Idee Guerra in Ucraina

Kateryna Miščenko: la mia Maidan, l’ultima rivoluzione che l’Europa non ha voluto vedere

Nove anni dopo la Rivoluzione della Dignità e un anno dopo l’invasione totale russa, il confine tra l’Ucraina e l’Ue è sempre più segnato dalla morte. Oltrepassare questa frontiera è fondamentale per la pace, la giustizia ed il futuro dell’Europa, sostiene la scrittrice ucraina Kateryna Miščenko.

Pubblicato il 28 Febbraio 2023 alle 18:30
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Nove anni fa Maidan, la piazza principale della mia città natale, Kiev, era stracolma di persone con striscioni dell’Unione europea e bandiere dell’Ucraina. Maidan, conosciuta anche come Rivoluzione della Dignità, è stata l’ultima rivoluzione democratica europea di successo. I manifestanti hanno vinto. Sono – siamo – riusciti a rovesciare un regime che già al tempo stava preparando l’annessione dell’Ucraina alla Russia.

Di questi tempi, esattamente nove anni fa, la marea umana a Maidan portava sulle spalle le bare degli attivisti uccisi dalla polizia. Si è trattato di  una tragedia immensa, passata rapidamente in secondo piano a seguito dell’annessione della Crimea: divenne, a quel punto, ovvio il fatto che il Cremlino aveva cominciato una guerra contro l’Ucraina, contro di noi.

Abbiamo imparato che raggiungere l’impossibile poteva essere idealizzato nelle canzoni o nei film, ma nella realtà aveva un prezzo, un prezzo troppo alto da pagare, e questo fin dall’inizio. Maidan rimaneva tuttavia un luogo di cambiamento e un punto di riferimento. È rimasta l’immagine delle persone che stavano dritte con le bandiere europee e ucraine. I nostri obiettivi ufficiali erano: coesione sociale e fare comunità, democratizzazione e cittadinanza responsabile. Ma ora questi cittadini, le persone che impugnavano le bandiere, stanno sprofondando nel mare di una guerra di sterminio in cui sono solo queste ultime a sventolare in superficie.

Dove si trovano oggi dei luoghi pieni di bandiere dell’Ucraina? Nei cimiteri delle nostre città e dei nostri villaggi, dove i funerali dei nostri morti si susseguono senza sosta.


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In questo momento il mio paese sta vivendo un genocidio, genocidio che nelle intenzioni dovrebbe essre una punizione destinata a quegli ucraini che hanno insistito, e insistono tuttora, sulla propria soggettività politica. Le tombe con le bandiere ucraine raccontano perfettamente bene l’idea putiniana di controrivoluzione.

Dal punto di vista del Cremlino il desiderio di cambiamento deve essere represso. Maidan dovrebbe riposare in guerra, non in pace. L’odio di Vladimir Putin per l’Ucraina non è solo etnico, è politico. La visione rivoluzionaria del futuro dovrebbe essere seppellita. Assistiamo allo sterminio fisico della vita e del tempo.

Le nostre autorità militari tacciono circa le perdite ucraine, evitando così di svelare numeri terrificanti per ragioni strategiche: sono i cimiteri, con le loro distese di bandiere appena piantate, i luoghi in cui i numeri diventano visibili. E questa concretezza è legata alla verità, alla verità della morte.

Cosa sta accadendo davvero oggi? C’è un paese in Europa in cui è tollerata la morte di centinaia di persone al giorno. Gli abitanti di questa nazione, se non sono di sesso maschile e non hanno tra i 18 e i 60 anni, o se non vivonoo sotto l’occupazione russa, possono liberamente attraversare i confini per essere accolti da altri paesi europei. Mentre la morte si concentra sempre più all’interno dell’Ucraina, all’interno dei suoi confini.  

Negli ultimi nove anni, ancora prima dell’invasione totale russa su vasta scala, ho sentito spesso descrivere l’Ucraina come il cortile dell’Europa. Oggi, questo cortile sta prendendo le sembianze di un cimitero ed è la guerra stessa il suo becchino.


Dal punto di vista del Cremlino il desiderio di cambiamento deve essere represso. Maidan dovrebbe riposare in guerra, non in pace


Missili e granate creano goganteschi crateri che diventano le tombe degli stessi ucraini. Questo cimitero è pieno di fiori bellissimi che simboleggiano la resistenza, il coraggio e la resilienza: sono queste le aspirazioni dell’Ucraina per ritrovare la pace e ricostruire quel che è stato distrutto. Questi fiori dovrebbero portare la speranza, la speranza di poter ricominciare a vivere anche dopo gli orrori della guerra.

Proprio come nel XX secolo i cimiteri divennero luoghi dove collocare la morte, nascosti dalle zone centrali delle città e dalla vita quotidiana, così il mio paese sta diventando un cimitero a cielo aperto nonostante sia anche un campo di battaglia delineato da un confine molto netto. Per questo, aiutare l’Ucraina significa piuttosto preservare questo confine, preservare lo stato di questo territorio.

Qualche settimana fa ho attraversato la frontiera tra l’Ucraina e l’Unione europea. Oggi non ci sono collegamenti rapidi da e per l’Ucraina, si impiega molto tempo per viaggiare e questo lungo viaggio ha una sua logica: il cambiamento mentale nelle persone richiede tempo. Per passare dalla pace alla guerra o dalla guerra alla pace bisogna attraversare un certo processo: uscire dal tempo accelerato in cui il conto alla rovescia non si misura in secondi ma in vite umane, ed entrare nel tempo che lascia spazio alla riflessione, alla discussione e a volte anche allo spreco di parole; ma soprattutto a quel tempo che…

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