Analisi Bionergia

Biogas e biometano sono alternative durevoli al metano?

Nonostante l'andamento al ribasso che si registra dall'agosto 2022, in Europa i prezzi del metano sono destinati a rimanere a livelli più alti rispetto al periodo precedente la guerra in Ucraina. Intanto, si sviluppano fonti di gas alternative.

Pubblicato il 5 Aprile 2023 alle 13:03

Oltre agli obiettivi climatici, i prezzi e la volatilità del metano aprono la strada a fonti energetiche alternative, che non sono solo un mezzo per ridurre l'impronta carbonio a livello nazionale, ma rappresentano un settore di importanza strategica. 

Il biogas, e la sua versione raffinata, il biometano, sono considerati come le due fonti migliori di bioenergia per decarbonizzare le zone dove non è possibile distribuire elettricità a basse emissioni di carbonio. 

Biogas e biometano
Il biogas è un combustibile gassoso generato dalla degradazione microbica della materia organica in condizioni anaerobiche.  Il biogas è principalmente una miscela di metano (CH4) e anidride carbonica (CO2) insieme ad altri gas.  Il biogas può essere estratto da discariche, vasche coperte o vasche chiuse chiamate digestori anaerobici. Il biogas viene comunemente prodotto da letame animale, rifiuti organici e fanghi sedimentati dalle acque reflue.  Tuttavia, il biogas può essere prodotto anche da quasi tutte le materie prime contenenti composti organici, sia rifiuti che biomasse (colture per la produzione di energia). Il metano è anche il componente principale del gas naturale (comunemente chiamato “metano” in Italia), un combustibile fossile. Il biogas può essere utilizzato per sostituire il gas naturale in molte applicazioni, tra cui: cucina, riscaldamento, produzione di vapore, generazione di energia elettrica, carburante per veicoli e come gas da trasportare in gasdotti. Mentre la combustione del biogas, come quella del gas naturale, genera anidride carbonica (CO2), un gas a effetto serra, il carbonio presente nel biogas proviene da sostanze vegetali che hanno fissato il carbonio dalla CO2 atmosferica.  Il consumo di biogas, nelle giuste condizioni, ridurrebbe le emissioni di CO2. È "rinnovabile", nel senso che la materia prima potrebbe teoricamente essere inesauribile e potrebbe convertire il metano in anidride carbonica, meno dannosa per il clima. La riduzione delle emissioni varia molto a seconda dell’impianto.

Questi due gas possono aumentare la flessibilità delle fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica, come dimostra l'esempio danese. Dall'inizio della guerra in Ucraina, infatti, la percentuale di biometano nella rete del gas danese è cresciuta in modo significativo, raggiungendo il 35 per cento del metano totale immesso verso la fine dell'anno. 

Produzione di biogas e biometano

Un rapporto del 2017 dell'Oxford Institute for Energy indica che la crescita europea si è verificata principalmente durante un lasso di tempo di sei anni (tra il 2009 e il 2015), quando in Europa il numero di impianti di biogas è balzato da 6.000 a 17.000. Dopo la Germania, Italia e Francia sono i due paesi con il maggior numero di impianti di biogas.

Gli sviluppi dipendono dai quadri normativi, soprattutto dai piani di incentivazione come le tariffe di riacquisto, ma anche dalle materie prime che possono essere utilizzate per produrre biogas.

Ad esempio, il boom del biogas in Germania ha subito un rallentamento da quando nel 2014 è stata introdotta una legge che intende ridurre l'uso di colture a scopo di produzione di energia come il mais. Le autorità stanno infatti cercando di evitare l'uso di materie prime che potrebbero entrare nella filiera agroalimentare: una decisione, questa, resa più comprensibile dalla recente crisi alimentare dovuta alle tensioni geopolitiche con la Russia. 


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Restano le opposizioni dell’industria: prima di fare gli investimenti necessari e ridurre il metano importato, è importante avere certezze sul  lungo termine, per quanto possibile, e una burocrazia più snella.

Il caso danese 

La Danimarca ha deciso di eliminare completamente le colture energetiche entro il 2030 concentrandosi sui rifiuti e sulle materie prime. Circa un terzo del biogas danese, infatti, proviene dai liquami: i liquami di origine suina rappresentano il 10 per cento della produzione di biogas, mentre i restanti due terzi provengono dall'agricoltura e dai rifiuti organici domestici.

La Danimarca è attualmente il paese europeo destinato a crescere maggiormente in questo settore, con una produzione di biogas che è passata da circa 1,39 TWh (0,14 bcm) nel 2014 a 7 TWh (0,7 bcm) nel 2021, rappresentando circa il 25 per cento del consumo totale di gas. Il paese ha la più alta percentuale di biogas e biometano (24 per cento) rispetto al consumo totale di gas, seguita da Svezia (20 per cento) e Slovacchia (12 per cento).

"Esiste già il nuovo sistema di gare d'appalto, approvato nel 2020 e convertito in legge nel 2021, ora manca solo l'approvazione dei sussidi statali da parte di Bruxelles, che speriamo di ottenere molto rapidamente", commenta Bruno Sander Nielsen, direttore della Danish Biogas Association. 

La posizione della Danimarca dovrebbe migliorare ulteriormente con l'approvazione da parte delle istituzioni europee di sussidi statali più accessibili per settori specifici e con l'aumento della cooperazione con i paesi limitrofi. 

"L’incremento della produzione di biometano, in aggiunta al calo del consumo di gas naturale dovuto all'aumento dei prezzi, può portare a una sostituzione totale entro la fine del 2027", afferma Nielsen. In altre parole, il paese potrebbe presto essere completamente indipendente dai combustibili fossili. 

L'industria danese si affiderà non solo ai sussidi, ma anche agli incentivi impliciti, come gli obblighi di riduzione delle emissioni di CO2 ne settore dei trasporti, che costringeranno gli operatori del settore a trovare nuovi combustibili. "Il biogas è molto concorrenziale. Questo vuol dire che parte della produzione sovvenzionata di biogas si trasformerà in biometano non sovvenzionato", aggunge Nielsen. Attualmente, l'80 per cento del biogas viene convertito in biometano e immesso nella rete.

Potenziale e obiettivi a lungo termine 

L'Italia ha da questo punto di vista un forte potenziale, grazie alla breve stagione invernale e alla produzione agricola rinforzata. A differenza della Danimarca, l’Italia utilizza la maggior parte del biogas direttamente per la produzione di calore ed energia anziché convertirlo in biometano, ma sta lavorando per modificare la situazione.

Secondo le associazioni agricole locali, circa 100 nuovi consorzi potrebbero fornire biogas in Italia nei prossimi due anni. Dopo una crescita del 10 per cento nei 12 prossimi mesi, la produzione potrebbe aumentare del 500 per cento entro il 2026, afferma il Consorzio italiano biogas (CIB), che rappresenta i produttori di biogas nel settore agricolo. 

Il CIB spiega che il governo italiano prevede una produzione di biometano che raggiungerà entro il 2026 fino a 2,3-2,5 miliardi di metri cubi (mmc) e, secondo il CIB, entro il 2030 il settore agricolo potrebbe produrre, anche grazie ai finanziamenti dell'Ue, 6,5 mmc di biometano e altri 1,5 mmc si otterrebbero dal trattamento dei rifiuti urbani.

"Il piano REPowerEu della Commissione europea riconosce l'importante ruolo strategico del biometano nella transizione energetica: si prevede la produzione di oltre 35 mmc di biometano nell’Ue entro il 2030 e di oltre 167 mmc entro il 2050, andando a coprire il 35-62 per cento della domanda di gas del 2050", spiega il CIB.

Il CIB ha presentato una roadmap per la conversione agroecologica dell'agricoltura italiana il cui scopo è promuovere un'economia circolare e ridurre le emissioni in linea con gli obiettivi dell'Ue. L'Italia, in particolare, sta promuovendo la coltura sequenziale: un sistema di agricoltura che consiste nel coltivare a rotazione due o più colture sullo stesso terreno nello stesso anno fornendo sia prodotti agricoli per l’industria alimentare sia materiale organico per la produzione di biogas. 

"Questo modello è nato in Italia 10 anni fa, siamo molto avanti. Il potenziale stimato al 2050 viene da lì. L'importanza strategica del settore del biogas ha anche a che fare con il fatto che  dobbiamo restituire al terreno le sostanze nutritive nella zona del Mediterraneo, dove l'erosione è un fenomeno diffuso", ha detto David Chiaramonti, vicerettore dell'Università di Torino. 

Non tutti i grandi produttori agricoli dell'Ue (Spagna, Francia, Polonia, Romania, Germania) hanno condizioni climatiche tali da consentire una semplice implementazione delle colture sequenziali. Tuttavia, anche gli Stati membri del Nord Europa, come la Danimarca, stanno valutando questa possibilità.

Chiaramonti sottolinea che sono in corso discussioni a livello europeo che dovrebbero concludersi entro l'anno, tra cui quella riguardante la nuova direttiva sulle energie rinnovabili (RED III).

Integrazione di biometano e idrogeno 

Nonostante la recente opposizione all'uso di colture energetiche per la produzione di biogas in Germania, gli esperti vedono una crescita nella principale economia dell'Ue, indice del cambiamento di opinione del governo federale in seguito alle attuali tensioni geopolitiche. 

"C'è un divario tra gli obiettivi elettrici e la situazione attuale. Alla fine di dicembre abbiamo avuto un paio di giorni in cui l'industria del biogas era il terzo produttore di elettricità in Germania a causa dell'assenza di vento e sole. Il Governo si sta rendendo conto dell'importanza del biogas", afferma Manuel Maciejczyk, direttore operativo della German Biogas Association.

Il dibattito sulla strategia tedesca per le biomasse dovrebbe continuare per il resto dell'anno. La questione centrale: “Quali saranno i materiali di input utilizzati in futuro negli impianti di biogas?”, seguita da altri interrogativi che consistono, per esempio, nell’utilizzare o meno il biogas direttamente per produrre elettricità ed energia (Combined Heat and Power-Produzione combinata di energia elettrica e calore) o produrre biometano per altri settori, tra cui quello dei trasporti. In altre parole, le tecnologie del biogas e del biometano sono favorevoli, ma l'innovazione e l'integrazione con altre fonti energetiche, se incoraggiate, potrebbero dare “frutti” sostenibili.

Il biogas previene l'inquinamento da azoto e cattura le emissioni di metano che altrimenti fuoriuscirebbero dalle discariche o dai depositi di letame. Tuttavia, va sottolineato che un articolo a firma di tre ricercatori dell'Imperial College di Londra, pubblicato su One Earth, suggerisce che le emissioni delle filiere del biometano e del biogas potrebbero essere state finora sottovalutate a causa degli alti tassi di perdita di metano.

Il commercio transfrontaliero, il miglioramento tecnologico e il ripensamento dei processi agricoli potrebbero condurre a una diminuzione dei prezzi del biogas e del biometano che sono già competitivi a livello locale. Ad esempio, la società energetica francese Engie prevede una riduzione dei costi del 30 per cento entro il 2030; tali miglioramenti sono inoltre destinati a ridurre le emissioni nell'industria bioenergetica.

Di conseguenza, il consorzio Gas for Climate prevede un aumento significativo di biogas e biometano nei due decenni tra il 2030 e il 2050, crescendo in media di tre volte in Germania, Francia, Italia e Danimarca. Tuttavia, le proiezioni variano notevolmente, sia in termini di periodo temporale che di fonte. Questo per due motivi: le stime sulla produzione sono particolarmente complicate in quanto il biogas e i suoi derivati sono generalmente consumati vicino al punto di produzione, e i dati si basano sul quadro normativo che sta prendendo forma, anche se alcuni potrebbero sostenere che avviene troppo lentamente.

In collaborazione con European Data Journalism Network

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