizzata da Deutsche Welle insieme all’European Data Journalism Network (di cui Voxeurop fa parte) ha stilato un bilancio dell'EUTF. 

Più di 250 progetti sono stati avviati alla fine della fase di assegnazione dei progetti, nel dicembre 2021, molti di essi sono ancora in funzione, con un picco di erogazione dei fondi EUTF nell'estate 2020. Con lo strumento di vicinato, sviluppo e cooperazione internazionale (Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument, NDICI) già istituito come prossimo strumento - e con 8 miliardi di euro (9 miliardi di dollari) che saranno probabilmente destinati agli sforzi di gestione della migrazione - diamo un’occhiata ai dati disponibili. 

L'EUTF aveva diversi obiettivi che erano stati presentati come equivalenti nei documenti iniziali: affrontare le cause profonde della migrazione irregolare, prevenire e combattere il contrabbando e la tratta di essere umani, rafforzare la protezione delle persone che fuggono, migliorare la cooperazione sul ritorno e la reintegrazione e avanzare nello studiare le possibilità di migrazione legale.  

Il “contenimento” della migrazione

Il denaro non è stato assegnato equamente sugli obiettivi previsti. Anche se un documento sullo stato di avanzamento del febbraio 2018 affermava che "la maggior parte delle sue risorse è dedicata alla creazione di posti di lavoro e allo sviluppo economico" solo il 10 per cento dei fondi è stato assegnato a questo obiettivo.  

L'obiettivo di investire principalmente nella creazione di posti di lavoro è cambiato due mesi dopo, in una riunione di aprile 2018 del consiglio strategico dell'EUTF. Secondo i verbali ufficiali, il presidente Stefano Manservisi – che all'epoca era a capo della Direzione generale per la cooperazione internazionale e lo sviluppo della Commissione europea – ha sostenuto che la mancanza di risorse aveva reso necessario dare ulteriore priorità alle proposte esistenti e concentrarsi su "ritorno e reintegrazione", "gestione dei rifugiati", "cartolarizzazione dei documenti e registro civile", "anti-tratta", "sforzi di stabilizzazione essenziali in Somalia, Sudan, Sud Sudan e Sahel se le risorse sono disponibili", e "dialoghi sulla migrazione".  

Quindi non sorprende che quasi un quarto dei fondi – la quota maggiore – sia stato destinato alla gestione delle migrazioni.  

È importante tenere a mente che la maggior parte degli africani che lasciano le loro case – volontariamente o forzatamente – cercano di trasferirsi nei paesi vicini e nelle regioni all'interno dell'Africa. Nel 2020, per esempio, l'80 per cento dei migranti africani non ha lasciato il continente, secondo un policy brief dell'Institute for Security Studies.  

Nonostante l'obiettivo dichiarato di migliorare le condizioni che inducono gli africani a migrare irregolarmente attraverso rotte pericolose, l'EUTF "ha avuto a che fare più con l'Europa che con l'Africa, perché per l'Austria ospitare 40.000 migranti irregolari è più preoccupante che per l'Uganda ospitare 1,3 milioni di rifugiati", ha detto Mehari Taddele Maru, professore al Migration Policy Centre ed ex coordinatore del programma per la migrazione presso la Commissione dell'Unione africana.

Molti degli esperti con cui DW ha parlato fanno notare che l'attenzione dell'Ue sulla migrazione irregolare non sarebbe necessariamente l'aspetto più importante sul tema della migrazione per i responsabili politici africani.

"Una gran parte dei movimenti in passato avveniva attraverso percorsi legali a causa della storia coloniale: per esempio, dalla Nigeria al Regno Unito, o dai paesi francofoni alla Francia o al Belgio, o verso Medio Oriente a causa della vicinanza geografica e dei riti religiosi", ha detto Mehari.  


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Anche se un intento iniziale dichiarato dell'EUTF era quello di sostenere più percorsi legali per gli africani verso i paesi dell'Ue, il fondo alla fine si è concentrato principalmente sulla migrazione irregolare. Invece di fornire più opportunità di visti legali, per esempio, l'obiettivo è diventato quello di gestire il flusso di richiedenti asilo, rifugiati e persone che non hanno i documenti o i permessi necessari per muoversi o lavorare in un altro paese.  

Meno africani in viaggio verso l'Europa

Frontex, l’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne, ha registrato meno attraversamenti irregolari delle frontiere da parte di cittadini africani da quando l'EUTF è stato istituito nel 2015, e i cittadini africani hanno presentato meno domande di asilo negli stati membri dell'Ue.

Anche se meno africani si sono diretti verso l'Unione europea, persone in tutto il continente hanno continuato a lasciare le loro case, in proporzione sempre maggiore. Secondo l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), il numero di africani che hanno lasciato - o sono fuggiti - e sono diventati sfollati interni o rifugiati in altri paesi africani è quasi raddoppiato dal 2015 al 2020.

"Le ragioni individuali delle persone che si spostano sono diverse, così come le loro motivazioni specifiche", ha detto Ottilia Anna Maunganidze, specializzata in sicurezza umana, diritto internazionale e migrazione presso l'Istituto per gli Studi sulla Sicurezza e autrice di un policy brief del 2021 sulla migrazione dall'Africa all'Europa. "Quindi qualsiasi fondo dovrebbe tenere in considerazione questo dato e adattarsi in maniera appropriata". Maunganidze ha detto che l'EUTF in alcuni casi lo ha fatto, non sistematicamente. Nelle regioni in cui l'Unione europea ha mantenuto una presenza più lunga e ha fatto affidamento sulle competenze locali, l'adattamento ha avuto più successo.  

Nel caso del Niger, ha detto Maunganidze, l'approccio dell'EUTF ha addirittura rafforzato quello che intendeva combattere. "Il Niger è uno dei paesi più poveri del continente africano", ha detto. "È anche il più giovane, con un'età media di soli 14 anni. Quando si pensa agli interventi in Niger, l'attenzione dovrebbe davvero concentrarsi su questioni di sviluppo della prima infanzia, istruzione, integrazione e coinvolgimento della comunità. Ma, in tutto il Sahel, l'approccio è stato quello di una politica di frontiera esternalizzata dell'Unione europea. L'attenzione si è concentrata sul movimento in sé e non su quali sono le opportunità che le persone non hanno a casa e che portano al  desiderio di spostarsi. Ora, quando si impone un approccio di gestione della migrazione pesantemente securizzato che ha lo scopo di contenere il movimento e che ha un impatto sull'economia e sul commercio locale (tale da avere purtroppo la conseguenza non intenzionale di limitare le opportunità locali) si spingono le persone fuori attraverso canali irregolari e rotte migratorie pericolose". Le persone vorranno ancora spostarsi, ma, invece di essere in grado di farlo attraverso i canali legali, sono costrette ad optare per tratte illegali, finendo nelle mani della tratta di esseri umani..”

L'impatto dei fondi Ue sul terreno

Ci sono stati tentativi di affrontare le questioni sistemiche e strutturali. Il progetto EUTF più finanziato, per esempio, si concentra sulla "costruzione dello stato" in Somalia. Il governo è stato sostenuto con 107 milioni di euro per rafforzare le istituzioni ed espandere i servizi sociali, con l'obiettivo primario di aumentare la fiducia degli altri stati, dei potenziali creditori e della popolazione nel governo. 

Un altro esempio è un progetto da 54 milioni di euro in Sudan da parte del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, che avrebbe fornito assistenza per la nutrizione e la sicurezza alimentare a 1,1 milioni di persone. Per il contesto: nel 2020, un totale di 9,6 milioni di sudanesi vivevano una grave insicurezza alimentare, secondo il Food Security Information Network

Possiamo aggiungere anche un progetto da 47,7 milioni di euro in Etiopia, volto a costruire resilienza e opportunità economiche, che riferisce di aver creato quasi 11.000 posti di lavoro con i finanziamenti dell'EUTF. L'assenza di lavoro retribuito è un problema cronico in Etiopia, dove 1,1 milioni di persone di 15 anni o più erano disoccupate nel 2020, secondo le stime dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.  

Buone intenzioni, applicate male

Poiché l'EUTF è stato istituito come strumento di emergenza per reagire alla migrazione e assegnare progetti in modo rapido e flessibile, il fondo non è stato necessariamente concepito come un impegno a lungo termine. Diversi osservatori hanno detto a DW che le cause profonde dello spostamento e della migrazione non possono essere adeguatamente affrontate da uno strumento progettato per affrontare i problemi a breve termine.  

"L'EUTF ha sbagliato con l'approccio delle cause profonde, a causa della narrativa che stabilisce: questa idea che, una volta sradicate le cause profonde, le persone smetteranno di spostarsi", ha detto Alia Fakhry, una ricercatrice sulle migrazioni presso il German Council for Foreign Relations. "Sradicare le cause alla radice è una cosa, ma i conflitti e i disastri naturali continueranno a spingere le persone lontano dalle loro case".

Il NDICI, il seguito dell'EUTF, ha una portata molto più ampia. Il 10 per cento del suo budget deve essere dedicato alla migrazione, con un rigoroso sistema di monitoraggio in atto, "ma l'idea delle cause profonde sembra essere sparita", ha detto Fakhry. "Forse è qui che l'attenzione e le critiche che l'EUTF ha attirato hanno dato i loro frutti".

👉 Articlolo originale su DW

Questo progetto è una collaborazione tra diversi partner dell'European Data Journalism Network: coordinato da DW ha visto la partecipazione Voxeurop, Openpolis e OBCT.

In collaborazione con European Data Journalism Network

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