Manifestazione davanti al parlamento. Sofia, 23 luglio

Il potere si aggrappa al vuoto

Il 23 luglio migliaia di bulgari hanno manifestato davanti al parlamento, impedendo l’uscita dei deputati. Nonostante la sua ostinazione, la classe politica non potrà resistere alla rabbia dei cittadini.

Pubblicato il 24 Luglio 2013 alle 15:17
Manifestazione davanti al parlamento. Sofia, 23 luglio

Il potere si ripiega su sé stesso. Le barricate all’Assemblea nazionale e il cordone di polizia tutto intorno all’edificio ricordano la caduta del comunismo e i periodi di crisi in Bulgaria. Il progetto comunista, maniaco e paranoide, convinto che qualcuno desiderasse togliergli un potere preso con spargimento di sangue e violenza, era malgrado tutto espansionista: cercava di controllare e indirizzare le masse, organizzava manifestazioni di operai per mettere in scena l’unità della nazione e del partito.

Oggi quello stesso potere si ritrova nelle mani dei “discendenti del Politburo”, ma ha tutt’altro atteggiamento. Prima di ogni altra cosa il suo è isolamento, è governance per mezzo della paura, un’opacità colpevole. [[È il potere delle “barricate contro i cittadini”]], come si poteva leggere su un manifesto.

Al contrario, davanti alla presidenza della Repubblica non ci sono mai state barricate. Come se il presidente Plevneliev [del partito dei Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria, Gerb] non avesse paura dei manifestanti. Esiste un potere anonimo, che prende decisioni senza trasparenza alcuna, che si sente sollevato se sopravvive da un giorno all’altro. È questo potere che impone nomine di governatori e di alti funzionari.

Il governo, nato da oscuri negoziati tre due partiti, fa finta di condurre una normale esistenza politica cercando di imporre al parlamento asserragliato provvedimenti a lungo e breve termine. Questi sforzi sono però vanificati dalle manifestazioni e dall’instabilità politica.

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Al di là dello stato della scena politica e del malcontento popolare, la constatazione è che la politica bulgara non va oltre le grandi idee della fine del XIX secolo. O, nel migliore dei casi, di quelle antecedenti alla caduta del muro di Berlino.

Aprendo gli occhi, si vede che il primo ministro Plamen Oresharski [Partito socialista, al potere dal 29 maggio 2013] indossa la maschera della monarchia, che si rivolge alla nazione in qualità di dirigente supremo, convinto che la società debba accettare in silenzio ogni sorta di nomina e di decisione. Ciò che né il partito socialista né i suoi alleati possono comprendere è che la scena politica è cambiata con la globalizzazione e la nascita della società dell’informazione.

Questo non è il caso soltanto della Bulgaria, ma del mondo intero, perfino in Turchia e in Egitto. [[Oggi i ministri e i deputati non sono più autorità ma prodotti di consumo]] di massa: la società si aspetta che forniscano di continuo spiegazioni. In caso contrario sono spazzati via dalla scena politica.

Nuova cittadinanza

Questa assurdità si verifica quando il potere si sposta verso un nuovo spazio di controllo: internet e i social network, dove si va formando una nuova trasparenza democratica. Ovunque sia, nel mondo intero, i popoli non si accontentano più del ruolo di elettori una volta ogni quattro anni, mentre in quell’intervallo di tempo qualcun altro decide per loro su tutto. Stiamo assistendo all’affermarsi di una nuova forma di cittadinanza, capace di spazzare via le recidive nefaste di qualsiasi governo.

Assistiamo alla formazione di un nuovo spazio attraverso strutture cittadine in rete, che verosimilmente riuscirà a trasformare i partiti tradizionali dall’interno. Questa nuova democrazia nata dai social network può fare a pezzi lo status quo delle reti clientelari, care al partito socialista e ai suoi partner. Può fare a pezzi il feudalesimo politico e tutte le pratiche a esso collegate, come il voto di scambio. Si tratta della formazione di una nuova sovranità che si propaga verso il basso attraverso la decentralizzazione e verso l’alto tramite le istituzioni europee e i mercati finanziari.

Il potere, svuotato della sua essenza, si trasforma in un guscio vuoto, sballottato tra diversi centri di potere. Ed è da lì che gli asserragliati cercano di far passare un messaggio o per meglio dire un sortilegio privo di significato. È l’abitudine che li spinge a cercare appoggio tramite la divisione, contrapponendo alcuni cittadini ad altri, Sofia alla provincia, o ancora una manifestazione in favore del governo alle manifestazioni di massa.

I dirigenti del paese non riescono ancora a comprendere che la nuova cittadinanza taglia il legame tradizionale che esiste tra politica e teoria, e che è soltanto questione di tempo prima che le diverse regioni del paese si riorganizzino seguendo il principio di questa democrazia che travalica lo spirito del territorio. I dirigenti del partito socialista, Sergej Stanishev, e del Movimento dei diritti e delle libertà (il partito della minoranza turca, rappresentato al governo) Lutvi Mestan, cercano disperatamente un approccio fondato sullo spirito della transizione democratica, che è in procinto di sopprimerli. Al tempo stesso, si aggrappano al potere con tutti i mezzi a loro disposizione, pronti a fare tutti i compromessi necessari, anche con l’opposizione del partito Gerb dell’ex primo ministro Boiko Borissov. Tutte persone profondamente convinte di essere predestinate a governare.

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