André Glucksmann: “L’Europa si definisce per negazione”

Secondo il filosofo francese l’Unione europea non dovrebbe porsi l’obiettivo del federalismo: i suoi membri sono troppo diversi tra loro, e l’unica cosa che li lega è la nozione di quello che non vogliono essere.

Pubblicato il 3 Settembre 2012 alle 11:19

Signor Glucksmann, alla luce delle esperienze intellettuali ed esistenziali che ha avuto nel XX secolo da pensatore contrario a tutti i totalitarismi, è preoccupato per il futuro dell'Europa?

Non ho mai creduto che tutti i pericoli fossero finiti con il crollo del fascismo e del comunismo. La storia non si ferma. L'Europa non è uscita dalla storia con il dissolvimento della Cortina di ferro, anche se qualche volta ha dato l'impressione di volerlo fare. Le democrazie tendono a ignorare o a dimenticare le dimensioni più tragiche della storia. In questo senso, mi sento di affermare: sì, i recenti sviluppi sono estremamente preoccupanti.

Dalla sua nascita, sessant’anni fa, la Comunità europea si è quasi sempre dovuta destreggiare tra una crisi e l'altra. Le battute d'arresto sembrano essere il suo normale modus operandi.

Un generale senso di crisi caratterizza l'era moderna in Europa. Questo può indurre a concludere che l'Europa in realtà non è uno stato o una comunità in senso nazionale, che cresce in maniera organica. Non può neanche essere paragonata alle antiche città-stato greche che, a prescindere dalle differenze e dalle rivalità, formavano un'unità culturale.

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I paesi europei sono però tenuti assieme da aspetti culturali condivisi. Esiste una cosa paragonabile a uno spirito europeo?

Le nazioni europee non sono tutte uguali, e per questo non possono fondersi assieme. Ciò che le unisce non è una comunità, ma un modello societario. C'è la civiltà europea e la mentalità occidentale.

Quali sono le sue caratteristiche?

Sin dai tempi dei greci - da Socrate a Platone e Aristotele - la filosofia occidentale ha ereditato due principi fondamentali: l'uomo non è la misura di tutte le cose, e non è immune al fallimento e al male. Tuttavia è responsabile di se stesso e di tutto ciò che fa o evita di fare. L'avventura del genere umano è un'ininterrotta creazione dell'uomo. Dio non ne fa parte.

Fallibilità e libertà. Ma questi aspetti fondamentali della storia intellettuale dell'Europa non sono sufficienti a creare un'unione politica duratura?

L'Europa non è mai stata un'entità nazionale, nemmeno nel Medioevo cristiano. La cristianità è sempre stata divisa - i romani, i greci e più tardi i protestanti. Uno stato federale europeo o una confederazione europea è un obiettivo distante e astratto. Secondo me si tratta di un obiettivo sbagliato.

Allora l'Unione europea rincorre un'utopia sia in termini politici che storici?

I padri fondatori dell'Unione Europea amavano rievocare il mito carolingio, e il nome di Carlo Magno è stato dato a un premio europeo. Ma i suoi nipoti hanno diviso il suo impero. L'Europa è un'unità nella sua divisione, o una divisione nella sua unità. Da qualsiasi lato la si guardi, non è certo una comunità in termini di religione, lingua o costumi.

Eppure esiste. Questo cosa la porta a concludere?

La crisi dell'Unione europea è un sintomo della sua civiltà, che non si definisce sulla base della sua identità ma piuttosto della sua alterità. Una civiltà non si basa necessariamente sul desiderio comune di ottenere il meglio, ma piuttosto sull'esclusione e sulla riduzione a tabù di ciò che è male. Da un punto di vista storico, l'Unione europea è una reazione difensiva all'orrore.

Un'entità definita in termini negativi emersa dall'esperienza delle due guerre mondiali?

Nel Medioevo i fedeli pregavano così: "Signore, proteggici dalla peste, dalla fame e dalla guerra". La comunità esiste non per il bene, ma contro il male.

In questi giorni sono in molti a indicare nella frase "Mai più un'altra guerra" la vera ragione d'essere dell'Europa. Questo principio ha ancora senso oggi che lo spettro della guerra in Europa si è dissolto?

Le guerre balcaniche nell'ex Jugoslavia e le azioni dei russi nel Caucaso non sono accadute poi così tanto tempo fa. L'Unione europea si è formata per opporsi a tre mali: la memoria di Hitler, l'Olocausto, il razzismo e l'estremismo nazionalista; il comunismo sovietico durante la Guerra Fredda; e infine il colonialismo, a cui alcuni paesi della comunità europea hanno dovuto rinunciare a malincuore. Questi tre mali hanno generato un'accezione comune di democrazia, un tema civilizzatore centrale in Europa.

Oggi manca una nuova sfida che unisca tutti?

Non sarebbe poi così difficile da trovare se l'Europa non agisse in maniera così sconsiderata. All'inizio degli anni cinquanta il cuore dell'Unione era stata la fondazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca), la prima alleanza economica sovranazionale nel settore dell'industria pesante; per la Lorena e l'area della Ruhr la Ceca era un modo per prevenire la guerra. L'equivalente oggi sarebbe un'unione energetica europea. Invece la Germania ha deciso di avviarsi da sola verso la transizione alle energie rinnovabili, ignorando la dimensione europea. Tutti stanno negoziando singolarmente con la Russia per il petrolio e il gas, la Germania ha firmato un accordo per costruire l'oleodotto del Baltico nonostante le resistenze della Polonia e dell'Ucraina, e l'Italia è coinvolta nell'oleodotto del South stream attraverso il Mar Nero.

André Glucksmann

Da Mao alla Nato

André Glucksmann è un filosofo e saggista francese. Nato nel 1937, nel 1968 ha militato tra i maoisti. Dopo aver scritto "La cuoca e il mangia-uomini" nel 1975 e "I padroni del pensiero" nel 1977, con cui denunciava il totalitarismo sovietico e i suoi sostenitori in occidente, diventa con Bernard-Henri Lévy uno dei capofila dei "nuovi filosofi" francesi che mettono in discussione il rapporto della sinistra con il comunismo.

Animatore di una campagna di sostegno ai boat people vietnamiti, nel corso degli anni ha difeso, la Guerra del Golfo, gli interventi in Bosnia-Erzegovina e Serbia e l'invasione dell'Iraq. L'impegno a favore degli indipendentisti ceceni lo ha condotto a sostenere Nicolas Sarkozy alle presidenziali del 2007, scelta in seguito rinnegata. Ha pubblicato tra gli altri L'atto antitotalitario (1983) e Dostoevskij a Manhattan (2002).

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