Un'immagine di "Child’s pose" di Călin Peter Netzer

L’arte romena dell’autoflagellazione

La vittoria di “Child’s pose” di Călin Peter Netzer è l’ultimo dei molti riconoscimenti ottenuti dal nuovo cinema romeno. Ma lo sguardo di questi autori è troppo critico per essere apprezzato in patria.

Pubblicato il 19 Febbraio 2013 alle 16:23
Un'immagine di "Child’s pose" di Călin Peter Netzer

Conosco Călin Peter Netzer e ho visto i suoi film, ma non ancora Child's Pose - La posizione del bambino. Ho visto i film di Cristi Puiu, Cristian Mungiu, Corneliu Porumboiu, Cristian Nemescu e Tudor Giurgiu. Continuo a vivere in una realtà che spesso soffoca la logica di civiltà. La società, la prigione, l'ospedale, la scuola o altre istituzioni sono altrettanti elementi di ispirazione per l'opera artistica della Nouvelle vague del nostro cinema.

Sono convinto che il nostro destino, attraverso l'uscita dal comunismo, ci porterà un premio Nobel romeno per la letteratura. È vero, Herta Muller lo ha avuto, ma per un'opera che si ispirava più agli effetti della memoria del comunismo che al comunismo in quanto tale.

Mi aspetto quindi di vedere un Nobel sulla transizione, l’argomento su cui la Nouvelle vague romena ha cominciato a realizzare i suoi film. Film che ignoreremmo se non avessero ottenuto premi internazionali, perché la maggior parte di noi li considera troppo critici nei confronti del nostro paese.

Questi giovani si sforzano di ottenere dei finanziamenti da un organismo, il Centro cinematografico nazionale, che li concede molto difficilmente. Invece dovremmo aiutarli, perché valorizzano sul mercato mondiale l'unica cosa autentica che ancora abbiamo, la sofferenza e la disperazione di essere romeni. La disperazione di camminare contro la storia e ai margini della civiltà. Oggi questo si vende bene, e l’autoflagellazione merita un investimento.

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Per parafrasare la celebre frase del film Filantropica di Nae Caranfil, visto che tendiamo sempre la mano all'Europa, all'Fmi e alla Banca mondiale, offriamo almeno una bella storia. In cambio delle nostre pillole di disperazione voi occidentali, contenti di essere sfuggiti al dramma perché i vostri paesi furono protetti dall'accordo di Yalta, dateci un po' di denaro.

Non ho ancora visto Child's Pose, ma La morte di Dante Lazarescu mi ha lasciato senza fiato, non perché il film uscisse dal'immaginario convenzionale, ma perché sapevo che era una storia vera. Il film di Netzer proviene dalla tradizione cecoviana, quella della disperazione di vivere in un universo in cui il libero arbitrio e la libertà non hanno più senso.

Ho visto Filantropica e California Dreamin e sono rimasto conquistato dall'innalzamento dell'arte di arrangiarsi romena al rango di filosofia di vita. A ogni uscita di un film della Nouvelle vague romena provo un'irresistibile voglia di rileggere Anton Cechov, perché sono convinto che nell'Europa dell'est l'assurdo è parte del nostro ethos, anziché una negazione della ragione.

I personaggi dei nostri film sono cecoviani. La Romania della transizione è un universo chiuso da cui i personaggi cercano di evadere, ma ci riescono solo attraverso l'illusione o la morte. I protagonisti di Giurgiu, Porumboiu, Netzer e Mungiu sono come prigionieri di un destino transitorio, dove l'attesa è una lunga agonia.

Universi ermetici e luci scialbe sono le caratteristiche dominanti di questo movimento cinematografico che descrive il nostro mondo. È raro che un raggio di sole riesca a brillare. Che si parli di aborto, di fede, di droghe o di conversioni di una comunità al capitalismo, i film della Nouvelle vague romena si concentrano sugli eccessi dell'individualismo e dell'egoismo, sul tradimento e soprattutto sulla solitudine in quanto processo di decomposizione e di morte dell'essere sociale.

In queste storie la maggior parte dei personaggi sono donne che non riescono mai ad assumere il controllo del loro destino o della loro famiglia, mentre gli uomini hanno già da tempo smesso di lottare. Questi film hanno una fine aperta, come se ognuno di loro continuasse quello che il regista ha lasciato in sospeso in "California Dreamin", una realtà romena alla deriva verso una rotta che nessuno può più cambiare.

La chiave al collo

Che cosa distingue questi giovani da quelli che hanno cercato di illudere l'Europa cinefila subito dopo il 1989, sulla base del principio "cambia tutto e non cambia nulla"? Questi ragazzi hanno vissuto i primi passi della transizione e osservano le piaghe lasciate dal comunismo, non hanno vissuto i compromessi. Vivono in una realtà che si disumanizza e innalza l'egoismo a valore di transizione.

Questi ragazzi non usano la loro immaginazione per falsificare ma per narrare. Sono cresciuti con "la chiave al collo" [nei paesi comunisti i bambini andavano da soli a scuola molto presto con la chiave di casa appesa al collo] in un'epoca in cui nessuno aveva il tempo di raccontare loro delle storie. Ma quello che li distingue più di ogni altra cosa è il loro sguardo senza odio: raccontano con distacco, traspongono in immagini i destini di un mondo in decomposizione. Non offrono delle soluzioni, ma sono i primi uomini liberi del nostro mondo.

Purtroppo non hanno un grande pubblico in una Romania incapace di guardarsi allo specchio. Sono, come milioni di altri romeni, esiliati in un occidente che li celebra un giorno, per poi lasciarli ricadere nell'indifferenza il giorno dopo, e vivono il dramma di un paese che non riesce a uscire da questa agonia cecoviana che chiamiamo transizione.

Commento

Come Nadia Comăneci

La vittoria di Child's Pose, storia di un amore soffocante fra una madre e suo figlio, ma anche un'immagine spietata del potere corrotto in Romania, a Berlino è un’altra dimostrazione dell'"alto valore" del cinema romeno, osserva Româniâ Liberă. Il paradosso è che nel paese

la maggior parte delle città non ha neanche un cinema e la distribuzione del poco denaro per le produzioni cinematografiche provoca sempre degli scandali.

Il quotidiano fa il parallelo fra il successo dei film in occasione delle competizioni internazionale e quello delle ginnaste romene alle olimpiadi:

durante la Berlinale il film di Călin Netzer è stato sostenuto dai nostri grandi campioni olimpici. Non si tratta di marketing, ma di una somiglianza evidente. Gli atleti e gli artisti hanno dato importanti riconoscimenti al nostro paese, nonostante la mancanza di mezzi. Abbiamo avuto dei campioni di nuoto e di pallanuoto senza avere piscine come abbiamo avuto la Palma d'oro [nel 2007 per il film di Cristian Mungiu, 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni] e l'Orso d'oro con dei budget ridicoli. Nulla di quello che le autorità hanno fatto per la cultura e lo sport giustifica questi premi. Perché i miracoli entrano nelle competenze di dio. Un dio fortunatamente cinefilo.

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