Addio porti sicuri

Le isole di Man, Jersey e Guernesey accolgono i miliardari in fuga dal fisco. Ma le campagne europee contro l'evasione fiscale hanno ridotto le loro rendite e i tagli al bilancio non le hanno risparmiate.

Pubblicato il 30 Agosto 2013 alle 11:16
Bob Embleton  | Guernsey

I rifugiati continuano ad arrivare sull'isola di Man, non su imbarcazioni di fortuna come a Tarifa e sulla costa andalusa ma a bordo di jet privati. Ad attenderli non c’è la Guardia Civil, ma degli autisti sulle loro Bentley, Porsche o Ferrari (l'isola offre una delle più alte concentrazioni mondiali di vetture di lusso). Non fuggono la fame e la miseria, ma l'imposta inglese del 50 per cento sui redditi più alti, oltre all'ossessione dei vari governi di tassarli.

L'isola di Man non è toccata dalla crisi e da 25 anni gode di una crescita continua - l'anno scorso è stata del 2,5 per cento. In compenso l'isola non è stata risparmiata dai tagli di bilancio. Anche a Jersey e a Guernesey si sente l'impatto della campagna internazionale per ridurre l'influenza dei paradisi fiscali, per obbligarli a una maggiore trasparenza e a ridurre i loro privilegi. Tutto ciò si è tradotto in una perdita di redditi e in un deficit di bilancio che è pagato non dai milionari, ma dai lavoratori. [[È l'effetto Robin Hood alla rovescia: prendere ai poveri per dare ai ricchi]].

"Se si distrugge il nostro sistema finanziario diventeremo una nuova di Liverpool ma con un clima ancora peggiore", dice Alan Bell, primo ministro dell'isola di Man. In occasione dell'ultimo vertice del G8 il capo del governo ha promesso di collaborare alla lotta contro la frode fiscale e di "tenere conto delle preoccupazioni di Londra e dell'Unione europea", ma senza prendere alcun impegno concreto. Del resto è logico, il settore finanziario costituisce un quarto dell'economia di quest'isola, dove non l'imposta sulle società è molto vantaggiosa e il tasso di imposizione massimo è del 20 per cento con un tetto massimo di 125mila euro annui indipendentemente dal reddito dichiarato. Qui non ci sono tasse di successione né sul valore aggiunto. Una vera manna per i milionari.

Paradiso fiscale in mezzo al mare d'Irlanda, l'isola di Man è un luogo molto particolare, noto per le sue corse motociclistiche, con due programmi di esplorazione lunare, una fiorente industria spaziale e un'impresa (Excalibur Almaz) che vuole organizzare il primo viaggio sulla Luna dopo l'avventura dell'Apollo 17 più di 40 anni fa. I pensionati recitano come comparse nelle numerose produzioni cinematografiche e televisive che sono girate qui (finora più di una cinquantina) grazie al regime fiscale molto favorevole.

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Ma si tratta di una ricchezza puramente elettronica, che in teoria si trova nell'isola ma che in realtà è utilizzata a Londra, a New York o a Saint-Tropez. [[Il lungomare di Douglas non ha molto a che vedere con la Croisette]]. Qui non si vedono ville favolose, perché i ricchi sull'isola hanno solo un domicilio fiscale. Le case e i negozi assomigliano a quelli di qualunque altro posto del nord dell'Inghilterra. Gli stipendi degli 80mila abitanti (quasi tutti bianchi) sono simili a quelli del Regno Unito, ma il costo della vita è molto più alto. Gli affitti sono più alti e i prodotti alimentari devono arrivare per nave o aereo.

Inoltre i tagli di bilancio da 35 milioni di euro saranno applicati a tutti i ministeri, con la sola esclusione di quelli della sanità e dell'istruzione. Riguarderanno soprattutto i lavoratori stagionali (ci vogliono cinque anni di residenza per avere diritto all'assistenza sociale). La ragione è che Londra ha deciso di ridurre la parte che spetta all'isola derivante dai proventi dell'iva e dalle scommesse. Una cifra che rappresenta quasi 500 milioni di euro all'anno (il 60 per cento del bilancio). Ma questa perdita non può essere compensata da un aumento delle imposte per i più ricchi. "Questa è la peggiore crisi che abbia mai visto, e non sono più molto giovane", afferma la pensionata Norma Cassell in una sala da tè del centro di Douglas.

Country club

Le isole anglonormanne di Jersey e Guernesey si trovano nella Manica, a soli 15 chilometri dalle coste francesi. Non fanno parte né dell'Ue né del Regno Unito, ma sono dipendenze della corona britannica con i loro inni e le loro bandiere. Giurano lealtà alla regina, versano a Londra un canone per la loro difesa e la loro diplomazia, ma hanno il diritto di fare le loro leggi, soprattutto in materia di imposte.

Si ritiene che solo a Jersey ci siano 600 miliardi di euro provenienti dall'evasione fiscale, nascosti nei fondi di una cinquantina di banche internazionali. Più della metà dei 98mila abitanti sono bancari, ragionieri, avvocati o consulenti finanziari. Si tratta di una sorta di grande country club dove per iscriversi bisogna avere vissuto almeno 11 anni sull'isola, avere dei beni per un valore di otto milioni di euro e comprare una proprietà che costi almeno due milioni di euro.

All'aeroporto di Saint-Hélier non si vedono pubblicità per fast-food ma per consulenti fiscali o per gestori di beni immobili. Ma come a Douglas, la capitale non ha alcun fascino particolare. Si tratta di case banali (alcune peraltro conservate anche piuttosto male), con gli stessi banali negozi di qualunque altro posto. Il reddito per abitante è di 22mila euro, la media più alta del Regno Unito, ma chi non è milionario e non lavora nella finanza è furioso di questo aumento del 3 per cento dell'Iva destinato a compensare la riduzione dei redditi legati alla crescente pressione sui paradisi fiscali. "Se fossimo in Francia ci sarebbe già stata una rivoluzione. [[È incredibile che i poveri debbano sovvenzionare i milionari]]", si lamenta al bar The Admiral, un pub di James Street, Edith Newman, impiegata in una farmacia. Insomma, i discorsi sono simili a quelli che si sentono sull'isola di Man.

"Ci sono molte chiacchiere sulla crisi, ma i paradisi fiscali esistono perché le classi dirigenti e i governi hanno deciso così", spiega un gestore di fondi con il suo ufficio su Royal Square. "Si naviga nell'ipocrisia. La sola Jersey fornisce 200 miliardi di euro di liquidità al sistema bancario inglese, una valvola di sicurezza che gli è stata molto utile durante la crisi finanziaria. Se gli stati hanno bisogno di denaro vanno a prenderlo nel settore delle pensioni e degli stipendi, ma non toccano i grandi patrimoni". Un segreto di pulcinella sulle isole del tesoro.

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