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Béla Bugár, un ponte tra due popoli

Il fondatore del primo partito bi-etnico slovacco-ungherese cerca di fermare la deriva nazionalistica tra i due popoli. Una sfida da cui dipende la stabilità dell'Europa centrale. 

Pubblicato il 29 Giugno 2010 alle 14:23

Per la prima volta nella storia della Slovacchia un uomo politico si è opposto all'idea diffusa che l'esasperazione delle tensioni etniche sia una risorsa elettorale come le altre per i partiti tanto ungheresi che slovacchi. Una sfida tutt'altro chefacile, tanto più che le ultime elezioni in Ungheria e in Slovacchia [in aprile e in giugno] hanno visto il consolidamento dei due blocchi nazionalistici. Da un lato avevamo il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che si era dichiarato premier degli ungheresi che vivono in territorio slovacco; dall'altro i vari partiti politici slovacchi, che si affrontano tra di loro a colpi di dichiarazioni molto ostili nei confronti di Orbán e della minoranza ungherese.

L'atmosfera era satura di discorsi esaltati sulla difesa della sicurezza nazionale, il parlamento slovacco convocava riunioni su riunioni in reazione alla legge di Orbán sulla doppia nazionalità [che concede un passaporto ungherese a tutti i magiari che vivono fuori dall'Ungheria], e il nazionalista slovacco Ján Slota soffiava sul fuoco definendo la minoranza ungherese un "tumore nel corpo della nazione slovacca".

In quel periodo Belá Bugár sembrava l'unico a credere nel buon senso degli elettori: così ha deciso di fondare un nuovo partito, il Most-Híd. Questo nome bilingue [le due parole significano "ponte" in slovacco e in ungherese ] parla da sé: il partito magiaro-slovacco rappresenta un progetto di riconciliazione nazionale. Alla sua creazione [nel giugno 2009], questo progetto unico nel suo genere assomigliava piuttosto alla creazione intellettuale di un gruppo di idealisti illuminati, poco avvezzi alla Realpolitik dell'Europa centrale. E probabilmente così sarebbe andata, se alla sua testa non ci fosse stato Belá Bugár.

Quest'uomo apparentemente pragmatico, che non professa grandi ideali ma invita i suoi concittadini a dare prova di buon senso, ha ottenuto l'8,2 per cento dei voti alle elezioni politiche del 12 giugno, di cui un quarto proveniente da elettori slovacchi non appartenenti alla minoranza ungherese. Nella storia politica ungherese si tratta di un fenomeno completamente nuovo: Bugár è riuscito a rompere la maledizione dell'odio etnico.

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Prima di concepire il suo progetto Bugár ha percorso un lungo tragitto politico. Nel 1990 questo cattolico conservatore nato nel 1958 si era unito al Partito cristiano ungherese, di cui è diventato rapidamente il leader. All'epoca Bugár era riuscito a convincere il governo ad autorizzare la creazione di un'università ungherese a Komárno [nel sud della Slovacchia]. Un regime democratico è sempre la migliore garanzia di sopravvivenza per una minoranza. Di conseguenza Bugár, divenuto il leader del Partito della coalizione ungherese (Smk), si è presentato come un difensore di tutte le leggi sulla libertà e sui diritti dell'uomo. Questo atteggiamento gli ha attirato molte simpatie tra l'élite intellettuale slovacca.

Oggi Bugár [il cui partito è entrato a far parte della nuova coalizione di governo] è più forte che mai. A Bratislava quest'uomo, che si presenta come un contadino che ama coltivare il suo campo di patate, è considerato come un visionario della riconciliazione magiaro-slovacca. Anche in Serbia c'è chi vorrebbe creare un partito multietnico sul modello del Most-Híd. Ma Bugár sa bene che bisognerà fare molta altra strada prima che gli ungheresi non si sentano più slovacchi di serie B. Come dice Bugár, "siamo ancora sulla linea di partenza". (traduzione di Andrea De Ritis)

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