Lisbona, novembre 2010. Manifestazione contro l'austerity.

Ora tocca al Portogallo

Mentre l’Irlanda ha accettato il piano di aiuto finanziario, Lisbona spera di riuscire a evitare l'intervento esterno. Ma anche se i mercati allenteranno la presa, ripagare il debito pubblico richiederà ancora molti sacrifici.  

Pubblicato il 23 Novembre 2010 alle 15:00
Lisbona, novembre 2010. Manifestazione contro l'austerity.

Dopo che l’Irlanda ha accettato il piano di aiuti dell’Unione europea e del Fondo monetario internazionale, il Portogallo si è rivolto ai mercati come a una palla di cristallo per conoscere il suo futuro prossimo. Ma i segnali mandati dai tassi di interesse sul debito pubblico e dagli indici dei contratti di assicurazione che esprimono il rischio sovrano (i famosi credit default swaps) sono risultati contraddittori.

Secondo gli sviluppi di ieri, Il Portogallo non sembra condannato a subire un intervento dall’esterno nel breve periodo, ma non si può certo dire che la pressione sia calata e che il paese non abbia bisogno di aiuto.

In un panorama così incerto e precario, ogni parola, ogni segnale inviato dai leader politici ed economici influisce sugli eventi. Bisogna evitare di arrivare a consuntivi sull’esecuzione del budget come quelli visti ieri (malgrado due programmi di austerity, il bilancio portoghese è stato amministrato in base alla legge finanziaria originaria).

In altri termini, il Portogallo non potrà sperare di affrancarsi dalla pressione dei mercati fino a quando non avrà varato una politica finanziaria affidabile. Se la situazione attuale del deficit o del debito pubblico può spingere l’ex ministro socialista António Vitorino a dichiarare che “mantenere la pressione sul Portogallo è dissennato”, la capacità dello stato di condurre una politica rigorosa esige maggior prudenza e circospezione.

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Quando finalmente il paese riuscirà a uscire indenne dalla tempesta dei mercati, i dubbi sulle sue capacità di saldare i propri debiti non si esauriranno. E se sarà confermato che il governo è ancora incapace di controllare le spese dello stato, le pressioni torneranno a farsi sentire, e con esse la prospettiva di un intervento dell’Ue e del Fmi. (traduzione di Anna Bissanti)

Salvataggio

I portoghesi pagano per le banche di Dublino

Ogni portoghese dovrà pagare "140 euro per salvare le banche irlandesi", titola Jornal de Notícias. Il quotidiano ha calcolato che se il prestito dell’Ue e del Fmi all’Irlanda ammonta a 90 miliardi di euro, il Portogallo dovrà contribuire per 1,5 miliardi di euro. Questo sforzo non avrà conseguenze sul deficit del paese, assicura ancora il giornale, perché rientrerà nell’ambito delle emissioni di obbligazioni garantite dall’Ue tramite il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (Mesf) e il Fondo europeo per la stabilizzazione finanziaria (Fesf). È dunque un ulteriore debito quello che creano il Portogallo e gli altri paesi che prenderanno parte al programma di aiuti all’Irlanda. Nel caso della Grecia, ricorda Jornal de Notícias, il Portogallo contribuì con 194 euro procapite.

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