Cinque referendum su Angela Merkel

La prossima serie di consultazioni in Germania, Grecia, Francia e Paesi Bassi dimostrerà se l’Europa è ancora disposta ad accettare la linea del rigore della cancelliera, che rischia nonostante la sua popolarità.

Pubblicato il 3 Maggio 2012 alle 15:27

Le prossime cinque elezioni trasformeranno profondamente la Germania. In primo luogo le due elezioni regionali che si avranno nel nord e nell’ovest della Repubblica federale [nello Schleswig-Holstein il 6 e nella Renania del nord-Vestfalia il 13 maggio] diranno se la più potente leader d’Europa ha ancora la possibilità di conservare le redini del potere.

Ma per la Germania anche le elezioni di domenica prossima in Grecia avranno un’importanza cruciale. L’Europa infatti si è battuta politicamente e ha investito molto denaro per convincere la Grecia a prendere il toro per le corna. Se i greci eleggeranno un parlamento contrario all’austerity e al risanamento delle finanze del paese, l’accordo concluso fra l’Europa e la Grecia potrebbe saltare. Questo fallimento sarebbe forse superabile sul piano economico, ma avrebbe una notevole influenza negativa sui futuri piani di salvataggio di altri paesi europei.

Oltre alla Grecia, la politica europea di Angela Merkel dovrà fare i conti anche con la Francia. Nel corso della sua campagna elettorale Nicolas Sarkozy si è molto allontanato da quello che era stato stabilito con la cancelliera ai bei tempi dell’osmosi franco-tedesca (qualche mese fa). A meno che non si tratti solo di calcoli elettorali.

Per quanto riguarda François Hollande, il suo avversario alle elezioni presidenziali e favorito dai sondaggi, la situazione è più chiara in quanto è andato molto più lontano nella sua critica della politica di rigore tedesco. E se si dovesse realizzare anche solo la metà di quello che ha promesso, ciò basterebbe a indebolire ancora di più la fragile struttura europea. Molti operatori di borsa non aspettano altro.

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Anche la quinta elezione che avrà grande influenza sulla politica tedesca ed europea si svolge all’estero, per l’esattezza nei Paesi Bassi. La coalizione cristiano-liberale sostenuta dal Pvv di Geert Wilders è crollata sotto la pressione dell’austerity. Le prossime elezioni, che si svolgeranno dopo la tregua estiva, decideranno anche la sorte politica del capo del governo, Mark Rutte, che si è rivelato uno dei partner più affidabili e capaci della cancelliera tedesca sulle questioni di politica europea.

Nei Paesi Bassi queste elezioni assumono un’importanza ancora maggiore. Dopo aver incentrato la sua politica sull’attacco ai musulmani, adesso Wilders se la prende con l’Europa. Se questa politica si dovesse rivelare vincente, una svolta del genere rischierebbe di favorire l’affermazione dei populisti euroscettici in tutto il continente. Del resto in Francia Marine Le Pen sembra avere un obiettivo preciso in caso di sconfitta di Sarkozy: dividere l’Ump e recuperare la sua ala destra, con il risultato di estendere la dinamica antieuropea al centro dello scacchiere politico.

Voto per tutti

Alla vigilia di queste cinque elezioni una cosa è certa: le consultazioni che si svolgono in Europa sono oggi tanto importanti quanto un’elezione in un Land tedesco. Tenuto conto delle ripercussioni di queste elezioni al di là delle frontiere, si potrebbe addirittura immaginare che gli elettori tedeschi partecipassero - anche in modo parziale, per esempio con un voto su cinque - alle elezioni olandesi e francesi, ovviamente a condizioni di reciprocità.

Si può infine fare un’altra considerazione: anche se si presenta come la donna forte d’Europa, Merkel non sarebbe probabilmente eletta presidente dell’Ue da parte dei cittadini europei. Se fosse eletta direttamente dal popolo tedesco, l’attuale cancelliera otterrebbe la maggioranza dei voti, ma per gli imperativi particolare che prevalgono in Germania a causa dell’attuale coalizione, malgrado la sua popolarità Merkel potrebbe vedersi ben presto privata del potere. In altre parole, Merkel guida un’Europa che non può escluderla, ma rischia di essere costretta a lasciare il potere dai tedeschi – che in fin dei conti non hanno alcuna voglia di mandarla via.

Dal punto di vista della legittimità democratica, tutto questo è quanto meno strano, per non dire assurdo. Ma è un argomento molto interessante.

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