Rosarno, 9 gennaio 2010. Un immigrato davanti alla scritta "non sparate contro i neri". (AFP)

Il coraggio della disperazione

La rivolta di Rosarno ha alzato il velo sulle condizioni di vita degli immigrati in Italia. Ma nonostante tutto sono loro gli unici ad avere il coraggio di opporsi alle mafie, scrive Barbara Spinelli.

Pubblicato il 11 Gennaio 2010 alle 17:11
Rosarno, 9 gennaio 2010. Un immigrato davanti alla scritta "non sparate contro i neri". (AFP)

"Il futuro comincia a Rosarno perché i principali problemi della nostra civiltà si addensano qui: le fughe di intere popolazioni dalla povertà e dalle guerre (guerre spesso scatenate dagli occidentali, generatrici non di ordine ma di caos); le vaste paure che s’insediano come nebbie, intossicando la vita degli immigrati e dei locali; le cruente cacce al diverso; il dilagare di una mafia esperta in controllo mondializzato."

Su La Stampa, Barbara Spinelli commenta i fatti di Rosarno e attacca l'ipocrisia con cui certa stampa italiana ha cercato di confondere i veri termini della questione: razzismo, violenza, sfruttamento calcolato: "Abbiamo chiamato noi gli africani a raccogliere aranci, consci che nessuno lo farà a quel prezzo e per tante ore. E la tolleranza denunciata da Maroni non è verso i clandestini ma verso le condizioni in cui vivono clandestini o regolari."

Video girato a Rosarno da Medici senza frontiere nel dicembre 2009

Alla luce di questi fatti, scrive Spinelli, sarebbe opportuno lasciar perdere le oziose e strumentali ansie per l'identità italiana minacciata dalla marea dell'immigrazione: "L’identità che abbiamo perduto la recuperiamo solo se [...] scopriremo che il nostro problema irrisolto non è l’identità italiana, ma l’identità umana."

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Nuovi immigrati

Per un africano che va, un romeno che viene

"Chi vuole vedere dove e come sta maturando la prossima bomba sociale che - prima o poi - scoppierà nella Piana non ha che da andarsene un po’ in giro", scrive La Stampa. Già prima della cacciata degli africani, infatti, nella piana di Rosarno si stava già gonfiando un'altra comunità di lavoratori stagionali immigrati: quella dei romeni e dei bulgari, "'neocomunitari' che non hanno bisogno del permesso di soggiorno, che se trovati in un campo o in un cantiere all'italiano che li impiega procurano solo una multa per lavoro nero, e non una denuncia per immigrazione clandestina."

Nonostante la guerra scatenata dalla n'drangheta, gli immigrati e i loro bassi salari sono indispensabili alla fragile economia delle arance, i cui profitti calano di anno in anno. Tanto che molti agricoltori "hanno deciso di lasciarle sugli alberi accontentandosi del contributo per ettaro (800-1200 euro) dell'Unione Europea, evitando di sprecare soldi per pagare i migranti neri".

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