Lisbeth Salander, la protagonista della saga, incarnata sullo schermo da Noomi Rapace.

Millennium, uno specchio deformante

Esiste ancora la socialdemocrazia svedese? O è stata definitivamente sepolta dalla saga Millennium, che descrive una società corrotta, tetra e violenta? Il biografo di Stieg Larsson lo ha chiesto a due maestri del giallo nordico.

Pubblicato il 6 Luglio 2010 alle 11:33
Lisbeth Salander, la protagonista della saga, incarnata sullo schermo da Noomi Rapace.

L'immagine che il cittadino britannico medio ha della Svezia è stereotipata e sorpassata? Mio malgrado devo ammettere che è così. Me ne sono reso conto scrivendo un libro su un uomo che non ho mai incontrato. Prima della sua morte prematura nel 2004, all'età di cinquant'anni, Stieg Larsson ha creato l'eccezionale trilogia poliziesca Millennium, il cui primo episodio è intitolato Uomini che odiano le donne. I tre volumi continuano ad avere un successo straordinario in tutto il mondo.

Per scrivere il mio libro ho rievocato la vita e il lavoro di Stieg Larsson con alcuni cittadini britannici. Per loro l'immagine delle Svezia è sempre la stessa: il paese dell'Ikea, degli allenatori di calcio, degli Abba e della libertà sessuale. In particolare, nelle nostre conversazioni ogni cenno a quest'ultimo aspetto era immancabilmente accompagnato da un sorriso d'invidia. Grazie ad altri interlocutori, sempre non svedesi, ho imparato invece un altro stereotipo, intellettualmente più significativo: la Svezia è anche il paese di Ingmar Bergman e della socialdemocrazia.

Una visione paranoica della Svezia

Di recente sono stato invitato a partecipare a un seminario dal titolo "Stieg Larsson e la letteratura poliziesca svedese". Tra gli illustri colleghi presenti c'erano Håkan Nesser, uno dei maggiori autori di gialli nordici e creatore del personaggio del commissario Van Veeteren; Johan Theorin, vincitore del prestigioso Dagger Award della Crime Writers Association con il romanzo L'ora delle tenebre, ed Eva Gedin, l'editrice di Stieg Larsson.

Nella sala c'era già un caldo insopportabile, ma la temperatura si è alzata ulteriormente quando si è capito che l'immagine tetra della Svezia dipinta da Larsson nelle sue opere - dove la corruzione non risparmia nessuno strato del potere, dalla giustizia alla polizia fino ai servizi segreti, passando per i centri psichiatrici - è largamente contestata.

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Attraverso lo sguardo di Larsson, il lettore straniero scopre un'immagine negativa e sconosciuta della Svezia. "La Svezia di Stieg Larsson non ha niente a che vedere con quella che conosco io", dice Håkan Nesser. "Tuttavia, se si scava un po' più a fondo, prima o poi i lati oscuri di un paese vengono alla luce. È inevitabile, qualunque sia il posto in cui vi trovate".

Un punto di vista che sembra abbastanza aderente alla visione paranoica della Svezia di Larsson... "Non è proprio così. Direi che Stieg ha scritto i suoi romanzi prendendosi alcune libertà artistiche. Tuttavia è stato certamente più a contatto di quanto sia mai capitato a me con gli anfratti nascosti della società svedese, luoghi in cui gli individui più stimati e potenti sono anche i peggiori criminali". Nesser sorride. "È certamente piacevole leggere le sue storie di complotti. È la rivincita dei poveri. Fa piacere osservare il crollo di chi era sempre stato ritenuto ricco e intoccabile".

Stieg Larsson si è concentrato sui risvolti oscuri della politica

Più flemmatico di Nesser, Johan Theorin mostra una maggiore benevolenza per la Svezia raccontata da Stieg Larsson. "Il carattere dei personaggi, la sessualità e la violenza hanno sicuramente dei tratti troppo caricati. Ho avuto occasione di incontrare uomini che ricordano vagamente Mikael Blomkvist, il giornalista protagonista della saga. Però non ho mai conosciuto nessuno che fosse così terribile come Lisbeth Salander, l'altro personaggio principale, una giovane autistica e ultra violenta".

Theorin sorride e continua: "Anthony Burgess sosteneva che gli scandinavi sono il popolo più severo del mondo, attentissimi alle regole. Aveva viaggiato molto, ed evidentemente sapeva ciò che diceva. In qualche modo associava questa caratteristica al fatto che gli scandinavi non credono in dio."

"Gli svedesi si fidano volentieri degli altri, e gli altri si fidano volentieri degli svedesi", aggiunge. "Stieg Larsson faceva parte di quel tipo di giornalisti che scrutano costantemente lo stato alla ricerca dei suoi risvolti oscuri. Può darsi che si sia concentrato sui piccoli difetti dei politici invece di riconoscere che, nell'insieme, in Svezia tutto funziona piuttosto bene".

A questo punto decido di rischiare e faccio un'altra domanda: l'ideale socialdemocratico, criticato nelle opere di Larsson, esiste ancora nel mondo reale? Johan Theorin esita: "In un anno di elezioni come quello che stiamo vivendo – a settembre eleggeremo un nuovo governo – le idee socialdemocratiche sembrano tornare di moda. Anche se, tutto sommato, bisogna riconoscere che la Svezia resta un paese molto equo per quanto riguarda l'assistenza medica e l'istruzione. Allo stesso tempo, però, è innegabile che ormai sia diventata una nazione europea capitalista come le altre".

Quando domando a Håkan Nesser e Johan Theorin se gli svedesi siano fieri di Stig Larsson, Nesser sfodera di nuovo il suo famoso sorriso forzato e risponde: "Sì, lo sono. La gente ama sempre gli scrittori di polizieschi di sinistra, proprio come Stieg. Ma la cosa peggiore è che qui tutti sono fieri anche degli Abba".

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