Banca mangia Grecia in A2

Le banche o i cittadini?

Un'inarrestabile spirale di bailout sta avvolgendo l'Europa senza riuscire a rassicurare i mercati. Sarebbe meglio smetterla con i prestiti d'emergenza e lasciare le banche al loro destino.

Pubblicato il 17 Maggio 2010 alle 14:20
Banca mangia Grecia in A2

Stiamo attraversando un momento storico. L'impetuosa ripresa seguita all'approvazione del piano salvaeuro si è già esaurita. La moneta unica è tornata a perdere valore rapidamente. L'instabilità dei mercati suggerisce che il massiccio finanziamento congiunto di Unione europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea non sarà sufficiente a salvare l'Europa dalla crisi. La gente s'interroga sul senso del mega assegno e su quale sarà il prezzo da pagare in futuro.

Per rispettare le condizioni imposte dal piano di salvataggio l'integrazione in Europa dovrebbe essere una priorità assoluta. L'élite politica del continente sembra non avere dubbi che questa sia l'unica strada possibile. Tuttavia, quando è arrivato il momento di esprimersi, i cittadini di Francia, Paesi Bassi e Irlanda si sono dichiarati contrari all'integrazione a ogni costo. Anche se le votazioni successive ci hanno messo una pezza, l'opinione della strada è stata abbastanza chiara: i francesi vogliono restare prima di tutto francesi, e lo stesso pensano gli olandesi, i tedeschi, i danesi e i greci.

Interessi divergenti

La popolazione tira la corda in una direzione, l'élite politica e bancaria in quella opposta. Le strutture finanziare d'Europa sono legate tra loro da un sistema instabile di prestiti e condizioni da rispettare. La conseguenza che ne deriva è il solco crescente tra gli interessi della popolazione e quelli di chi comanda. Lo iato tra stato e cittadini dà luogo a uno scenario paradossale: il dipartimento delle finanze, che in teoria dovrebbe lavorare negli interessi dell'individuo medio, non fa altro che convalidare contratti bancari preesistenti che non hanno niente a che fare con il cittadino, che poi si ritrova in mano il conto da pagare.

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Facciamo un passo indietro. Se esaminiamo la struttura finanziaria europea da un punto di vista storico noteremo una somiglianza inquietante con il sistema di alleanze in atto prima della Grande guerra. A quel tempo una semplice bega locale tra la Serbia e l'Impero austro-ungarico - un nazionalista serbo che assassina l'erede al trono d'Austria - innescò un processo inarrestabile che portò alla morte di molti soldati irlandesi nelle trincee del Belgio. Oggi la situazione non è così diversa. Il governo di Atene non riesce a tenere sotto controllo il volume della spesa e improvvisamente una richiesta di prestito a Waterford viene rifiutata.

Un parallelo inquietante

Nel 1914 le alleanze tra gli stati erano strette allo scopo di evitare le guerre. Alla fine il risultato fu l'esatto contrario. Pensiamo ora agli accordi finanziari vigenti. L'esistenza dell'euro implica un legame tra tutti gli stati membri, un legame non soltanto politico. I rapporti convenzionati tra i governi danno luogo a prestiti massicci tra le banche dell'eurozona. Le banche irlandesi, per esempio, sono debitrici nei confronti delle sole banche tedesche di 129 miliardi di euro, cifra abbastanza vicina al nostro Prodotto interno loro.

Nel momento in cui la Grecia ha cominciato a traballare è scattato l'allarme e la Germania ha cominciato a preoccuparsi dell'eventualità che Atene non sarà mai in grado di pagare i debiti. Di conseguenza anche i prestiti all'Irlanda sono sembrati in pericolo, e questo solo perché i banchieri tedeschi hanno cominciato a perdere fiducia nel sistema. Le preoccupazioni sui prestiti già accordati hanno ovviamente bloccato la possibilità concederne di nuovi. Ecco perché, da un giorno all'altro, una richiesta di finanziamento inoltrata a Waterford viene cassata. Così la disoccupazione a Waterford cresce, ma a causa dell'effetto domino cresce anche in tutto il resto del paese. E il futuro della nostra economia si fa sempre più nuvoloso.

I cittadini d'Europa sono tutti legati da vincoli complessi, tra loro e nei confronti degli sviluppi politici e finanziari in atto nel continente. Siamo tutti a rischio di contagio. Un meccanismo simile a quello che, quasi cent'anni fa, trascinò la Germania in guerra per difendere l'Austria, la Russia in aiuto della Serbia, la Francia e l'Inghilterra alle calcagna della Russia. Improvvisamente in questi giorni, al posto di una crisi periferica in Grecia, ci ritroviamo alle prese con un panico continentale e la necessità di reagire di comune accordo. All'indomani dello scoppio della Prima guerra mondiale, il 28 luglio 1914, i cittadini di tutta Europa si infiammarono di patriottismo, sperando in realtà che dopo qualche scaramuccia tutti si sarebbero mostrati ragionevoli e la questione si sarebbe risolta prima di Natale. La storia è stata un po' diversa.

La soluzione è semplice

Pensiamo al mega bailout: in un primo momento i mercati sembravano euforici. Dopo ventiquattro ore, però, dell'entusiasmo iniziale non restava traccia. La scorsa settimana le borse hanno ignorato il finanziamento di 120 miliardi di euro alla Grecia. Non c'è quindi da stupirsi se adesso facciano lo stesso con l'assegno salvaeuro da 720 miliardi. Il "finanziamento in crescita continua" mette a rischio il nostro futuro. Cosa succederà se ogni volta un nuovo bailout non sarà ritenuto sufficiente? Ogni nuovo prestito dovrà essere più sostanzioso del precedente.

La credibilità stessa del bailout come misura d'emergenza è messa in discussione dal fatto che sempre più paesi si ritrovano ad averne bisogno. L'obiettivo in teoria doveva essere l'esatto contrario. Come successe durante la Grande guerra, dopo l'euforia iniziale la popolazione si sta rendendo conto si essere alle prese con un processo che durerà molto a lungo. Davvero abbiamo voglia di affrontare anni di austerity per salvare le alleanze bancarie? Personalmente non sono tanto sicuro che il cittadino medio di Grecia, Spagna o Irlanda abbia lo stomaco per inghiottire i prossimi bocconi amari.

C'è un'alternativa al continuare a prestare soldi per combattere i problemi causati proprio dai prestiti eccessivi: orchestrare un default controllato, ammettere che non possiamo competere con la Germania nell'ambito della moneta unica, creare un'Europa a due velocità e ripartire dall'inizio. Ma è una soluzione troppo ovvia per poter funzionare, o no? (as)

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