Siamo davvero pronti a versare un’imposta diretta a Bruxelles, a dieci anni dall’introduzione della moneta unica? Il commissario europeo al bilancio, Janusz Lewandowki, crede che sia giunto il momento di compiere questo nuovo passo lungo la strada che porta a uno stato federale europeo. Sul Financial Times Deutschland ha quindi lanciato la sua proposta, anche se non ha molte chance di andare in porto.
L’esca lanciata da Lewandowski agli stati membri è comunque appetitosa: in cambio di una tassa sulle transazioni finanziarie o sui voli commerciali, il contributo dei singoli paesi dell’Ue a Bruxelles verrebbe ridotto. Ad alcuni paesi – come Germania e Paesi Bassi – l’idea non può certo dispiacere: da anni il fatto di essere contribuenti netti è causa permanente di tensione, alla quale va ad aggiungersi il particolare rigore di bilancio al quale sono vincolati per il patto di stabilità. Di conseguenza, una riduzione del fardello europeo sarebbe per loro molto conveniente.
Strategia di sopravvivenza
Gli svantaggi, però, sono nettamente superiori. Per gli stati membri un’imposta diretta riscossa da Bruxelles andrebbe a discapito delle loro competenze in questo ambito: la pressione fiscale sui cittadini ha i suoi limiti, per quanto fluidi e vaghi essi siano. Del resto, la riscossione delle imposte rappresenta una prerogativa dei governi nazionali, molto possessivi nei suoi confronti. Probabilmente in Gran Bretagna – dove la paura di un super-stato europeo è inculcata sin dalla tenera infanzia – staranno già dicendo: "Ecco, se concedi un dito a Bruxelles, si prenderà tutto il braccio". Da questo punto di vista, altri paesi europei si sono avvicinati ai britannici.
Nei Paesi Bassi e in Francia il rifiuto della Costituzione europea nel 2005 ha cambiato radicalmente il modo di pensare l’Europa. Le parole del commissario Lewandowski non basteranno a scalfire questo nuovo euroscetticismo. Quella del commissario, però, non è l'ennesima deriva burocratica, ma una strategia di sopravvivenza: la Commissione è preoccupata per le trattative sul bilancio 2014-2021, che rischiano di essere ancora più complesse del solito a causa dei problemi finanziari che assillano i paesi membri. Ecco perché una fonte alternativa di introiti potrebbe rappresentare una gradita soluzione, se non fosse per la crescente resistenza opposta da alcuni stati membri all’idea di “sempre più Europa”. (traduzione di Anna Bissanti)
Visto dalla Germania
Un bilancio più trasparente
La prospettiva di pagare un'altra tassa non farà certo felici i contribuenti, osserva la Süddeutsche Zeitung. E sempre che “l’imposta europea non rappresenti un onere supplementare” aggiunge ancora il quotidiano, ricordando che nel 2010 ogni tedesco pagherà indirettamente all’Unione fino a 260 euro. In compenso la misura potrebbe far scattare la tanto attesa riforma del bilancio, che ogni anno dà adito a infiniti “mercanteggiamenti tra gli stati membri”. "Se i cittadini pagheranno direttamente l’Europa, forse saranno più attenti a dove vanno a finire i loro soldi. E soprattutto si chiederanno perché, nel ventunesimo secolo, la maggior parte del budget Ue è ancora destinata al settore prevalente nel diciottesimo: l’agricoltura".