Idee Lavoro e salute mentale

L’Europa deve affrontare rischi psicologici legati al lavoro

I rischi psicologici legati al lavoro rappresentano un problema sempre più importante in Europa, alla luce della configurazione attuale del mercato del lavoro: molti Stati europei sono in ritardo nell'affrontare il problema.

Pubblicato il 12 Luglio 2022 alle 10:54

Nel luglio 2020, a quattro mesi dall'inizio della pandemia, il Parlamento europeo ha adottato un testo in cui la salute mentale viene definita "un diritto umano fondamentale". In una risoluzione, gli eurodeputati hanno chiesto un piano d'azione 2021-2027 che va nel senso di dare “uguale attenzione ai fattori biomedici e psicosociali della salute mentale" e hanno chiesto alla Commissione di porre questo tema al centro della riflessione politica. 

La crisi ha certamente avuto un risvolto positivo: si è iniziato a parlare (abusando spesso) di salute. La salute, tutti i tipi di salute, la mancanza di salute, i diritti alla salute, i professionisti della salute, i giornalisti della salute... tutto e tutti gravitavano intorno a un argomento così semplice e tanto facilmente dimenticato, e che ora doveva essere visto sotto una nuova luce.

I deputati si sono spinti a dire che "gli effetti a lungo termine del COVID-19 sulla salute, compresi quelli sulla salute mentale, non sono ancora noti". Continua il testo: "La crisi del COVID-19 ha cambiato le condizioni di lavoro di molti in Europa, evidenziando alcune problematiche già esistenti e sollevando nuove questioni relative alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro".

Ma nonostante tutto questo, una connessione tra salute mentale e lavoro era ben lungi dall'essere realizzata a livello di Stati membri.

Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

L'Europa ha bisogno di una direttiva specifica sui rischi psicosociali legati al lavoro, come afferma una risoluzione del 2018 della Federazione europea dei sindacati (ETUC), al fine di raggiungere un maggiore allineamento nelle normative nazionali. Due recenti pubblicazioni dell'Istituto sindacale europeo (ETUI) confermano questa necessità.

"Per affrontare efficacemente la questione, è essenziale l'adozione di un nuovo strumento vincolante a livello europeo", conclude ETUI sulla base di una mappatura delle normative nazionali in materia di PSR (Psychosocial risk factors, PSR), che mostra grandi differenze qualitative e quantitative tra gli Stati membri, e di un'analisi della scarsa o addirittura assente regolamentazione in materia di PSR nella maggior parte degli Stati membri dell'Europa centrale e orientale. 

Una direttiva Ue che affronti specificamente i rischi psicologici legati al lavoro, "sviluppata con il coinvolgimento delle parti sociali" che "fisserebbe standard minimi sui rischi psicologici", "apporterebbe cambiamenti legislativi negli Stati membri in cui sono più necessari e garantirebbe gradualmente un livello minimo di protezione uguale per i lavoratori in tutta l'Ue".

Una legislazione di questo tipo aiuterebbe i lavoratori dei Paesi in cui tale legislazione non esiste o esiste in forma molto rudimentale. 

Sia l'approccio che la consapevolezza variano. Secondo un'indagine lanciata dall'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU OSHA) nel 2019, quasi l'80 per cento dei dirigenti è preoccupato per lo stress legato al lavoro. La pressione dovuta a vincoli di tempo è un rischio sul posto di lavoro per gli intervistati in Finlandia, Svezia (74 per cento) e Danimarca (73 per cento). Orari di lavoro lunghi e irregolari per gli intervistati in Danimarca (44 per cento), Romania (40 per cento) e Norvegia (34 per cento). "Saranno necessarie ulteriori analisi per dimostrare se questo elevato livello di preoccupazione sia dovuto all'entità del rischio o al livello di consapevolezza dei luoghi di lavoro in questi Paesi", afferma l'EU OSHA.

Nelle sue raccomandazioni politiche, ETUI sottolinea che "la direttiva quadro dell'Ue sulla sicurezza e la salute sul lavoro non contempla esplicitamente i rischi psicologici, mentre l'attuazione di accordi quadro non vincolanti sullo stress legato al lavoro (2004) e sulle molestie e la violenza sul lavoro (2007), così come altri strumenti non vincolanti, non sono sufficienti a influenzare la legislazione dell'Europa centrale e orientale".

I risultati dell'EU OSHA si riferiscono a un periodo precedente alla pandemia, ma la situazione non pare essere migliorata.

Secondo il rapporto, i problemi di salute mentale interessano circa 84 milioni di persone nell'Ue, la metà dei lavoratori dell'Unione ritiene che lo stress sia comune sul posto di lavoro, lo stress contribuisce a circa la metà di tutti i giorni lavorativi persi, quasi l'80 per cento dei dirigenti è preoccupato per lo stress legato al lavoro.

A seguito della pandemia, quasi il 40 per cento dei lavoratori ha iniziato a lavorare a tempo pieno in remoto, con nuove conseguenze sulla salute. Allo stesso tempo, l'EU OSHA sottolinea che "quando si tratta di rischi psicosociali la consapevolezza non è ancora abbastanza elevata".

Gli ultimi due anni hanno puntato i riflettori sui rischi legati alla digitalizzazione e al lavoro a distanza.

"Il principale rischio psicologico sul lavoro è quello del burnout", afferma Lou Giulianelli, psicologa specializzata in burnout, appunto. "Secondo la mia esperienza, i rischi sono legati soprattutto al contesto e all'ambiente di lavoro e non a un particolare profilo della persona, perché la pandemia incide sull’organizzazione dello stesso: ci si aspetta che le persone siano molto più disponibili."

Cinzia Albanesi, docente di psicologia e presidente dell'European association of community psychology, concorda: "La pandemia ha confermato la correlazione tra l'elevato carico di lavoro, l'ambiguità del carico, il basso controllo e la maggiore vulnerabilità".

"La pandemia ha mostrato che i lavori precari, poco qualificati e scarsamente retribuiti non sono equamente distribuiti in tutti i settori/tranche della popolazione: il divario retributivo di genere, la segregazione di genere, l'esclusione o l'emarginazione dei migranti e delle minoranze etniche sono realtà". 

Un rapporto ETUI su lavoro, salute e Covid-19 mostra anche che diverse disuguaglianze si intersecano: le donne, i giovani e gli immigrati hanno maggiori probabilità di svolgere lavori precari in cattive condizioni di lavoro, con un carico sproporzionato di rischi sia fisici che psicosociali.

"Una direttiva può essere d'aiuto, naturalmente", afferma Albanesi. "L'Ue dovrebbe anche sostenere l'adozione di programmi e l'attuazione di interventi per ridurre i rischi psicologici legati al lavoro e promuovere il benessere psicosociale e la salute mentale".


Ti è piaciuto questo articolo? Noi siamo molto felici. È a disposizione di tutti i nostri lettori, poiché riteniamo che il diritto a un’informazione libera e indipendente sia essenziale per la democrazia. Tuttavia, questo diritto non è garantito per sempre e l’indipendenza ha il suo prezzo. Abbiamo bisogno del tuo supporto per continuare a pubblicare le nostre notizie indipendenti e multilingue per tutti gli europei. Scopri le nostre offerte di abbonamento e i loro vantaggi esclusivi e diventa subito membro della nostra community!

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni il giornalismo europeo indipendente

La democrazia europea ha bisogno di una stampa indipendente. Voxeurop ha bisogno di te. Abbònati!

Sullo stesso argomento