Dublino, novembre 2009. Manifestazione contro i tagli. (AFP)

Addio salario fisso

Per affrontare debiti pubblici fuori controllo, diversi stati europei hanno adottato cospicui tagli salariali. Una misura impopolare ma inevitabile dato che non è più possibile ricorrere alla svalutazione.

Pubblicato il 12 Marzo 2010 alle 16:13
Dublino, novembre 2009. Manifestazione contro i tagli. (AFP)

“Il santuario dello stipendio statale intoccabile non c'è più”, scrive Mario Margiocco sul Sole 24 Ore. La decisione del governo greco di ridurre del 7 per cento gli stipendi dei dipendenti pubblici ha fatto scalpore, ma non è stato il primo provvedimento simile innescato dalla crisi economica. Di fronte al crollo delle proprie finanze la Lettonia, invece di procedere alla svalutazione della moneta nazionale, ha preferito adottare una vera e propria “svalutazione interna”: gli stipendi dei dipendenti sono stati ridotti addirittura del 20 per cento. La misura ha scatenato proteste, ma il vero scandalo è stata la scoperta da parte di un gruppo di hacker che i dirigenti di banche e imprese che avevano difeso la necessità di sacrifici per tutti non avevano perso neanche un centesimo dalle loro buste paga.

Con l’estendersi della crisi, casi del genere si sono ripetuti anche in Irlanda, Ungheria e Gran Bretagna, dove l’ira popolare si è abbattuta sul dirigente sindacale Mark Serwotka, che nonostante i tagli accettati per i suoi rappresentati ha guadagnato nel 2009 la bellezza di 110mila sterline. Il fatto è che le generazioni attuali sono cresciute nel mito dell’aumento continuo del benessere, e solo i più vecchi ricordano una simile gelata salariale. Avvenne negli anni trenta, in corrispondenza dell’ultima grande crisi, e non fu ben accolta neanche allora: i marinai britannici, a cui furono imposti tagli del 10 per cento, arrivarono addirittura ad ammutinarsi.

Piani di risanamento

L'austerity non piace a nessuno

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Venerdì 5 marzo la Grecia è stata paralizzata da uno sciopero dei trasporti pubblici e dei controllori di volo. Il giorno prima era stato il Portogallo ad affrontare lo sciopero dei funzionari pubblici. Tali proteste sono dovute ai tagli salariali previsti dai piani di salvataggio adottati da questi paesi in difficoltà. In Grecia si parla di una riduzione del 30 per cento della tredicesima e del 60 per cento della quattordicesima per i dipendenti pubblici. In Portogallo gli stipendi del settore pubblico dovrebbero essere congelati. Anche le pensioni sono nel mirino. I piani di austerity provocano inevitabilmente un rallentamento economico che si traduce nella perdita di posti di lavoro nelle imprese private, e la crescita della disoccupazione porta con sé il calo delle remunerazioni da esse erogate. Il problema è che queste misure sono tanto più insopportabili in quanto i cittadini che le subiscono non erano convinti di vivere al di sopra dei loro mezzi, ma solo di inseguire il tenore di vita dei loro vicini europei. Alain Faujas, Le Monde (estratti).

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