Attualità L’Europa degli intellettuali

Che fine ha fatto il pensiero libero?

Oltre alla dimensione politica ed economica, il progetto europeo dovrebbe avere anche un lato morale. Ma gli intellettuali sono troppo deboli di fronte al moltiplicarsi delle minacce alla libertà.

Pubblicato il 8 Agosto 2013 alle 12:31

Come l'Europa è più di un'entità geografica, l'Ue è più di un semplice organismo politico. Io la vedo prima di tutto come un progetto morale. Se ci stiamo battendo per una società aperta in Europa dobbiamo sostenere valori specifici, tra cui la libertà, la tolleranza e la responsabilità individuale e interpersonale. Si tratta di valori morali che devono essere fondati sul piano politico e istituzionale. In caso contrario questi valori crollano.

Spesso diamo per scontati i valori di cui godiamo. Soltanto quando rischiamo di perderli comprendiamo che non è così. Qualche settimana fa il sociologo di fama internazionale Zygmunt Baumann è stato minacciato da cento skinhead polacchi durante una lezione all'università di Breslavia. Questo incidente turbolento mi ha fatto ripensare al bisogno di libertà intellettuale e al ruolo degli intellettuali nella società.

Il concetto di intellettualismo ha un'accezione decisamente negativa. Evoca l'immagine di un vecchio canuto in una torre d'avorio, che pensa di avere una visione migliore della società rispetto alle persone che ne fanno parte. Gli intellettuali, tuttavia, sono indispensabili per il buon funzionamento della società. La storia ci ha insegnato che tra i primissimi bersagli dei regimi totalitari - di destra o di sinistra - c'è la mente curiosa dei pensatori laterali.

Il dibattito intellettuale può fornire un'importante contrappeso all'estremismo politico e alla retorica populista. Non è dunque un caso che i più pesanti attacchi a uno spazio intellettuale libero provengano da ambienti populisti ed estremisti. E' quanto sta accadendo nell'Ungheria di Viktor Orbán, dove vengono imposti limiti alla libertà di stampa e all'opposizione, dove gli intellettuali vengono marginalizzati e aumentano l'antisemitismo, l'intolleranza e l'assenza di libertà. Anche l'attacco di Breslavia contro la libertà intellettuale è giunto da un ambiente non democratico. Il gruppetto di teppisti alla fine è stato allontanato dall'università da poliziotti armati fino ai denti e da membri delle unità antiterrorismo polacche. La libertà intellettuale è stata messa in salvo, penserete voi. Ma se la libertà di pensiero e parola sta diventando una questione che interessa i nostri servizi antiterrorismo, questo non significa forse che in Europa sta accadendo qualcosa di molto minaccioso? E' difficile pensare liberamente se si deve indossare un giubbetto antiproiettile.

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Nel nostro paese la libertà intellettuale è forse meno evidente di quanto potremmo pensare. [[Ci sono molti modi per limitare la libertà, anche senza l'uso della forza]]. La manipolazione, le pressioni implicite, il conformismo e persino la cura per una cosa così vaga come lo Zeitgeist sono modi piuttosto efficaci per indurre la gente ad allinearsi.

Oggi sono molti i fattori che restringono lo spazio intellettuale. La pressione sugli accademici a pubblicare, ad esempio, o la costrizione imposta dai dati delle vendite sul mercato del libro deviano contenuti e modi di pensare verso direzioni specifiche. Le idee sono merci e non è redditizio esprimere un'idea che non vende.

Queste pressioni di carattere economico sono la forza sottostante alle crescenti forme di radicalismo e di eccesso di semplificazione. Per vendere ti devi far notare. Una verità che si colloca in una posizione intermedia sarà presto travolta da una valanga di opinioni estreme. Le sfumature raramente colpiscono. C'è bisogno di affermazioni forti.

Ecco un ulteriore effetto del populismo sul dibattito politico e sociale: una crescente assertività e aggressività nell'argomentare che ostacola non solo il dialogo ma anche l'autocritica. E senza dialogo e autocritica, lo spazio intellettuale si riduce sensibilmente.

Vera autocritica

[[Un vero filosofo mette in discussione qualsiasi cosa, a cominciare da se stesso]]. L'auto-relativismo è indispensabile per una mente aperta. La libertà di pensiero esiste solo nel momento in cui puoi mettere in discussione le tue opinioni. Anche se questa autocritica e questo autorelativismo possono a volte farti sembrare un ciarlatano, come ha fatto notare il filosofo polacco Leszek Kolakowski. Kolakowski è stato un autentico spirito libero. Era l'antitesi del filosofo che sta sempre a declamare la sua verità. Kolakowski sottolineava tanto la sua ignoranza quanto quella degli altri. Così facendo, ha reso indubbiamente un servigio più alto alla giustizia rispetto a tante menti che si autoproclamano critiche e che criticano gli altri prima di criticare se stesse.

Il 10 luglio mi trovavo a Varsavia per partecipare a un dibattito sui valori europei e su come interpretarli sul piano politico. Il dibattito era stato organizzato dalla Commissione europea partendo dal presupposto che l'interazione tra intellettuali e politici possa dare vita a politiche migliori. Diversi membri della delegazione polacca hanno tuttavia colto l'occasione per fare un predicozzo al presidente della Commissione europea Barroso incolpandolo del (presunto) impoverimento culturale dell'Europa. Il loro tono arrogante era un sintomo della teoria che stavo sostenendo, e cioè che gli intellettuali sono spesso colpevoli di un'assertività e un autocompiacimento eccessivi nelle loro argomentazioni. Così facendo sono loro stessi ad ostacolare il dibattito di cui la loro funzione necessita.

Io ero seduta accanto a György Konrád, uno scrittore ungherese che, come Kolakowski, incarna con la sua sottigliezza e la sua umiltà la libertà di pensiero. L'ho visto strabuzzare gli occhi quando il dibattito ha assunto toni così accusatori, e annunciarmi che gli stava venendo mal di testa. L'Europa trarrebbe enormi benefici dalla presenza di altri discendenti spirituali di Kolakowski e Konrád. Anche se secondo qualcuno questa affermazione può risultare arrogante e presuntuosa. E allora è venuto il momento di ritirarmi e rimettermi in discussione.

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