Solo la politica ci può salvare

L'incapacità di costruire un'Europa federale e il ripiego sull'unione economica sono alla base della crisi attuale. Per uscirne bisogna rimettere al centro la democrazia.

Pubblicato il 16 Febbraio 2012 alle 14:21

L'Europa unita è una sorta di ufo, diceva Jacques Delors, uno dei padri del progetto europeo. Delors descriveva un'Europa incerta sulla strada da seguire per la sua integrazione: da un lato attraverso l'unificazione dei mercati, dall'altro attraverso la costruzione di un'unione politica in vista di una futura federazione. La situazione attuale deriva da questa incertezza e dalla scelta fatta dall'Unione.

L'Europa ha puntato sul mercato, ritenendo questa forma di integrazione la più soddisfacente. Ci si è illusi che il mercato comune avrebbe fatto quello che i politici europei non erano pronti a fare, cioè creare un'unione politica attraverso dei legami economici, e ci si è ben guardati dal creare delle istituzioni politiche forti. Di conseguenza, con l'arrivo della crisi l'Unione si è rivelata molto vulnerabile da un punto di vista politico. Nel frattempo quei mercati che avrebbero dovuto favorire la sua integrazione sono oggi in grande difficoltà.

La debolezza dell'Ue – privilegiare il mercato sulla politica – non solo la rende impotente di fronte alla crisi, ma le impedisce soprattutto di pensare al futuro. La politica non è forse un modo per controllare il futuro? Oggi non esiste alcun progetto forte per l'Europa, e non è certo colpa della crisi. La capacità di evitare la questione della sua trasformazione è sempre stato il punto forte dell'Ue.

Perché toccare qualcosa che funzionava piuttosto bene, soprattutto quando la crescita economica assicurava la stabilità del continente? Si aveva l'impressione che il tempo si fosse fermato e che lo si potesse controllare. Perché pensare al futuro, visto che era solo una semplice estensione del presente?

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Tuttavia chi pensa di dominare il corso degli eventi ne diventa talvolta la prima vittima. Si tratta di una lezione della storia ben conosciuta, ma a quanto pare poco seguita dai dirigenti europei, se osserviamo il modo in cui l'Unione lotta contro la crisi costruendo a poco a poco lo scenario di una catastrofe politica.

L'Unione sembra reagire lentamente solo ai problemi immediati e si guarda bene dal fare un passo in avanti, anche solo per mostrare che i leader europei continuano a pensare all'Unione come a una sola entità. Si assiste invece alla tendenza opposta, quella di una divisione dell'Unione tra paesi forti e deboli, tra centro e periferia.

Ovviamente i politici europei non vogliono il crollo: sanno molto bene che sarebbe una catastrofe per la nostra società. Ma non riescono a disfarsi del loro modo abituale di agire, che considerano peraltro diverso dal passato. Dicono di voler calmare i mercati, ma lasciano i meccanismi immutati in modo che, una volta passata la crisi, i mercati possano riprendere il posto dell'integrazione politica.

Il grande problema nelle società europee è che i politici governano sempre meno, lasciando un grande vuoto al posto dell'esercizio del potere tradizionale. Viviamo in una democrazia atomizzata e individualistica, i cui dirigenti fanno fatica a decifrare le aspirazioni dei cittadini, altrettanto caotiche e individuali. Di conseguenza diventa difficile determinare chiaramente gli obiettivi di una società.

Mentre aumenta il sentimento di distacco tra i dirigenti e i cittadini, il potere e la politica in generale sfuggono ai leader politici, senza però finire nelle mani dei cittadini. L'Unione è un'espressione evidente di queste tendenze. Non solo l'Ue ha perso i suoi primi obiettivi, diventando una terra senza futuro, ma, quel che è peggio, è diventata per molti cittadini una terra di promesse tradite.

Promesse tradite

Con la disoccupazione che aumenta in modo drammatico, soprattutto fra i giovani, l'Unione europea non è più una garanzia di vita accettabile e stabile. Lo stato assistenziale europeo, uno dei pilastri tradizionali della democrazia, è in via di smantellamento. Le disuguaglianze alimentano la rabbia. La paura della povertà e del degrado sociale contagia anche società relativamente risparmiate dalla crisi.

Oggi non abbiamo alcuna idea su come uscire indenni da questa situazione. In questo caso la migliore soluzione è quella di tornare alle origini. All'inizio l'Europa unita era il progetto politico dell'unificazione del continente. Un progetto per costruire una federazione di nazioni. L'Unione è stata creata dalle nazioni e da un progetto per il futuro, ha detto il filosofo Marcel Gauchet.

Quello che ci rimane da fare quindi è costruire una federazione di nazioni. Gran parte del potere sarà affidato all'Ue, sotto il controllo delle nazioni. Questo rovesciamento della relazione con l'Unione, che oggi sfugge a qualsiasi controllo dei popoli, è di fondamentale importanza. L'Europa unita è stata costruita con la volontà dei popoli, da cui però si è allontanata, e se non la ritrova non potrà sopravvivere.

L'obiettivo attuale è non solo quello di salvare la crescita economica, ma anche e soprattutto quello di salvare la democrazia dell'Unione. I cittadini europei sono gli unici a poterlo fare, e lo faranno solo se sono convinti che ne valga la pena, se si propone loro un futuro e una politica giusta.

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