Un osservatore dell'Eumm a Perevi, il 4 novembre.

L’Europa vigila sullo stallo

Gli osservatori europei garantiscono il rispetto della pace fra Mosca e Tbilisi dopo la guerra lampo del 2008, ma il loro ruolo è limitato. In mancanza di progressi politici, la situazione è bloccata e le prospettive di una soluzione definitiva restano lontane. 

Pubblicato il 16 Novembre 2010 alle 15:48
Un osservatore dell'Eumm a Perevi, il 4 novembre.

Il villaggio di Perevi è riscaldato da un sole insolito per l'inizio di novembre. Lungo i sentieri ripidi e sassosi i maiali grufolano in libertà e alcuni robusti cavalli tirano pesanti assi di legno. È una scena di tipica vita rurale georgiana, nella sua banalità. Il luogo in cui si svolge, però, è tutt'altro che banale.

Perevi, un migliaio di abitanti abitanti, era fino a poco tempo fa l'unico villaggio controllato dalle truppe russe in territorio georgiano, in violazione degli accordi Medvedev-Sarkozy che hanno messo fine al conflitto dell'agosto 2008.

Il 18 ottobre Mosca ha finalmente ritirato i suoi soldati dal check point all'entrata del villaggio, riposizionandoli poche centinaia di metri più indietro, in Ossezia del sud, l'ex regione separatista che ha proclamato l'indipendenza dopo la breve guerra. Un'indipendenza sotto tutela: al posto di frontiera si vedono due bandiere, quella osseta e quella russa.

"Perevi era importante per i russi: assicurava loro il collegamento diretto tra i due campi militari", spiega Georgios Papaioannou, che ci accompagna per le strade del villaggio. Questo ufficiale della marina greca è il capo della Missione di osservazione dell'Unione europea (Eumm) nel distretto di Sashkere, a tre ore di strada dalla capitale Tbilisi. Dal 18 ottobre Papaioannou viene tutte le settimane a Perevi per valutare la situazione. Gli abitanti ormai conoscono bene il suo berretto blu.

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Istituito nell'ottobre 2008, l'Eumm è una missione civile europea senza precedenti, composta da 300 persone incaricare di verificare l'applicazione dei sei punti del piano di pace. Le sue pattuglie entrano in contatto con le autorità locali georgiane e gli abitanti, lungo la linea di divisione amministrativa. In compenso russi e osseti non permettono loro di varcarla, così come in Abkhazia. Nelle due regioni separatiste Mosca ha dispiegato 3.600 uomini.

Davanti alla recinzione della sua casa, Lola Makasarashvili, 46 anni, assicura che non si è verificato alcun incidente. "Non siamo mai stati disturbati dai russi. L'unico problema è rappresentato dagli spostamenti. Controllano i nostri documenti in continuazione". Per lei gli abitanti rimangono prudenti dopo il ritiro. "Preferiamo non andare nella foresta a raccogliere noci e bacche". Un altro abitante del villaggio, Vladimir Beridze, riassume un sentimento molto diffuso nella regione: "La presenza russa aveva un merito, teneva a distanza gli osseti", dice quest'uomo di 70 anni che tiene in mano una bottiglia di chacha, la vodka artigianale.

A Tbilisi il governo si è rallegrato del ritiro russo, ma senza grande entusiasmo. "Il ritiro da Perevi va nella buona direzione, ma rappresenta solo l'uno per cento del territorio occupato", sottolinea Giga Bokeria, viceministro degli esteri. "Non dobbiamo farci illusioni. I problemi non si risolveranno in un attimo". Mosca ha a lungo utilizzato Perevi come merce di scambio nelle discussioni con gli occidentali. Già una prima volta i suoi soldati erano andati via nel dicembre 2008, per poi tornarci 24 ore dopo.

I rifugiati non tornano

Il ritiro non risolve tutti i problemi di circolazione: ci sono bambini osseti che vanno a studiare nella scuola del villaggio, mentre alcuni abitanti vorrebbero andare liberamente in Ossezia del sud per vedere i loro parenti o vendere frutta e verdura. Ma i russi controllano tutti viaggiatori e bloccano alcuni carichi. "Dopo la guerra si possono trasportare al massimo 30 chili", spiega VAssili Bakhturidze, capo della polizia del distretto.

Dalla primavera 2009 la situazione lungo la linea amministrativa è calma. In totale nel 2010 sono stati segnalati 140 colpi d'arma da fuoco, ma la maggior parte erano sparati in occasioni di feste o esercitazioni. "Oggi il conflitto è bloccato", osserva il diplomatico tedesco Hansjörg Haber, capo dell'Eumm. "Abbiamo stabilizzato la situazione, ma sul lungo periodo la missione non sarà sufficiente. Ci vuole una strategia politica". Altrimenti l'Eumm rischia di rimanere qui ancora per molti anni. Ma a Ginevra le discussioni fra le parti coinvolte non sembrano avanzare. La Russia vorrebbe assumere le vesti del mediatore, come l'Ue, anche se è parte in causa.

La questione dei profughi rimane una delle preoccupazioni fondamentali, in particolare nel distretto di Akhalgori, caduto nelle mani delle milizie ossete durante la guerra. "In totale 30mila georgiani sono scappati dall'Ossezia del sud e nessuno vi è tornato", osserva Haber. "Ogni tanto qualcuno si reca ad Akhalgori per verificare le condizioni delle loro case, ma va subito via. Le condizioni di sicurezza non sono sufficienti".

Questo distretto è per lo più popolato da georgiani, ma dopo essere stato sottratto all'autorità di Tbilisi è stato più o meno abbandonato a causa dei saccheggi e delle minacce. Circa 5mila abitanti, su un totale di 7mila, si sono rifugiati nel resto della Georgia. (traduzione di Andrea De Ritis)

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