La ratifica del trattato di Münster (uno dei trattati di Westfalia), di Gerard ter Borch (1648).

Monti e Rajoy danno addio alla sovranità

L’accordo stretto a Bruxelles su richiesta di Spagna e Italia implica una massiccia cessione di sovranità da parte dello stato nazione, tre secoli e mezzo dopo la sua nascita con il trattato di Westfalia.

Pubblicato il 2 Luglio 2012 alle 15:48
La ratifica del trattato di Münster (uno dei trattati di Westfalia), di Gerard ter Borch (1648).

La settimana scorsa abbiamo utilizzato lo splendido episodio della battaglia di Waterloo contenuto ne La Certosa di Parma, secondo grande romanzo di Standhal, per descrivere una sensazione sempre più diffusa nella vertiginosa spirale della crisi: ci sentiamo immersi in un caos terrificante e per quanto analizziamo le opinioni degli specialisti non riusciamo ad afferrare il senso di ciò che accade davanti ai nostri occhi. Non abbiamo un canale di comunicazione diretto con lo stato maggiore e in fondo abbiamo il sospetto che nemmeno i vertici abbiano una visione chiara della situazione. Un caos digitalizzato, insomma. Siamo tutti Fabrizio del Dongo, il giovane italiano che partecipa alla battaglia di Waterloo senza sapere che sta andando a Waterloo.

Questa settimana si annuncia invece più luminosa. Le notizie arrivate venerdì da Bruxelles hanno in parte diradato la nebbia che avvolgeva l’Europa dopo le drammatiche elezioni greche (che tra l’altro abbiamo già dimenticato, perché la memoria mediatica è come quella dei rettili). Italia e Spagna si sono messe di traverso ai piani tedeschi e hanno forzato l’adozione di tre misure chiave, che in linea di principio potrebbero alleviare il calvario della loro popolazione. I due paesi hanno stretto un’inedita alleanza dell’ultim’ora per evitare una umiliazione dalle conseguenze gravissime per la loro politica interna. In sostanza hanno scoperto che insieme possono avere un peso in Europa.

Un ulteriore declassamento del debito pubblico avrebbe spinto il governo di Mario Monti verso un amaro fallimento (c’è chi sostiene che il primo ministro italiano abbia addirittura minacciato di dimettersi durante il vertice di Bruxelles), rafforzando lo scenario di elezioni anticipate in autunno. Nonostante l’elegante facciata messa in piedi da Monti e dai suoi ministri tecnici, in Italia il momento è delicatissimo. Il sistema politico si sta disintegrando: il centrodestra deve reinventarsi dopo la debacle berlusconiana; il centrosinistra (Partito democratico) è in testa nei sondaggi ma gli mancano coerenza e slancio; il comico Beppe Grillo, fondatore di un movimento antipolitico chiamato Cinque stelle, raggiunge il 20 per cento in alcuni sondaggi; Berlusconi - molto interessato dal fenomeno Grillo - ha tirato fuori dalla cantina la bandiera del ritorno alla lira; il Vaticano, infine, non attraversa uno dei suoi momenti migliori e non è in grado di triangolare alleanze in mezzo a questa tormenta barocca dove l’unica figura di riferimento è quella del presidente della repubblica Giorgio Napolitano.

I servizi segreti federali tedeschi, controllati direttamente dalla cancelleria, avranno sicuramente informato Angela Merkel dei rischi legati al caos politico italiano. Aggiungiamoci i calcoli sui costi reali di un eventuale scioglimento dell’euro ed ecco che possiamo capire come mai venerdì mattina a Bruxelles la cancelliera avesse un’espressione così rabbuiata. Merkel ha tirato la corda, ma alla fine ha dovuto cedere quando si è ritrovata davanti all’abisso.

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“Ci siamo allontanati dall’orlo del precipizio ma il cratere si sta allargando e ci sta rincorrendo”. Questa frase pronunciata da Mario Monti venti giorni fa, alla vigilia delle cruciali elezioni in Grecia, ci offre una chiave per interpretare ciò che sta accadendo a Bruxelles. Cos’è che ha allargato il cratere? Di sicuro un impatto di rilievo lo hanno avuto i problemi legati alla capitalizzazione della banca spagnola Bankia.

Il sospetto generalizzato - e non ancora fugato - è che la situazione spagnola sia molto peggiore di quanto non abbiano ammesso i due governi che hanno guidato il paese negli ultimi sette mesi. Ne sono convinti in molti, soprattutto in determinati circuiti della City di Londra. A differenza dell’Italia, però, la Spagna non ha problemi di instabilità parlamentare. L’attuale governo può contare su una maggioranza assoluta di 186 seggi e su un mandato solido per i prossimi 4 anni che rappresenta il vantaggio principale di Mariano Rajoy.

Il premier spagnolo non ha una posizione precaria come quella di Monti, ma un intervento formale di Ue e Fmi nell’economia del paese potrebbe esercitare una fortissima erosione [politica] sul suo governo. A Bruxelles Monti si giocava la sopravvivenza, Rajoy invece le sue prospettive. L’alleanza tra i due, insomma, era l’unica soluzione. Nelle 48 ore che hanno preceduto il vertice di Bruxelles, Monti e Rajoy si sono parlati per ben tre volte.

Westfalia 2.0

Restano da definire i dettagli. Delle tre misure stabilite a Bruxelles, la più tangibile riguarda l’annullamento della priorità concessa ai creditori e la conseguente penalizzazione per chi ha investito nel debito pubblico spagnolo. Teoricamente è stato tagliato il filo rosso che collegava il timer del prestito con la carica esplosiva dello spread. Diversamente dal primo, gli altri due provvedimenti richiederanno più tempo prima di dare i loro frutti. La ricapitalizzazione del sistema bancario senza impatto sul debito pubblico dipende dalla rapidità con cui la Banca centrale europea assumerà il ruolo di supervisore del sistema bancario dell’Unione.

Si tratta di un grande cambiamento: Francoforte controllerà in sostanza l’intero sistema bancario europeo (Regno Unito escluso, naturalmente). Questa monumentale cessione di sovranità, come prevedibile, sta scatenando il terrore a Londra. Il terzo provvedimento, l’acquisto di titoli di debito da parte dei fondi di salvataggio europei, sarà regolata da alcuni memorandum. Non ci saranno uomini in nero a curiosare nei ministeri di Madrid e Roma, ma verranno comunque stabilite clausole di controllo, che la Germania e i suoi alleati utilizzeranno come risarcimento del colpo di scena di Bruxelles. A tal proposito bisogna tenere presente che tra un anno in Germania si terranno le elezioni politiche.

Gli avvenimenti dell’ultima settimana rendono un po’ meno confusa la Waterloo di Standhal. Questa maggiore chiarezza ci riporta a un altro fatto storico precedente alla battaglia che sancì la fine di Napoleone, ma non meno significativo. Si tratta della Pace di Westfalia (1648), i cui trattati scardinarono lentamente il vecchio scenario imperiale europeo costruito attorno a Roma: il mosaico tedesco del Sacro romano impero, il Papa e il potente (ma indebitato) impero coloniale spagnolo. La Pace di Westfalia aprì le porte alla nuova sovranità nazionale, incarnata dalla Francia del cardinale Mazarino, e segnò la nascita dell’Europa degli stati nazione, rafforzata dalla Rivoluzione francese.

Forse siamo tornati alla Pace di Westfalia senza renderci conto di essere in Westfalia. Le pale del mulino della sovranità nazionale hanno cominciato a girare al contrario e oggi per salvare l’euro bisogna cedere competenze al centro imperiale. È in atto una sorta di Westfalia 2.0, insomma, e gli spagnoli e gli italiani non potranno far altro che accettarlo. L’interrogativo principale a questo punto riguarda la Francia, quintessenza dello stato nazionale. Il fantasma del cardinale Mazarino presto farà muovere i mobili nelle stanze dell’Eliseo. Senza dimenticare che la Pace di Westfalia avviò un processo che durò oltre trent’anni.

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