Piazza della Vittoria, a Minsk.

La zona grigia d’Europa

Il paese di Aleksandr Lukashenko è considerato “l’ultima dittatura del continente”. Per un moldavo visitarlo è come tornare indietro nel tempo di diversi decenni.

Pubblicato il 17 Ottobre 2012 alle 11:28
Piazza della Vittoria, a Minsk.

Chi ha visto il film La zona grigia (2001) di Tom Blake Nelson ricorderà che questa zona grigia riguardava l'anticamera della morte, dove i detenuti di Auschwitz aspettavano di essere uccisi con il gas. Per estensione la nozione di zona grigia implica l'incertezza e l'angoscia, ma anche la speranza che quello che succederà non sarà così macabro come quello che avevamo immaginato. Ed è quello che ho provato durante i quattro giorni che ho passato in Bielorussia.

Dal 1994 [anno dell'elezione del presidente Aleksandr Lukashenko] questo paese vive sotto un regime autoritario, "l'ultima vera dittatura nel cuore d'Europa", come lo definiscono i politici occidentali. Non potevo perdere l'occasione di andare a visitare questo paese, dopo esserci già stato una prima volta nel 1998 per il campionato europeo di pugilato al quale partecipavo. All'epoca avevo l'impressione di essere in uno qualunque dei paesi dello spazio sovietico - né migliore né peggiore della Moldavia, dell'Ucraina o della Russia.

Oggi ho uno sguardo diverso sulla Bielorussia. Ho approfittato del fatto di essere moldavo e di avere più di un passaporto nella mia valigia [molti moldavi, per ragioni di appartenenza familiare, hanno un passaporto romeno, quindi europeo] per uscire liberamente dalla Lituania [il paese vicino alla Bielorussia] con il passaporto romeno ed entrare tranquillamente in Bielorussia con quello moldavo. Ho avuto l'impressione di entrare in Transnistria [regione separatista filorussa della Moldavia]: le stesse uniformi sovietiche verdi, gli stessi sguardi sospettosi.

In treno ho attraversato villaggi con case ben tenute e città pulite e ho visto strade in buone condizioni. Nella capitale Minsk le vie sono larghe, l'architettura di stile sovietico si alterna a edifici moderni e i simboli sovietici convivono con le grandi marche del capitalismo occidentale. Si ha una prima impressione di ordine e tranquillità.

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Ho chiesto a dei passanti se condividevano il mio giudizio. Mi hanno risposto con delle battute, con l'ironia tipica che riflette bene quel "duplice pensiero" che permette ai bielorussi di sopravvivere ai disagi quotidiani. "Sì, un paese tranquillo come un cimitero" e "qui lavano le strade e i nostri cervelli".

Mi sono presto abituato ai loro scherzi sulla vita quotidiana, ma mi ci è voluto più tempo per comprendere a fondo la situazione. Nella metropolitana o nei negozi la gente non sorride, cammina a testa bassa. Quando si fa tardi i gruppi di più di tre persone rischiano di essere fermati dalla polizia. Ho visto la paura e la mancanza di speranza negli occhi dei passanti di questo paese, dove tutto è deciso da un solo uomo, "il padre del popolo bielorusso, Batiushka". Un paese dove le elezioni sono falsificate, i candidati violentati, i giovani maltrattati, dove la gente scompare e dove tutto ha un retrogusto militaristico, a cominciare dalle scuole dove gli onnipotenti servizi segreti mantengono la calma. Un ordine cimiteriale regna in Bielorussia.

In televisione ho visto solo notizie venate di retorica antioccidentale, che parlano dell'imminente crollo della zona euro e dell'Unione europea e che in questa situazione difficile la Bielorussia rimane un'oasi di pace e di ricchezza (anche se la maggior parte delle persone vive al limite della soglia di sussistenza). In televisione si dice anche che l'unica alternativa per il continente europeo è l'Unione Russia-Bielorussia-Kazakistan, che diventerà ben presto l'Unione eurasiatica, un progetto che suscita l'interesse di più di 20 paesi tra cui la Nuova Zelanda e la Moldavia - che "fino a poco tempo fa voleva aderire all'Ue".

Ma con mia grande gioia ho visto anche un'altra Bielorussia, attaccata ai tempi in cui questa terra apparteneva alla civiltà europea. Un'epoca che ha dato diversi personaggi importanti alla cultura europea e mondiale e che ha modellato un paese radicato nei valori della lingua e della cultura bielorussa, e fedele alla storica bandiera bianco-rosso-bianca che i bielorussi sventolano solo in casa dopo che Lukashenko la ha vietata nel 1995 per sostituirla con quella della Bielorussia sovietica.

Tra est e ovest

Nel corso della sua storia il popolo bielorusso ha dovuto fare i conti con un eterno dilemma: far parte della civiltà europea o unirsi a un futuro insieme eurasiatico? Questo popolo ha fatto parte di diverse costruzioni statali - dal principato di Polotosk, considerato come la culla dello stato bielorusso, al principato di Lituania, dalla Repubblica delle due nazioni (polacco-lituana) all'impero russo all'Unione Sovietica. Ha grossi problemi di identità ed è soffocato dalla lingua e dalla cultura russa.

Tuttavia in diverse occasioni la Bielorussia si è sforzata di differenziarsi dal grande popolo russo. Nel 1812 ha sostenuto Napoleone contro la Russia nella speranza di ripristinare lo stato che aveva preceduto le tre divisioni della Polonia fra il 1792 e il 1795. Nel 1918 la Repubblica popolare di Bielorussia era stata riconosciuta dalla Germania, dall'Austria, dalla Lituania, dalla Lettonia, dall'Estonia, dalla Finlandia, dalla Polonia, dall'Ucraina, dalla Cecoslovacchia, dall'Armenia, dalla Georgia e dalla Turchia, prima di essere invasa dall'Armata rossa e trasformata in repubblica sovietica. Nel corso della seconda guerra mondiale c'è stato un altro tentativo di stato indipendente con la Rada centrale, cancellato dal ritorno dei sovietici. Infine nel 1991 la Bielorussia si è staccata dall'Unione Sovietica e ha conosciuto un inizio di democratizzazione.

Questi ricordi storici danno speranza ai bielorussi e li spingono a scendere in piazza per protestare, a parlare in casa la loro lingua piuttosto che il russo e a conservare di nascosto la bandiera tradizionale. Ho detto ai miei amici che erano ancora più sfortunati "di noi moldavi quando vivevamo sotto il dominio sovietico". Almeno all'epoca non sapevamo come si viveva in occidente ed eravamo convinti di vivere nel "paese più democratico, più ricco e più potente del mondo". Oggi i bielorussi vanno in Polonia e in Lituania per fare acquisti o per andare all'università, e l'Unione europea esercita una costante attrazione.

Non credo che il silenzio dei cimiteri potrà durare ancora a lungo. Il tempo in cui i bielorussi potranno ascoltare i Liapis Trubetskoi a casa loro è vicino. Oggi possono farlo solo a Kiev, Varsavia o Vilnius, perché Batiushka ha vietato al più popolare gruppo bielorusso di vivere e di cantare nel suo paese.

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