La mascotte dell’Europa

La proposta di proibire la caccia alla balena divide la comunità internazionale. La maggior parte dei paesi europei è schierata per la protezione dei cetacei in una campagna che assume i contorni di una religione.

Pubblicato il 22 Giugno 2010 alle 16:07

Nel grande circo delle conferenze mondiali, le riunioni della Commissione internazionale per la caccia alle balene (Iwc) sono sempre sembrate una burla. In effetti, i suoi convegni hanno prodotto ancor meno risultati dei summit sul clima o dei negoziati di pace in Medio Oriente. Di anno in anno i componenti di tale commissione si danno appuntamento nei posti più belli del pianeta per dichiarare di non avere nulla di preciso da dirsi. Quest’anno, tuttavia, pare profilarsi un compromesso, per la prima volta dopo la moratoria mondiale sulla accia alla balena approvata nel 1986. Il presidente della commissione, il cileno Christian Maquieira, ha proposto di autorizzare le nazioni che praticano ancora questo tipo di pesca a limitarsi a una soglia di 1400 esemplari all’anno per i prossimi dieci anni. E poi basta.

La Commissione baleniera era stata creata dopo secoli di caccia sfrenata ai cetacei per cercare di organizzare uno sfruttamento duraturo dei mammiferi marini. Ma nel 1968 la Iwc decise di vietare la caccia alla balena, tenuto conto che la maggior parte dei paesi che ne facevano parte, dalla Germania agli Stati Uniti, vi avevano già rinunciato. Il progresso tecnico, infatti, permetteva già di fare a meno delle materie prime che si ricavano da questo mammifero. Per gli altri paesi, però, questa decisione fu un autentico schiaffo morale. In effetti, l’istituzione alla quale avevano aderito per poter pescare nel rispetto delle regole aveva effettuato una radicale inversione di rotta, trasformandosi in un ente per la protezione dei grandi cetacei. Rifiutando di sottomettersi alla volontà della maggioranza, questi paesi avevano deciso di aggirare il veto imposto alla caccia alle balene.

Sono ormai trascorsi vari decenni, ma queste due posizioni irreconciliabili continuano a scontrarsi. Gli uni considerano le balene una risorsa pura, allo stesso titolo delle aringhe o dei gamberetti, mentre per gli altri questo mammifero ha raggiunto ormai lo status di animale sacro. In Europa e in America settentrionale la gente si appende in camera manifesti di balene e partecipa alle crociere di avvistamento proposte dalle agenzie di viaggio di tutto il mondo. Per molti di loro le balene sono diventate gli angeli della nuova religione laica ecologista; esseri superiori, messaggeri di Madre Natura in persona. Gli zoologi sono più cauti: le balene sono sì creature intelligenti, ma non più delle volpi o dei cinghiali, braccati dai cacciatori di tutto il mondo.

Specie in ripresa

Col passare degli anni, i membri della Commissione si sono fatti sempre più eccentrici: il Giappone non esita a usare la diplomazia e promuove l’adesione alla commissione delle piccole isole che condividono la sua posizione. Sull’altro versante, invece, chi si oppone categoricamente alla caccia alle balene ha rafforzato le proprie fila grazie all’adesione di paesi addirittura privi di accesso al mare, ma in ogni caso favorevoli a proibire la pesca alla balena. Difficile dunque spiegare ai sostenitori dello sfruttamento duraturo che cosa abbiano a che fare con la Commissione baleniera paesi come Svizzera, Lussemburgo, Austria o Ungheria.

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Dato che le baleniere ancora in attività non catturano più di duemila esemplari all'anno, la popolazione dei cetacei è tornata a crescere. In alcuni casi, come per la balena nera dell’Atlantico settentrionale, di cui restano ormai soltanto 350 esemplari, troppo lentamente. In altri casi, invece, più velocemente, per esempio nel caso della balena di Minke che beneficio della scomparsa delle specie più grosse e conta ormai mezzo milione di esemplari in più. Dal punto di vista della protezione della specie non c’è nulla da obiettare alla caccia alla balena, ma i difensori dei diritti degli animali avrebbero di che protestare per l’uso di arpioni esplosivi che non sempre uccidono le balene sul colpo, ma le lasciano agonizzare a lungo e inutilmente. Ma questo vale anche per le volpi e i cinghiali. (ab)

Negoziati

Confusi e divisi

La proposta presentata ad Agadir dalla Commissione internazionale per la caccia alle balene è "così complicata che pochi membri dell'Unione europea hanno capito esattamente cosa bisogna decidere", riporta la Süddeutsche Zeitung. La Germania, che ha partecipato alla redazione del documento, ci ha messo quattro settimane prima di elaborare un'opinione, tra l'altro negativa. L'ambiguità della proposta non è la sola ragione per la "mancata compattezza nella posizione della Ue", che consiste nel "non essere d'accordo con il documento nella sua forma attuale", continua il quotidiano di Monaco. Gli svedesi sostengono la ripresa della caccia ad alcune balene, in nome di una soluzione al conflitto. Anche i danesi sono dello stesso avviso per la vicinanza con Norvegia e Groenlandia. I britannici, gli olandesi, i belgi e i tedeschi "preferirebbero che le balene fossero immortali", ironizza la Sz. C'è un unico punto di accordo: l'opposizione alla richiesta dell'Islanda, paese candidato all'adesione all'Unione europea, di autorizzare il commercio dei prodotti derivati dalle balene. Ma l'altro la questione non suscita lo stesso interesse in tutti i paesi. "Quattro paesi membri della Ue non hanno inviato alcun rappresentante ad Agadir, e due si sono dimenticati di pagare la loro quota alla Iwc" conclude la Sz.

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