Attualità Trattato di Lisbona
Praga, 1 gennaio 2009. Festeggiamenti per l'inizio della presidenza ceca dell'Unione (AFP).

Perché i cechi snobbano l'Europa

La Repubblica ceca, come la Polonia, non ha ancora ratificato il trattato di Lisbona perché il suo presidente blocca la procedura. A Praga, sostiene Hospodářske Noviny, si capisce ancora meno che a Varsavia che cos'è l'Europa. 

Pubblicato il 2 Ottobre 2009 alle 10:39
Praga, 1 gennaio 2009. Festeggiamenti per l'inizio della presidenza ceca dell'Unione (AFP).

Sopra il palazzo del Belvedere, nel cuore di Varsavia, dove il presidente polacco accoglie gli invitati stranieri più importanti, sventola solo la bandiera polacca. Almeno così era la settimana scorsa, in occasione di una conferenza organizzata al suo interno. Per due giorni funzionari, diplomatici e giornalisti cechi sono venuti per condividere la loro esperienza della presidenza europea con i colleghi polacchi, che la assumeranno nel secondo semestre del 2011.

I presidenti della Polonia e della repubblica ceca, Lech Kaczyński e Václav Klaus, sono quanto meno riservati di fronte a tutto ciò che ha un'etichetta europea. In un certo senso sono loro che nei rispettivi paesi guidano il dibattito pubblico sull'Unione europea, e in questo senso il presidente ceco è molto più attivo del suo collega polacco. E forse è proprio per questo che, venti anni dopo la caduta del regime comunista e cinque dopo la nostra adesione all'Ue, il concetto di "Unione europea" ci sembra svuotato del suo contenuto.

Eurolingua incomprensibile

Esiste un livello tecnico-amministrativo e i funzionari dei due stati lo hanno perfettamente trattato la settimana scorsa al palazzo del Belvedere. La loro eurolingua era talvolta incomprensibile, ma era piacevole constatare che sapevano di che cosa parlare. Gestire l'amministrazione è a quanto pare più facile che gestire l'afflusso di denaro proveniente dai fondi europei. Questo pone dei problemi a entrambi i paesi (e non solo a loro). Infatti in questo caso la frontiera tra la sfera amministrativa e quella politica non è più molto chiara, perché è nel campo della politica che si svolge la dura battaglia sui fondi europei. A livello politico infatti - questo è l'altro aspetto dell'euro - manca un vero dibattito di fondo, che potrebbe rivelarsi particolarmente utile in questi momenti di acceso dibattito sul trattato di Lisbona: che cosa vogliamo dire esattamente con "Unione europea"? Qual è il suo futuro e che cosa siamo pronti a fare per lei? Che posto ha nel programma dei partiti politici?

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Per due terzi dei cechi e dei polacchi, l'integrazione del loro paese nell'Unione europea è una cosa positiva. E quelli che non si considerano europei rappresentano nei due paesi solo un quarto della popolazione. Perché allora da un paese a un altro, dalla Polonia, dove l'euroscetticismo è considerato marginale, alla Repubblica ceca, dove al contrario l'euroscetticismo è l'opinione dominante fra le élite, il dibattito sull'Unione europea è così diverso?

La spiegazione sembra semplice e può in una certa misura applicarsi anche al dibattito pubblico ceco, di fatto inesistente, sul trattato di Lisbona: l'appartenenza della Polonia all'Unione europea è considerata dalle sue élite e dai suoi cittadini come un salto di civiltà. In primo luogo Bruxelles è una sorta di pozzo - quasi - senza fondo, che permette di finanziare la costruzione di autostrade e di ferrovie. In secondo luogo è una fucina di idee, un luogo di elaborazione di politiche e di strategie di sviluppo di ogni genere. L'Europa è anche un asse di trasmissione attraverso il quale la Polonia può esercitare un'influenza in Europa. Questa opinione si è rafforzata a Varsavia dopo l'annuncio da parte di Barack Obama dell'abbandono del progetto dello scudo antimissile in Polonia.

Il mito dell'euroscetticismo ceco

In Repubblica ceca invece si vede nell'adesione all'Unione europea un ritorno a quel circolo di nazioni di cui il nostro paese faceva parte - quello delle democrazie più sviluppate. Non si parla di salto di civiltà. Di conseguenza gli europeisti cechi non difendono con grande entusiasmo il trattato di Lisbona e lasciano che il presidente euroscettico domini lo spazio pubblico e trasmetta all'estero l'immagine falsa di un paese ostile a Bruxelles.

Ovviamente non bisogna idealizzare i polacchi e il loro nazionalismo. Ma si può invidiare l'entusiasmo e la veemenza con cui definiscono e difendono i loro interessi in Europa, la maniera con la quale i sostenitori polacchi dell'Unione europea rispondono a ogni sfida che lanciano loro gli oppositori euroscettici. Di fatto manca un dibattito di fondo sul ruolo della Repubblica ceca in Europa. Come se questo ruolo fosse stato interamente lasciato nelle mani di quegli abili tecnocrati e funzionari, che sanno perfettamente quante automobili sono necessarie per condurre una delegazione dal punto A al punto B, come riempire un formulario di richiesta di sovvenzioni di energia biomassa o qual è precisamente il significato dell'"annesso n. 1 della direttiva del ministero dell'Ambiente n. 5/2008". Ecco perché il trattato di Lisbona incontra tante difficoltà e deve subire così tante critiche nella Repubblica ceca.

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