Hollande, l’attesa è finita

Il candidato socialista ha battuto Nicolas Sarkozy con il 51,62 per cento dei voti. A oltre trent’anni dalla vittoria di Mitterrand, la sinistra francese può di nuovo festeggiare la conquista della presidenza.

Pubblicato il 7 Maggio 2012 alle 11:23

La gioia. La gioia immensa. Quella di vedere la chiusura di una parentesi, la fine di una maledizione. E in che modo! François Mitterrand non dovrà più essere considerato un’anomalia della storia, ma il primo presidente di sinistra. Oggi ce n’è un secondo, François Hollande.

Per il popolo di sinistra il 2012 fa rivivere il 1981, ridà vita e colore a delle immagini invecchiate, ingiallite, che sembravano confinate ai libri di storia, ai ricordi intimi dei più grandi o dei ragazzi che alcuni di noi erano allora. Il 2012 cancella anche il 21 aprile 2002 [quando il candidato di estrema destra Jean-Marie Le Pen escluse dal ballottaggio quello socialista Lionel Jospin], questa piaga, questa ferita. Dieci anni dopo il torto di aver visto una sera la sinistra cancellata dal paesaggio politico francese è stato riparato.

Che cosa significa votare a sinistra? Significa dire, nonostante l’individualismo delle società contemporanee, che un “noi” esiste; che idee come giustizia, uguaglianza, condivisione e solidarietà possono e devono organizzare la vita pubblica, come quelle istituzioni e quei beni pubblici creati dal Consiglio nazionale della resistenza che sono stati fatti prima di noi e che sopravviveranno dopo averci modellato; che è possibile andare contro i valori attuali per far vivere quello che ci unisce invece di seguire passivamente il corso delle cose, di ascoltare la voce che è dentro di noi e che ci impegna a non vivere le nostre vite in difesa degli interessi individuali.

In una Francia degradata, che avrebbe potuto fare la scelta di chiudersi dietro delle fantomatiche frontiere rievocando il suo passato, la vittoria di Hollande dimostra che il paese ha preferito la speranza. Guardare avanti e non indietro. Assaporiamo questo momento in cui un popolo ha deciso di fare questa scelta, e di guardare al futuro. Perché questo è ormai il compito che aspetta Hollande. Risollevare il paese, rifare la società, ridurre le disuguaglianze tra i francesi, indipendentemente da chi sono e da dove vengono.

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Ma per fare tutto questo bisogna soprattutto disegnare il futuro. Mostrare che la Francia non è solo un patrimonio, una storia, una grandezza del passato; che può anche proiettarsi nel futuro e sapersi reinventare. Questa pagina bianca, preoccupante per molti aspetti, esaltante per altri, aspetta solo di essere scritta. In modo risoluto e tassativo, per non deludere questo voto e la fiducia che i francesi manifestano ancora nella capacità della politica di cambiare le cose, non potendo cambiare la vita. Il lavoro è appena cominciato e già domani sarà gravoso. Ma oggi dobbiamo essere felici e vivere in tutta la sua pienezza questo bel mese di maggio.

Da destra

Evitare una crisi europea

François Hollande “è il presidente di tutti i francesi”, ammette Le Figaro. “Così vuole la democrazia. Salutiamo questa elezione come l’espressione della volontà della maggioranza. E dunque benvenuto, signor presidente”. Secondo il quotidiano conservatore, sostenitore di Nicolas Sarkozy,

la storia giudicherà il mandato [del presidente uscente] e ricorderà che nonostante abbia dovuto affrontare la crisi economica e finanziaria più grave degli ultimi cinquant’anni [Sarkozy] ha comunque realizzato riforme importanti nel campo dell’università, della ricerca, della giustizia, delle pensioni, della riduzione della spesa pubblica, dell’estensione dei diritti civili… Inoltre ha difeso fieramente lo status della Francia sulla scena internazionale e ha giocato un ruolo di primo piano nel salvataggio dell’Europa e dell’euro.

Secondo Le Figaro per il nuovo presidente

la crescita costituisce una priorità tanto quanto il ritorno all’equilibrio. Molti dei nostri partner condividono questo approccio, compresa Angela Merkel. Ma bisogna ancora mettersi d’accordo sulle modalità per stimolare la crescita, e accettare le riforme strutturali necessarie. Inoltre è necessario evitare il ricorso massiccio alla tassazione come sostitutivo dei tagli alla spesa. Senza un accordo europeo non si potrà fare nulla, e il modo migliore di raggiungerlo sarebbe quello di abbandonare la strana idea di una rinegoziazione del patto di stabilità e accettare una postilla sulla crescita. In questo modo si potrà scongiurare il rischio di una nuova crisi europea.

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