I progetti ambiziosi sono pochi. Non siamo riusciti ad attirare 3,5 miliardi di euro di fondi strutturali? Non importa, nel 2013 avremo almeno cinque miliardi. E se fossimo abbastanza realisti da andare controcorrente? Non bisogna ingannarsi: indipendentemente dai progetti elaborati, l'amministrazione pubblica romena non è pronta a gestire i fondi europei.
Allora perché la Romania non dovrebbe pensare a "esternalizzare" i grandi progetti finanziati dall'Unione? In altre parole, le grandi reti di infrastrutture stradali e ferroviarie, i progetti di interconnessione energetica, di modernizzazione dei porti fluviali e marittimi, cioè tutti quei programmi i cui effetti sono benefici per l'Unione nel suo insieme.
Questo genere di progetti potrebbe rimanere sotto l'autorità della Commissione. E se non avesse a disposizione gli strumenti necessari per organizzare degli appalti e per controllare la loro realizzazione, che li organizzi – le riserve di manodopera e di risorse non le mancano di certo! E se questo dovesse prendere tempo, la gestione potrebbe essere provvisoriamente affidata agli stati contributori netti del bilancio Ue. Dobbiamo cambiare i trattati per farlo? Ebbene, proponiamolo.
Dopo tutto perché la Commissione e i grandi paesi contributori non dovrebbero essere interessati a un collegamento più rapido fra il nord del'Europa e i porti sul Danubio e sul Mar Nero? Perché non dovrebbero essere interessati all'interconnessione delle reti energetiche o alla costruzione di parchi industriali dove potrebbero insediarsi le loro imprese? Noi contribuiremmo con la nostra parte di finanziamento e ovviamente con la nostra legislazione. Sarebbe vantaggioso per tutti gli europei.
Gli investimenti nella strategia 2020 dovrebbero essere gestiti a partire dal "centro", come prevede il ciclo di bilancio 2014-2020, e sarà la Commissione che concluderà i contratti con gli stati membri e le regioni. Gli stati membri si impegneranno a rivedere i loro investimenti prioritari, conformemente a questi obiettivi.
Il pacchetto legislativo proposto dal commissario per le politiche regionali Johannes Hahn armonizza le norme relative a diversi fondi, dedicati fra l'altro allo sviluppo rurale, agli affari marittimi e alla pesca, per accrescere la coerenza dell'azione dell'Ue. Perché non andare oltre, chiedendo che anche i progetti a vocazione europea, inseriti in un elenco specifico di priorità, siano gestiti in modo "centralizzato"?
In questo modo il contribuente tedesco, olandese o svedese vedrebbe che il suo denaro è utilizzato in modo più efficiente, che le spese sono meglio controllate dalle autorità dei loro paesi, e che i fondi non si perderebbero nelle tasche delle varie mafie balcaniche. Un meccanismo del genere assomiglierebbe più a un piano Marshall e darebbe ai cittadini europei una maggiore impressione di solidarietà e di comunità di interessi. Inoltre i paesi beneficiari avrebbero sotto gli occhi una vera e propria guida di procedure virtuose per gli altri progetti più modesti, che rimarranno di competenza delle autorità locali.
Di certo si potrà replicare invocando l'argomento della sussidiarietà: la decisione di utilizzare i fondi europei deve essere fatta in modo da andare il più vicino possibile all'istituzione beneficiaria. In teoria questo pare giusto, ma che fare quando in nome del beneficiario il potere decisionale è preso in ostaggio dalle sedicenti élite locali, in realtà delle mafie con il colletto bianco? Che cosa è più vicino agli interessi del cittadino: la Commissione europea o i potentati locali? Più vicino dal punto di vista politico ovviamente, e non da un punto di vista geografico. Che cosa è meglio per un cittadino: uno spreco di risorse nelle migliaia se non decine di migliaia di progetti incompiuti che alimentano i conti delle società "amiche" e poi attraverso dei pagamenti occulti le campagne elettorali? O un insieme di progetti che hanno un impatto reale in Europa?
Un'iniziativa del genere da parte della Romania ed eventualmente della Bulgaria potrebbe rivelarsi interessante nel quadro di una riforma delle istituzioni europee. Bruxelles potrebbe diventare per i "contributori" e per i "beneficiari" un vero fattore di sviluppo e non il simbolo patetico di una burocrazia lontana dalla realtà.
Si tratterebbe di una magnifica risposta alle tendenze centrifughe del Regno Unito. Una concentrazione del continente sull'investimento per lo sviluppo, che contribuirà a rafforzare la coesione e ovviamente il mercato unico. E un "trasferimento di sovranità" che i cittadini beneficiari dei progetti comprenderebbero e sosterrebbero volentieri.