Nella ricca Europa quasi un lavoratore su dieci è a rischio povertà

Circa il 9 per cento dei lavoratori nell’Unione europea vive sotto la soglia di povertà, un dato che è rimasto stabile negli ultimi dieci anni, che riguarda anche le famiglie ad alta intensità lavorativa e colpisce soprattutto i più giovani.

Pubblicato il 25 Gennaio 2023 alle 11:09

Per “povertà lavorativa” si intende il fenomeno per cui persone regolarmente occupate risultano a rischio povertà: si tratta di persone che hanno un reddito disponibile al di sotto della soglia di povertà relativa (fissata al 60 per cento del reddito mediano nazionale).

Ci sono una serie di fattori che incidono su questa condizione, ad esempio la cittadinanza (gli stranieri sono quasi ovunque più esposti a questo fenomeno), ma anche l’età (a scapito dei giovani) e il livello di istruzione (l’incidenza è maggiore tra chi non possiede un titolo di studio terziario).

Un altro elemento importante è l’intensità lavorativa. In tutti i paesi Ue, ad esclusione di Belgio, Irlanda e Finlandia, oltre il 20 per cento degli adulti parte di nuclei familiari a bassa intensità lavorativa (ossia con componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo) è a rischio povertà, come evidenzia Eurostat.

In 6 stati, tra cui l’Italia, il dato supera il 40 per cento, con il dato più elevato registrato dal Portogallo (54 per cento).

Tuttavia anche tra chi lavora l’incidenza è elevata. Il 9,4 per cento delle famiglie a elevata intensità lavorativa è a rischio povertà, con picchi del 19,8 per cento in Romania e del 14,3 per cento in Lussemburgo. In Italia, è a rischio povertà il 40,2 per cento delle famiglie a bassa intensità lavorativa, il 25,7 percento di quelle a intensità media e l’8,3 per cento dei nuclei a intensità lavorativa alta.

Forti disparità tra paesi

Nel 2021, quasi un decimo di tutti i lavoratori, mediamente nell’Unione europea, è a rischio povertà. Si tratta di un dato che nel corso dell’ultimo decennio è rimasto sostanzialmente invariato, registrando solo lievi oscillazioni ma attestandosi sempre tra l’8 e il 10 per cento. Mentre da paese a paese la situazione risulta fortemente differenziata.

La Romania riporta il dato più elevato d’Europa, con il 15,2 per cento dei lavoratori a rischio povertà; eguono il Lussemburgo (13,5 per cento) e la Spagna (12,7 per cento) e, al quarto posto, l’Italia (11,7per cento).

Nel corso dell’ultimo decennio, il miglioramento più pronunciato si è verificato in Grecia (che nel 2012 arrivava quasi al 14 per cento) e in Romania (nello stesso anno sfiorava il 19 per cento). 

Al contrario, in 10 paesi membri c’è stato un peggioramento, significativo soprattutto in Lussemburgo (+3,2 punti percentuali) e Bulgaria (+2,6). Mediamente in Ue non c’è stato alcun cambiamento.

In Italia, il picco è stato raggiunto nel 2017 e nel 2018 (12,3 per cento). Ma nel complesso la quota di lavoratori a rischio povertà è leggermente aumentata nel corso dell’ultimo decennio: nel 2012 si attestava all’11,1 per cento.

La povertà lavorativa colpisce soprattutto i giovani

Tra le categorie più esposte alla povertà lavorativa ci sono in particolar modo le persone più giovani, ovvero coloro in età compresa tra i 18 e i 24 anni.

La Romania è il paese Ue con la quota più elevata di lavoratori a rischio povertà, sia come media nazionale (15,2 per cento) che specificamente nella fascia dei più giovani (21,1 per cento).

Il divario più ampio tuttavia è quello della Danimarca (14,2 punti percentuali). Seguono in questo senso Bulgaria (8,2 punti) e Lussemburgo (7,3). Sono pochi gli stati membri in cui il divario è invece a vantaggio dei giovani: prima da questo punto di vista la Lettonia (5 punti percentuali).

👉 L'articolo originale su OpenPolis
In collaborazione con European Data Journalism Network

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