Barack Obama circondato dai leader europei alla conferenza sul clima di Copenaghen, nel dicembre 2009. (AFP)

Obama e i ventisette nani

Declinando l'invito al prossimo vertice Ue-Usa, Barack Obama ha messo l'Europa di fronte alle proprie debolezze. Invece di offrire un unico interlocutore europeo, il trattato di Lisbona ha finito per moltiplicarli, confondendo i partner internazionali. 

Pubblicato il 3 Febbraio 2010 alle 17:46
Barack Obama circondato dai leader europei alla conferenza sul clima di Copenaghen, nel dicembre 2009. (AFP)

"Dopo il fallimento di fronte alla Cina in occasione della conferenza sul clima di Copenaghen, l'Europa si ripeterà davanti agli Stati Uniti?" si chiede Le Figaro all'indomani dell'annuncio del forfait di Barack Obama in occasione del vertice Ue-Usa previsto per maggio. Quello che è certo, aggiunge il Wall Street Journal, è che "la posizione dell'Europa sulla scena mondiale non è stata brillante in questi ultimi tempi". Non deve stupire quindi che gli Stati Uniti siano "stanchi delle dispute tra i leader europei. Una stanchezza che si riflette nel tono della dichiarazione americana che annulla la partecipazione di Obama al prossimo vertice Ue-Usa", scrive la Süddeutsche Zeitung, che osserva come Washington subordini ogni nuovo vertice bilaterale a un accordo tra gli europei sulle loro competenze. "Il fatto che gli americani ricorrano al trattato di Lisbona per giustificare l'assenza di Obama non manca di ironia.

Il rimedio peggiore del male

Per i dieci anni durante i quali gli europei hanno discusso della riforma, si sentiva spesso l'argomento seguente: se vogliamo essere ascoltati dal mondo, dobbiamo parlare con una voce sola. Adesso il trattato di Lisbona è in vigore, ma invece di parlare con una voce sola l'Ue ne utilizza almeno quattro. Non deve stupire quindi che questi strani accordi tra europei non riscuotano grande successo tra gli americani", sottolinea il quotidiano tedesco. Per il Wsj l'Unione ha adesso "un numero eccessivo di presidenti: quello del Consiglio, Herman Van Rompuy; quello della Commissione, José Manuel Barroso, e la presidenza di turno dell'Unione, in questo momento affidata alla Spagna".

Obama ha preso la decisione giusta, osserva Ilana Bet El. Per l'editorialista del Guardian, dopo la ratifica del trattato di Lisbona "Bruxelles deve fare i conti con le sue stesse istituzioni". Le dispute interne su "chi fa cosa in base alle nuove regole" si moltiplicano e i paesi membri sono "concentrati solo sui loro problemi: la Gran Bretagna sull'inchiesta sull'Iraq, i francesi sul dibattito sull'identità nazionale e l'Italia sugli scandali di Berlusconi". Nel suo blog dedicato all'Unione europea, l'Economist osserva che alcuni diplomatici americani "avevano parlato dell'incubo vissuto da Obama in occasione della sua prima visita a Praga l'anno scorso, quando si era trovato in un vertice Ue-Usa privo di qualsiasi interesse. Dopo la riunione i responsabili americani si erano lamentati del fatto che i 27 leader nazionali avevano detto tutti le stesse cose a Obama, prima di litigare per figurare al suo fianco davanti ai fotografi".

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La figuraccia di Zapatero

L'annullamento della visita di Obama non dovrebbe offendere troppo i leader europei, osserva Antonio Missiroli sull'Independent: da un lato perché, come afferma il direttore dell'European Policy Centre, questo vertice non ha grande importanza, "perché non c'è alcun dossier cruciale all'ordine del giorno e l'Ue lo ha voluto soprattutto per questioni formali"; dall'altro "perché l'annullamento può anche essere interpretato come una sorta di complimento", ironizza Gideon Rachman sul Financial Times, perché "al contrario dell'Afghanistan, del Pakistan, della Cina o della Russia, Obama considera l'Europa un posto tranquillo, in grado di cavarsela da sola".

El País osserva invece che a Madrid, che si disputava con Bruxelles il privilegio di accogliere il vertice, la mancata presenza di Obama ha provocato disappunto e mette in evidenza i facili entusiasmi del governo spagnolo, "l'enfasi con la quale aveva dato per scontato l'arrivo del presidente americano" e la "patetica fiducia" del premier José Luis Zapatero. Quest'ultimo, che deve affrontare una grave crisi economica, puntava infatti "sugli effetti taumaturgici delle foto ricordo" con Obama. Ma la causa dell'assenza di quest'ultimo va cercata altrove, osserva il quotidiano spagnolo: "in difficoltà nei sondaggi", Obama ha deciso di "mettere in secondo piano la politica estera" e di concentrarsi sull'economia e sulle politiche sociali. (adr)

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