Verso l’uscita

Al vertice del 23 maggio i leader europei hanno finalmente dimostrato di voler superare le loro divisioni. La mediazione su eurobond e integrazione è un primo passo in avanti.

Pubblicato il 24 Maggio 2012 alle 12:25

Nell’Unione vi è una grande differenza fra un vertice e un vertice informale. Il vertice ufficiale dovrebbe portare a delle decisioni, mentre un vertice informale, come quello di ieri sera, ha solo lo scopo di stabilire dei rapporti di forza fra le diverse posizioni e delineare quei compromessi che sono l’essenza stessa dell'Unione.

È quello che è successo ieri. Nelle circa sei ore di discussione François Hollande ha mosso le sue pedine di fronte alla cancelliera tedesca, che ha ripetuto che “gli eurobond non rappresentano un contributo alla crescita”. Sostenuta da diversi paesi fra cui Svezia, Finlandia e Paesi Bassi, Angela Merkel ha ribadito la sua opposizione a questa idea difesa dalla Francia di mutualizzare i debiti degli stati membri in modo che tutti - fornendo una garanzia comune - possano beneficiare di tassi uguali e largamente inferiori a quelli che sono oggi imposti ai paesi più deboli.

Ma questa idea non ha raccolto dei consensi unanimi e, come previsto, non è stata accettata. Tuttavia la situazione si è modificata. Oltre alle solide convergenze sulla necessità di investimenti comuni, si è ormai constatato - una novità - che gli eurobond sono visti con favore nella maggior parte dei paesi dell'Unione, compreso il Regno Unito che di solito blocca tutto quello che può portare a una maggiore integrazione delle politiche europee.

Oggi il dibattito non è più tra governi liberali e socialdemocratici o tra paesi favorevoli a un’Europa delle nazioni e i sostenitori del federalismo. Il dibattito ha assunto un carattere molto più pragmatico sui modi migliori per rilanciare la crescita e per ristabilire i conti pubblici - un “dibattito equilibrato”, ha osservato Merkel - e si è concluso con la definizione di una tabella di marcia.

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Il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy è stato incaricato di presentare al vertice del 28 giugno un rapporto sulle fasi di “approfondimento dell’Unione monetaria” e in particolare “sugli eurobond in una prospettiva di lungo termine, su una supervisione delle banche più integrate e su uno schema comune dei depositi bancari”.

Invece di litigare, gli europei si sono mostrati determinati ad avviarsi verso una maggiore integrazione economica e a inserire la questione degli eurobond in questa dinamica. Il discreto e abile van Rompuy avrà cinque settimane per mettere a punto tutto questo e per superare l’opposizione di chi non ammette più che i paesi deboli non abbiano un soldo da investire nella loro crescita perché devono finanziarsi a dei tassi insostenibili e chi invece, come Merkel, teme che questi paesi abbandonino i loro sforzi di risanamento non appena potranno indebitarsi a condizioni migliori.

Fra queste due posizioni l’unico compromesso possibile era quello di stabilire delle più ampie regole comuni e di spingere l’integrazione ancora più lontano. È quello che gli europei hanno deciso di fare, e se ci riusciranno l’Unione avrà fatto un grande passo avanti, come sempre sul filo del rasoio.

Dalla Germania

Merkozy è morto e sepolto

Il vento a Bruxelles è cambiato, nota Die Zeit all’indomani del vertice del 23 maggio: insediatosi da meno di dieci giorni, il presidente francese François Hollande ha rotto l’intesa che caratterizzava la coppia Merkel-Sarkozy e ha spinto la cancelliera sulla difensiva con le sue proposte sulla crescita e sugli eurobond. Resta da capire se le idee di Hollande saranno abbastanza solide da affrontare la crisi:

Ma qual’è la vera differenza che fa Hollande? Cosa resterà di tutte queste smargiassate, dagli eurobond al patto per la crescita, quando lo slancio iniziale sarà passato e la crisi avrà stritolato il nuovo presidente? Hollande ha approfittato dei suoi primi giorni al potere per influenzare l’agenda dell’Europa. Non è riuscito a isolare Merkel, ma l’ha messa sulla difensiva. In ogni caso il “no” [della cancelliera] è una posizione difficile da mantenere, se non cambieranno le cose. E sarà ancora più difficile da mantenere se l’altro continuerà a fare proposte.

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