Attualità L'estrema destra in Europa / 7
Pia Kjærsgaard, leader del Partito del popolo danese

I burattinai della Danimarca

Grazie al supporto esterno offerto al governo di minoranza, il Partito del popolo danese è riuscito a estendere la sua influenza senza dare nell'occhio. Quella che era una formazione di nicchia è diventata così una delle principali forze del paese.

Pubblicato il 18 Maggio 2010 alle 15:19
Pia Kjærsgaard, leader del Partito del popolo danese

l ponte che collega Copenaghen e Malmö è un bellissimo esempio di ingegneria. Ma per le migliaia di danesi che sono costretti ad vivere sulla costa svedese e obbligati a fare la spola ogni giorno per andare a lavorare a Copenaghen, il ponte dell'Öresund è un simbolo di esclusione. Infatti questi pendolari devono pagare ogni giorno per andare nel loro paese, dove non possono più abitare perché il loro congiunto è straniero. Le leggi danesi sull'immigrazione sono molto dure nei confronti di chiede asilo: vietano il matrimonio con un partner straniero che abbia meno di 24 anni e impongono severi vincoli agli immigrati.

Per ottenere un permesso di soggiorno è stato introdotto di recente un sistema a punti. Gli immigrati devono avere per almeno un anno "participato attivamente alla società danese". E i danesi che hanno un congiunto straniero devono dimostrare di avere insieme più "attaccamento"alla Danimarca che al paese di provenienza del congiunto. Per questo motivo l'analista finanziaria Bolette Kornum non è potuta rientrare a Copenaghen con il marito egiziano: il servizio immigrazione ha ritenuto che erano più legati all'Egitto. La donna infatti parla arabo e l'uomo non ha famiglia in Danimarca, inoltre hanno vissuto per diversi anni nel paese del marito. Perché non vanno ad abitare in Egitto, è stata la risposta delle autorità. "Per tutta la mia vita ho pagato le tasse, ma adesso non sono più la benvenuta nel mio stesso paese".

Attualmente seimila famiglie abitano dall'altra parte del ponte. "Molte vite sono state distrutte", commenta Bolette. Le leggi sull'immigrazione sono oggetto di un tacito consenso tra quasi tutti i partiti politici. Solo qualche piccolo partito di sinistra continua a fare resistenza. Il promotore di queste leggi, il Partito del popolo danese (Df), è diventato un protagonista stabile e influente del panorama politico nazionale e non è più considerato un impresentabile partito estremista. Ma come ci è riuscito?

Bisogna risalire al 2001, quando il Df ottenne il 12 per cento dei voti alle elezioni politiche. All'epoca il partito era rifiutato e attaccato a causa del suo discorso populista e delle sue posizioni sugli immigrati. Per poter governare, però, il Partito conservatore e il Partito liberale ricorrono a una soluzione tipicamente danese, una coalizione di minoranza. Così i due partiti di centrodestra formano il governo e il Df li sostiene in parlamento, ottenendo in cambio misure drastiche per combattere l'immigrazione. La coalizione pensa di aver fatto un buon affare, convinta di poter facilmente togliere il terreno sotto i piedi del Df.

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In realtà è quest'ultimo che strumentalizza la coalizione rifiutando di entrare nel governo ed esercitando la sua influenza, mentre gli altri due partiti sono di fatto alle sue dipendenze. Una strategia molto ingegnosa. "Rimanendo al riparo, il partito ha potuto svilupparsi e diventare la forza politica più efficiente del paese e con le migliori strategie di comunicazione", commenta Peter Mogensen del quotidiano Politiken.

In questo modo il Df utilizza il suo diritto di veto durante gli annuali negoziati sulla legge finanziaria per chiedere piccoli regali tattici e facili da vendere al suo elettorato. Come la costruzione di un ospedale in una regione che conta molti elettori potenziali, o un assegno unico per chi ha più di 65 anni. In campo sociale il Df è favorevole al mantenimento dello stato assistenziale; è contrario all'islam e all'immigrazione, ma attento agli anziani e agli invalidi; eurofobo, ostile all'adesione della Turchia all'Ue e filoisraeliano. Una disciplina rigorosa regna all'interno del partito: non vi sono lotte intestine e i razzisti o i neonazisti sono regolarmente espulsi.

La leader del partito, Pia Kjærsgaard, ha fatto molti sforzi per migliorare la sua immagine. Agli inizi era dura e sarcastica, e cercava regolarmente lo scontro con gli avversari. "Adesso invece evita le diatribe con gli altri politici", dichiara Henrik Kaufholz, membro del comitato direttivo dell'associazione danese dei giornalisti di investigazione. Al riparo del governo di minoranza, negli ultimi dieci anni il Df si è trasformato in un partner affidabile e molto influente. Ha ormai il sostegno del 14 per cento degli elettori, e diverse delle sue idee sono accettate dalle principali forze politiche del paese. (adr)

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