Sostenuta da oltre l'ottanta per cento dei parlamentari del parlamento tedesco Bundestag, il 26 ottobre Angela Merkel si è recata al vertice di Bruxelles per trovare una soluzione al problema greco.
Tuttavia, la decisione presa dai dirigenti europei era già stata annunciata, quasi punto per punto, dalla cancelliera davanti ai suoi parlamentari. Sembra addirittura che Merkel non abbia neanche tenuto conto delle negoziazioni con gli altri dirigenti europei, come se in Europa non vi fosse altra posizione che la sua.
Ovviamente lo sappiamo tutti che la Germania è il paese più forte del continente. Sappiamo tutti che il suo parere conta più degli altri. Ma Berlino non può sempre avere l'ultima parola. Perché in politica non si può applicare la stessa regola del calcio, dove "alla fine sono sempre i tedeschi a vincere", come diceva un vecchio calciatore inglese.
Di fatto, oggi lo scenario sembra l’opposto. Perché nel calcio i tedeschi perdono spesso, mentre in Europa impongono sempre il loro parere e non sembrano incontrare obiezioni. Anche il presidente francese Nicolas Sarkozy viene criticato dalla stampa transalpina per il suo sostegno alle prese di posizione tedesche.
Merkel fa quel che vuole
Altri politici, come il primo ministro lussemburghese e presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, sono preoccupati dall'egemonia tedesca. Ma tutto ciò non serve a niente. Sulla Grecia, Berlino è riuscita a imporre la soluzione che prevede una ristrutturazione del 50 per cento del debito e delle profonde riforme strutturali accompagnate da misure di austerity.
Ecco, dunque, la contropartita dell'"offerta" della ristrutturazione del debito: il rigore. Anche se la Merkel ha spiegato ai suoi deputati di avere "rispetto" per i sacrifici accettati dai greci, la realtà è un’altra cosa. E questo vale tanto per la Grecia quanto per gli altri paesi come l'Italia, al di là delle reticenze di Berlusconi.
La Grecia, come l'intera eurozona, è quindi alla mercé della Germania. Quando le decisioni cruciali europee sono imposte da un paese che non indietreggia di fronte a nulla, gli altri fanno necessariamente marcia indietro. Se altri paesi non riusciranno a imporre il proprio punto di vista, l'Europa non ci guadagnerà nulla di buono. E a soffrirne maggiormente saranno i paesi più piccoli, gli anelli deboli della catena. (traduzione di Andrea De Ritis)