Frankcoforte, simbolo del capitalismo all'europea (Wolfgang Staudt)

L'Europa non è poi così male

Mentre gli oppositori della riforma sanitaria accusano Barack Obama di voler imporre la socialdemocrazia a Washington, il premio Nobel per l'economia Paul Krugman difende il modello europeo tanto odiato dai conservatori statunitensi.

Pubblicato il 12 Gennaio 2010 alle 14:27
Frankcoforte, simbolo del capitalismo all'europea (Wolfgang Staudt)

Ora che la riforma dell’assistenza sanitaria si avvicina al traguardo, tra i conservatori è pianto e stridor di denti. Perfino i più moderati hanno messo in guardia che la “cura Obama” trasformerà l’America in una socialdemocrazia come quelle europee. E tutti sanno che l’Europa ha perso da tempo il suo dinamismo economico.

Strano a dirsi, però, ciò che tutti sanno non è affatto vero. L’Europa ha i suoi problemi economici, certo, e chi non ne ha, del resto? Ma ciò che si sente dire incessantemente dell’Europa - della sua economia stagnante in cui alte tasse e generosi benefit sociali hanno compromesso gli stimoli e paralizzato la crescita e l’innovazione - ha ben poco in comune con la realtà, indiscutibilmente e sorprendentemente positiva. La lezione europea è esattamente il contrario di ciò che i conservatori credono: l’Europa è un successo economico, e quel successo dimostra che la socialdemocrazia funziona.

A dirla tutta, il successo economico europeo dovrebbe essere ovvio ed evidente, anche senza ricorrere alle statistiche. Mi rivolgo agli americani che hanno visitato Parigi: vi è parsa forse una città povera e arretrata? E che dire di Francoforte o Londra? Bisogna sempre ricordare che quando si deve scegliere se dar retta alle statistiche economiche ufficiali o ai propri ingannevoli occhi, sono questi ultimi a spuntarla.

Una crescita differente

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In ogni caso, le statistiche non possono che confermare l'osservazione. È vero che l’economia statunitense è cresciuta più rapidamente di quella europea nella generazione passata. Dal 1980 – quando la nostra politica ha svoltato bruscamente verso destra, diversamente dall’Europa – il prodotto interno lordo reale americano è cresciuto, mediamente, del 3 per cento annuo. Nel frattempo l’Ue-15 – il blocco di 15 paesi che appartenevano all’Unione Europea prima del suo allargamento – è cresciuto soltanto del 2,2 per cento annuo. L’America ha vinto!

O forse no: questo dato infatti significa soltanto che noi abbiamo avuto una più rapida crescita della popolazione. Dal 1980 il prodotto interno lordo pro-capite reale – ciò che più conta davvero, in funzione degli standard di vita – è salito più o meno della stessa percentuale sia in America sia nell’Ue-15, del 1,95 per cento qui, dell’1,83 per cento in Europa. E che dire della tecnologia? Alla fine degli anni novanta si poteva sostenere che la rivoluzione nelle tecnologie informatiche avesse solo sfiorato l’Europa. E invece l’Europa ha recuperato, e su più fronti. La banda larga, in particolare, è diffusa tanto in Europa quanto negli Stati Uniti, con la sola differenza che in Europa è molto più veloce e a buon mercato.

L’occupazione? In questo settore l’America ha performance indubbiamente migliori. I tassi di disoccupazione in Europa sono di solito molto più alti di quelli americani, e la percentuale della popolazione occupata è inferiore. Detto ciò, se avete in mente milioni di adulti in età da lavoro che se ne stanno con le mani in mano e vivono di sussidi, fareste bene a cambiare idea: nel 2008 nell’Ue-15 c’era un’occupazione dell’80 per cento degli adulti di età compresa tra 25 e 54 anni (l’83 per cento in Francia). La percentuale è più o meno la stessa negli Stati Uniti. Gli europei sono solo meno propensi a lavorare quando sono molto giovani o molto anziani. Ma siamo così sicuri che sia proprio un’ idea malvagia? Oltretutto, gli europei sono alquanto produttivi: lavorano un numero inferiore di ore, ma in Francia e in Germania il loro indice di produttività è vicino ai livelli statunitensi.

Avversione ideologica

Non che l’Europa sia un’utopia. Come gli Stati Uniti, anch'essa sta avendo problemi a uscire dall’attuale crisi finanziaria. Come quelle statunitensi, anche le grandi nazioni europee devono far fronte a gravi problemi fiscali che perdurano da tempo e come i singoli stati degli Stati Uniti anche alcuni paesi europei vacillano sull’orlo della crisi fiscale (la California è oggi la Grecia americana, in senso negativo naturalmente). Se però consideriamo le cose da una prospettiva a lungo tempo, l’economia europea funziona e cresce tutto sommato come la nostra.

Allora perché tanti sapientoni hanno un’immagine così diversa dell’Europa? Perché secondo il dogma economico prevalente in questo paese la socialdemocrazia di stampo europeo dovrebbe essere un disastro completo. E la gente tende a vedere soltanto ciò che vuole vedere. Dopo tutto, se i rapporti sul crollo economico europeo sono enormemente esagerati, i rapporti sulle sue alte tasse e i suoi generosi benefit non lo sono affatto. Le tasse nelle più importanti nazioni europee vanno dal 36 al 44 per cento del pil, rispetto al 28 degli Stati Uniti, ma l’assistenza sanitaria universale è appunto universale e la spesa sociale è decisamente superiore a quanto sia qui in America.

L’Europa è molto spesso presa a esempio e monito, a dimostrazione che cercare di rendere meno crudele l’economia e prendersi cura dei cittadini quando sono colpiti dalla sventura puoi significare arrestare il progresso economico. Di fatto, l’esperienza europea ci insegna esattamente il contrario: la giustizia sociale e il progresso possono procedere di pari passo. (ab)

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