Angela Merkel al Bundestag, Berlino, 12 novembre 2009. (AFP)

La scelta di Angela

Nonostante i pianti e lamenti dei paesi in crisi, Angela Merkel ha imposto la disciplina fiscale all'Europa col pugno di ferro. La posta in gioco era troppo alta: il risultato del lavoro politico di generazioni di europei.

Pubblicato il 25 Marzo 2010 alle 16:51
Angela Merkel al Bundestag, Berlino, 12 novembre 2009. (AFP)

La politica estera tedesca sta attraversando la peggiore crisi degli ultimi decenni. Non che se ne siano accorti in molti. Ma la crisi ha isolato la Germania in Europa come non accadeva da molti anni. La Germania sembra essere improvvisamente tornata al tempo infausto in cui era considerata l'attaccabrighe d'Europa, lo stato egemone. Un'egemonia economica, stavolta. Dopo troppe guerre, la Germania ha deciso prudentemente di puntare sulla forza civile – la sua potenza economica. Ha creato istituzioni che l'avrebbero dovuta riconciliare con i suoi vicini, mettendola in una posizione egemonica al centro del continente. Così facendo però la Germania ha dimenticato la vecchia regola della scuola: il primo della classe non è mai amato. I vicini sono tornati a vedere la Germania come un odioso secchione. In Grecia hanno rispolverato le bandiere con le svastiche. In Gran Bretagna gli oppositori dell'euro hanno tirato un sospiro di sollievo: hanno sempre temuto che la Germania avrebbe potuto utilizzare la moneta unica per dominare l'Europa.

Ormai è evidente: con la moneta unica, la Germania si approfitta in maniera sproporzionata del mercato comune; grazie ai salari più bassi, alla maggiore produttività e alla migliore qualità domina le esportazioni europee, giocando a un livello irraggiungibile per le economie più piccole. La Germania vive bene la parte del “dealer”, e gli ossessionati dal consumo comprano le Mercedes e le Bmw. I titoli di stato – come ad esempio quelli greci – sono stati acquistati preferibilmente anche dalle banche tedesche. La Grecia è la prima tessera del domino che minaccia di cadere, sotto il doppio peso della crisi economica globale e delle debolezze interne, corruzione e malaffare. Anche Spagna e Portogallo sono a rischio. Ma la Germania ha mostrato di avere un cuore di pietra. Nessuno si deve aspettare aiuto, ha fatto sapere la cancelliera di ghiaccio. Un intervento finanziario europeo è impossibile, perché le regole non lo consentono.

Regole per tempi differenti

Le regole: chi vuole comprendere il disastro europeo deve guardare alle regole. Queste regole non prevedevano la coincidenza della crisi economica, dei deficit giganteschi e della corruzione. Le regole non sono state pensate per la bancarotta: sono state progettate per fare della Germania la colonna portante di tutte le economie nazionali europee. Chi ha scritto le regole ignorava che una moneta unica richiede anche una amministrazione e una politica economica comune. Il mercato interno non può reggere da solo.

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Se ora questo mercato dovesse crollare, se persino la moneta unica non dovesse più funzionare, allora sarebbe minacciato il lavoro politico di un'intera generazione: l'Unione europea. Angela Merkel deve aver pensato a tutto questo negli ultimi giorni. Doveva aiutare la Grecia, violando tutte le regole, mettendo in pericolo l'euro, e invitando gli speculatori all'assalto di Spagna e Portogallo? E contemporaneamente provocare anche una tempesta politica interna, con l'opposizione che poche settimane prima del voto regionale in Nordrehin-Westfalen chiede se sia giusto che il tesoro tedesco finanzi la tredicesima e la quattordicesima dei greci? Doveva forse far scattare una causa costituzionale da parte degli oppositori dell'euro, un'opportunità che i nemici della moneta unica aspettano da dieci anni?

Il gioco non vale l'Unione

In breve: Angela Merkel ha dovuto chiedersi se era il caso di mettere in gioco il più importante strumento di politica estera di Berlino, l'Unione europea, oppure attenersi alle regole, ignorare grida e proteste e riportare in Europa la disciplina, una delle temibili virtù tedesche. Merkel ha scelto il rigore, e in questo è stata aiutata dal presidente francese Nicolas Sarkozy, che avrebbe anche sforato di qualche euro, ma si è fatto convincere dalla cancelliera. Ora Angela gli deve un favore.

Allo shock ha fatto seguito la consapevolezza che l'Europa ha un problema urgente. La sua moneta ha bisogno di una politica economica e finanziaria comune. Ha bisogno di regole per stabilire le procedure con i paesi deboli e di redini per i paesi forti. Il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble sembra averlo riconosciuto, quando parla di dure sanzioni e di controlli amministrativi. Ricompare la vecchia idea di una vera Unione europea. Merkel ha compreso che durante la tempesta non è il caso di alzare nuove vele. Prima bisogna riparare la nave. A pochi mesi dalle fatiche del trattato di Lisbona, l'Europa ha già una nuova, grande sfida davanti a sé. (nv)

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