Un impianto per il gas a Grijpskerk, vicino a Groninga (Nord)

Il peso del gas

Il giacimento di Groninga ha riempito per decenni le casse dello stato. Ma gli abitanti della regione temono che dopo il suo esaurimento a loro resteranno soltanto i danni provocati dall’estrazione.

Pubblicato il 25 Febbraio 2013 alle 12:03
Un impianto per il gas a Grijpskerk, vicino a Groninga (Nord)

Prima il gatto salta giù dal letto. Si sa, gli animali domestici avvertono le catastrofi imminenti. Poi si sentono dei boati, che si concludono con un rumore secco che fa vibrare i vetri delle finestre e tremare i muri. In tutti i paesi appartenenti ai comuni di Loppersum e Slochteren, e talvolta fino alla periferia della città di Groninga, questa sarà un’ennesima notte in bianco.

Pareti che si riempiono di crepe, porte bloccate, un quadro che casca a terra: sono danni seccanti, tuttavia ancora gestibili. Ma la cosa peggiore è la paura. Finirà mai? Le speranze sono poche, quanto meno secondo il rapporto dello Staatstoezicht op de Mijnen, l’ente di Sorveglianza delle attività di sfruttamento del sottosuolo che il ministro dell’economia Henk Kamp ha reso noto alla fine del mese scorso: in questi ultimi anni i sismi provocati dall’estrazione del gas dal giacimento di Groninga sono notevolmente aumentati per frequenza e intensità. Secondo le previsioni il sottosuolo continuerà ad agitarsi per almeno una cinquantina d’anni.

Kamp ha fatto quello che la società petrolifera olandese Nam avrebbe dovuto fare da anni: riconoscere che il sottosuolo della provincia di Groninga sta cedendo per colpa dell’estrazione del gas, che provoca leggere scosse nel terreno. Secondo Reint Wobbes, che abita nel paese di Huiginge e milita nella Fondazione Oude Groninger Kerken per la protezione delle vecchie chiese della regione, “Kamp parla di misure preventive, ma non abbiamo nessuna idea di quello che occorre fare. Questa regione è una delle più antiche d’Europa dal punto di vista culturale. Come possiamo proteggere edifici vecchi di secoli? Si sarebbero dovuti prendere provvedimenti molto prima. Perché si è dovuto aspettare un’iniziativa cittadina, quella del movimento per il sottosuolo di Groninga (Groninger Bodem Beweging)? Perché le autorità non hanno pensto prima a tutelare la popolazione?”.

I campi brulli sono ricoperti di neve. La terra arata aspetta la primavera. Sulle alture l’estrazione del gas si nota appena. Non si sente, non si vede. La prima trivellazione nel giacimento di Slochteren ebbe luogo il 22 luglio 1959 sui terreni di un tale signor Boon, un agricoltore del paese di Kolhan. L’euforia arrivò solo dopo qualche anno, quando ci si rese conto che il giacimento era la più grande riserva al mondo di gas, enorme e senza interruzioni. Ma la regione non si è arricchita. In virtù di una legge mineraria risalente al 1810, i minerali estratti dal sottosuolo non sono di proprietà di chi possiede i terreni, ma dello stato. E questo ha provocato parecchie controversie.

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“La situazione non è affatto grave”, afferma Herman de Jon, professore di storia economica all’università di Groninga. “Preferisco non pensare a quello che sarebbe successo se la legge mineraria non fosse esistita. Adesso avremmo un bel po’ di persone arricchite, dedite a pazzie di tutti i tipi, e l’effetto sull’occupazione sarebbe stato di breve durata. È stato molto meglio invece sviluppare un sistema di assistenza sociale generoso e investire nelle infrastrutture. Dovremmo prepararci per quando finirà il gas, tra una trentina d’anni. I Paesi Bassi non hanno mai pensato a lungo termine, nella convinzione che sarebbero passati all’energia nucleare. Il gas serve da anni a colmare i buchi di bilancio. La Norvegia ha adottato un criterio più ragionevole, e versa tutti i proventi del petrolio e del gas in un fondo pubblico, e gli interessi generati servono a finanziare la pubblica istruzione e le infrastrutture”.

Verso la Russia

Shell e Esso, partner di Nam, accumulano grandi guadagni grazie all’estrazione del gas di Groninga, dice Herman de Jong. “Ma anche lo stato ci guadagna. Grazie a un contratto vantaggioso percepisce royalties consistenti”. Il giacimento di Groninga ha già fruttato 200 miliardi di euro alle casse dello stato. Ma gli abitanti stanno iniziando a chiedersi che cosa abbia loro apportato concretamente, negli ultimi cinquant’anni, il gas che si ritrovano sotto i piedi, al di là di un cedimento strutturale del terreno. Il partito Partij voor het Noorden, che difende gli interessi delle province settentrionali dei Paesi Bassi (Groninga, Drenthe e Frisia), pretende che un quarto dei proventi del gas naturale siano investiti nella regione.

Anche Jan Willem Velthuijsen, affiliato a PwC e professore di questioni energetiche all’università di Groninga, pensa che i Paesi Bassi debbano investire nella provincia non per il gas, ma perché il nord ha un ruolo importante nel rifornimento energetico. “Ci sono ottime ragioni per investire nella provincia di Groninga intesa come piattaforma energetica. La stazione di collegamento che stiamo per realizzare è indispensabile per rifornire di energia l’Europa. Siamo collegati al mercato tedesco, che privilegia lo sviluppo sostenibile, e le centrali a gas da questo punto di vista presentano vantaggi evidenti: sono poco costose e pulite. Qui grazie ai cavi sottomarini affluiscono anche l’energia idroelettrica prodotta in Norvegia e il gas russo. Le infrastrutture non servono soltanto per estrarre gas, ma anche per immagazzinarlo. Siamo in grado di conservare il gas russo con poca spesa, per poi convogliarle dove serve quando il prezzo aumenterà. Possiamo aprire e chiudere i rubinetti come ci pare: farlo qui è molto più facile che altrove”.

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