"Da quando nel ‘79 ha cominciato ad essere eletto a suffragio universale, l’europarlamento ha visto crescere i propri poteri, ma insieme svaporare l’interesse dei propri elettori." Eppure l'80 per cento della legislazione nazionale nasce in seno all'Unione e i benefici dell'appartenenza sono tanti, dalla protezione contro l'instabilità politico-economica alle tante norme a tutela dei cittadini.
Per Adriana Cerretelli, la spiegazione va cercata nel progressivo distacco dell'Unione dagli ideali postbellici di riconciliazione che avevano presieduto alla sua fondazione. "Perso il vecchio marchio di legittimità, popolare, comprensibile e condivisibile da chiunque, il progetto europeo non ha saputo darsene un altro. È diventato freddo e tecnocratico, una macchina super-complicata per sfornare regole, divieti, intrusioni a getto continuo". Il resto l'hanno fatto un affrettato allargamento a est e un approccio confuso alla questione dell'immigrazione.
Un'Europa, insomma, che non si è rivelata capace di unire, ma "piuttosto di dividere: tra accresciuti divari di ricchezza, delocalizzazioni, aiuti di stato, nazionalismi mai morti, istituzioni deboli, prepotenze dei più forti." La sorpresa manifestata di fronte alle previsioni di un astensionismo record è quindi del tutto fuori luogo: piuttosto che rimproverare i cittadini, i governi dovrebbero rendersi conto per primi che l'Europa unita non è mai stata così necessaria.