Un'immagine del film Cold Waves, di Alexandru Solomon

Radio Free Europe, la voce dei dissidenti

Durante il comunismo Radio Free Europe era l'unico mezzo per informarsi su quello che succedeva in Europa e nel mondo. Alla vigilia del ventesimo anniversario della rivoluzione che ha portato alla caduta di Nicolae Ceausescu, i romeni rendono omaggio alla radio che era diventata l'incubo del regime. 

Pubblicato il 17 Dicembre 2009 alle 16:33
Un'immagine del film Cold Waves, di Alexandru Solomon

Non so come è stato per gli altri, ma la mia vocazione al giornalismo la devo a Radio Free Europe. Senza di essa o senza Radio France Internationale (Rfi), Voice of America, Bbc e Deutsche Welle non avrei saputo dell'esistenza di alternative. Quello che succedeva più di venti anni fa in Romania è ormai già nei manuali di giornalismo, di storia e di strumentalizzazione di massa. Ma l'ascolto di Radio Free Europe ci permetteva di non rimanere isolati e di protestare contro la censura. Era la dissidenza quotidiana, incarnata dalle marche delle radio, diventate a loro volta dei simboli di resistenza: Selena, Gloria o Vef.

La storia della Romania della seconda metà del secolo scorso non può essere compresa senza tenere conto del fenomeno Radio Free Europe. Impossibile non ricordare. Chi abitava in un palazzo non poteva non sentire le interferenze che disturbavano il programma "L'attualità romena". Mentre chi abitava in una casa isolata e portava a spasso il cane durante la trasmissione del programma, non poteva non sentire le voci familiari degli animatori. Di fatto era impossibile vivere negli anni dell'"età d'oro" di Ceausescu e non aver sentito parlare di Radio Free Europe.

Radio Free Europe e Radio Liberty furono create su iniziativa del Congresso americano per contribuire alla caduta dei regimi comunisti dell'Europa centrale e orientale. Fino al 1971 la Cia e il Congresso americano si sono occupati insieme del finanziamento, in seguito solo l'organo legislativo ha finanziato queste radio. Rfe e Rl si fusero nel 1976 per diventare Rfe/Rl. Questa radio ha fornito agli ascoltatori del blocco orientale quell'informazione oggettiva, corretta e imparziale di cui questi popoli erano privi a causa della censura comunista. I programmi destinati alla Romania, cominciati nel 1951, sono cessati nell'agosto 2008, ma di fatto hanno cominciato a perdere ascoltatori alla morte dei coniugi Ceausescu, il 25 dicembre 1989, data che ha segnato la fine del comunismo in questo paese. Radio Free Europe continua oggi la sua missione, promuovendo da Praga e in 28 lingue i valori e le istituzioni democratiche. Ma il suo pubblico è cambiato: una ventina di paesi, dal Mar Baltico al Mar Nero, dalla Russia fino all'Asia centrale e al Golfo Persico.

Gli appelli al rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali provocavano la rabbia dei regimi comunisti. Nel febbraio 1981 per esempio, una bomba esplose nella sede di Monaco dell'Rfe. L'attentato, che fece un morto e quattro feriti, fu compiuto dal celebre terrorista Ilic Ramirez "Carlos" Sánchez su ordine della Securitate, la famigerata polizia politica romena. Ciò non ha impedito a Rfe di continuare a trasmettere i suoi programmi in lingua rumena, rimanendo fino alla caduta del regime l'incubo del Genio dei Carpazi. Radio Free Europe è stata la radio più influente e più efficace di tutti i tempi, e oggi le 3.500 bobine e registrazioni sono conservate all'istituto Hoover della Stanford University, in California.

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A metà dicembre una campagna nazionale per creare un Centro di ricerca e di documentazione su Radio Free Europe è stato lanciata dall'Istituto romeno di storia recente (Irir), con l'équipe di ex giornalisti del dipartimento rumeno di Rfe e con l'aiuto di media e di personalità che sono state influenza da Rfe. "Europa Liberă, Aici!" [Free Europe, qui", gioco di parole con la frase "Qui, Free Europe", che segnava l'inizio dei programmi] vuole ricordare ai romeni il ruolo che ha avuto questa radio e il suo contributo alla conquista della libertà e del benessere. Durante i primi giorni della rivoluzione del dicembre 1989, Radio Free Europe è stato l'unico medium a riferire in tutta Europa gli avvenimenti che avrebbero portato al fine del regime: "Laszlo Tokes è un pastore della chiesa riformata a Timisoara. I parrocchiani si sono riuniti davanti alla sua casa e manifestano contro il suo allontanamento organizzato dalla Securitate", cominciava la cronaca di Rfe.

"Portare gli archivi dell'Rfe nel paese e metterli a disposizione dei giovani è molto importante", afferma Liviu Tofan, direttore di Irir, per il quale "l'origine della maggior parte dei loro problemi va ricercata negli ultimi 20 anni, perché la società romena non è stata veramente in grado di discutere del periodo precedente. La corruzione e il nepotismo attuali sono nati in quel periodo. Ecco perché è importante capirne gli errori". Ritrovare questi archivi "non è un compito facile", aggiunge Tofan, "ma crediamo fermamente che la storia non abbia prezzo. Siamo l'unico paese d'Europa centrale e orientale, a parte la Bulgaria, che non ha recuperato questi archivi".

FRANCIA

Rfi abbassa la voce

I tempi cambiano, le radio anche. Dopo la Bbc e Deutsche Welle adesso è la volta di Radio France Internationale, la radio pubblica diretta all'estero, che ha soppresso alcuni programmi a causa dei bassi ascolti. Dal 19 dicembre Rfi non trasmetterà più in sei lingue (sulle 20 che conta): il polacco, l'albanese, il laotiano e il tedesco; la programmazione in turco è già terminata e quella in serbocroato finirà tra qualche settimana. Altre redazioni, come quella in romeno, sono state drasticamente ridotte, mentre le filiali di Belgrado, Sofia e Lisbona saranno vendute. La misura si inserisce nel piano di riorganizzazione del settore pubblico dei media per l'estero, che prevede la soppressione di più di 200 posti e che è stato all'origine nel maggio 2009 del più lungo sciopero del settore dal 1968 (tuttora in corso). Per Le Monde Diplomatique la ristrutturazione di Rfi, terza radio internazionale al mondo con 45 milioni di ascoltatori in 74 paesi, testimonia la perdita di importanza geopolitica di alcuni paesi, in particolare europei, agli occhi di Parigi, che privilegia altre regioni "soprattutto in Africa".

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