La placca che segna il confine tra Italia e Slovenia in piazza Transalpina-Dell'Europa. Foto Brez Meja.

Sorelle, ma non amiche

La caduta della Cortina di ferro avrebbe dovuto unire le due città. Ma l'italiana Gorizia e la slovena Nova Gorica continuano a ignorarsi a vicenda. Mentre la seconda è in pieno boom economico, la prima vive nella nostalgia dei giorni andati.

Pubblicato il 15 Giugno 2009 alle 12:48
La placca che segna il confine tra Italia e Slovenia in piazza Transalpina-Dell'Europa. Foto Brez Meja.

Un tempo centinaia di automobili riempivano questo grande parcheggio. Oggi è deserto, e sotto la luce livida dei lampioni non si vede che qualche macchina. A parte qualche raro cliente di una vicina pizzeria, non c'è anima viva. Un taxi? Il cameriere ci guarda come se fossimo dei marziani. "Alle 8 di sera non troverà un taxi in tutta Gorizia", risponde. La giornata è finita. "Provi dal lato sloveno, a Nova Gorica lavorano 24 ore su 24", continua il cameriere indicando il posto di frontiera che tutti qui chiamano la Casa rossa. "Vede? È la dietro che sono fischiati i primi proiettili della guerra dei Balcani, nel giugno 1991".

Oggi le macchine attraversano questo luogo storico senza neanche rallentare. La frontiera è forse diventata invisibile, ma non è mai stata così netta. Oltre la Casa rossa comincia un altro mondo. A sinistra una grande stazione di servizio ("Aperto 24/24") ferve di attività, mentre a destra un enorme cartellone pubblicitario invita gli automobilisti a sfidare la sorte al casinò Fortuna. Qui tutti vanno alla Perla, il più grande casinò di Nova Gorica e – si dice – d'Europa. Qui si parla solo italiano, tranne quando due croupier discutono tra loro in sloveno. È così che gli euro passano in un flusso ininterrotto dai portafogli dei giocatori alle casse della Perla, dall'Italia alla Slovenia, 24 ore su 24.

Dall'altro lato della frontiera la città italiana di Gorizia si sveglia verso le nove. Via Rastello, incantevole stradina costeggiata da vecchie case medievali, offre uno spettacolo desolante: una fila di negozi lunga 300 metri, per tre quarti chiusi. Mentre una tenda promette ancora "Happy days", i vetri sporchi delle finestre mostrano al visitatore che i bei tempi sono finiti da un pezzo. Stessa espressione sul volto emaciato di Marko Marini, responsabile delle "relazioni transfrontaliere" per la regione di Gorizia. Marini, membro dei Verdi, parla di occasioni mancate e di una città per la quale l'apertura delle frontiere con la Slovenia è stata più sinonimo di danno che di sviluppo.

Eppure qui non c'è stata frontiera per quasi mille anni, fino al 1947 e alle nuove linee di divisione ereditate dalla seconda guerra mondiale. All'epoca la città italiana aveva ceduto tutto il suo entroterra alla jugoslavia, ma non ne aveva sofferto più di tanto. Il grande parcheggio vuoto dietro il valico di frontiera in passato serviva agli sloveni che attraversavano la cortina di ferro, relativamente permeabile, per fare le loro spese. "Paradossalmente, c'erano molti più scambi tra i due paesi a quell'epoca".

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Insieme, Gorizia e Nova Gorica avrebbero potute diventare città veramente europee. Ma così non è stato. Il crollo del blocco comunista non si è tradotto nell'apertura di una linea di autobus tra le due città. Al contrario di quella italiana, Nova Gorica è una città giovane. Qui nessun edificio ha più di 60 anni. Sotto Tito, Nova Gorica è stata creata dal nulla. Queste due città, così vicine e così diverse, potrebbero gemellarsi, spiega Miriam Bozi, la responsabile della camera di commercio di Nova Gorica, anche se sembra poco probabile dopo che Berlusconi e i suoi hanno preso il controllo del municipio di Gorizia nel 2007.

Ma questa donna energica continua a pensare in grande. Negli ultimi anni Nova Gorica ha registrato una crescita media annua del 6 per cento. Un grande progetto di sviluppo è già fallito, ma non importa. Miriam Bozi ne ha un altro pronto, di dimensioni faraoniche. "Vogliamo costruire una piramide ancora più grande di quella di Cheope, con due lati coperti di pannelli solari, per ospitare un museo europeo dell'aviazione. Sarebbe un investimento da 950 milioni di euro", spiega la donna, come se un progetto del genere fosse normale per una piccola città come Nova Gorica.

Il percorso della linea "internazionale" dell'autobus si ferma a piazza Transalpina, in passato tagliata dalla frontiera. È qui che il 1° maggio 2004 si è celebrato l'allargamento dell'Europa, con Romano Prodi, all'epoca presidente della Commissione europea, come ospite d'onore. Ma neanche qui Gorizia e Nova Gorica sono sulla stessa lunghezza d'onda: da parte italiana la piazza continua a chiamarsi piazza Transalpina, mentre gli sloveni hanno ribattezzato la loro metà "piazza dell'Europa".

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