La dogana di Tighina, tra la Moldavia e la Transnistria

L’Europa finisce sul Dniestr

Mentre Chişinău si prepara a firmare un accordo di associazione con l’Ue, la Transnistria secessionista preferisce rimanere nell’orbita della Russia. Tra le due sponde del fiume la tensione torna a salire.

Pubblicato il 12 Settembre 2013 alle 11:36
Dieter Zirnig  | La dogana di Tighina, tra la Moldavia e la Transnistria

"Attention. You are leaving the European sector" ["Attenzione, state lasciando il settore europeo"], annunciano i cartelli a Varniţa. I recenti movimenti di truppe in questo villaggio di frontiera hanno risvegliato i timori di un nuovo conflitto sul Dnestr. Non dimentichiamo che la Transnistria ospita a Kolbasna il più grande deposito di armi convenzionali dell'Europa orientale, che, con la presenza della 14° armata russa, ha svolto un ruolo non trascurabile durante la guerra civile scoppiata quando la Transnistria russofona ha decretato la sua indipendenza nel 1991. Inoltre i gasdotti russi che alimentano la Romania e la Budapest passano per la Transnistria. Questi impianti sono gestiti dalla Tiraspoltransgaz, una società controllata da Gazprom.
In questo momento a Chişinău si parla della soluzione del conflitto con la regione secessionista nel contesto del processo di integrazione europea della Moldavia. Sulla riva occidentale del Dnestr si ritiene che questo obiettivo sia la soluzione ideale e che dovrebbe rendere Chişinău più attraente sulla riva orientale. Ma di quale genere di attrazione si parla?
[[La Moldavia potrebbe apportare alla Transnistria un duplice beneficio economico: i fondi europei e l'accesso ai mercati occidentali]]. "In Transnistria la situazione economica è precaria. Tiraspol (la capitale) è interessata ai soldi dell'Ue, e i fondi europei destinati a rafforzare la fiducia fra le parti sono già adesso considerati come una fonte di sviluppo interno", dichiarava di recente un responsabile di Bruxelles. Le "donazioni estere" rappresentano il 75 per cento del bilancio della regione, mentre il restante 25 per cento è dato dalle esportazioni. La regione non è riconosciuta a livello internazionale e di conseguenza le sue esportazioni passano attraverso imprese registrate presso la camera di commercio di Chişinău - e in questo beneficiano delle "preferenze commerciali autonome" (Pca) concesse alla Moldavia dall'Ue.
Tuttavia le Pca scompariranno alla fine di quest'anno, con l'entrata in vigore della Zona di libero scambio approfondito e completo (Zlsac) fra l'Ue e la Moldavia. Secondo un rapporto realizzato nel 2012 dal centro di analisi indipendenti Expert Group, quasi il 40 per cento delle esportazioni della Transnistria (metalli e prodotti metallurgici, energia e prodotti dell'industria leggera) riguardano l'Ue - soprattutto la Romania, ma anche l'Italia e la Germania. L'ammontare totale degli scambi fra la Romania e la regione separatista si avvicinano a 31 milioni di euro all'anno. Se il governo di Tiraspol si rifiutasse di cooperare con Chişinău sull'adozione delle condizioni richieste dall'accordo Zlsac, la cui firma è prevista in novembre in occasione del vertice del Partenariato orientale a Vilnius (il 28 e 29 novembre), gli operatori economici della Transnistria rischierebbero di rimanere fuori dalla nuova intesa e l'Ue dovrà applicare dazi doganali del 17 per cento.
Questi fattori economici possono cambiare in modo radicale i comportamenti politici di questa regione russofona? Ma mentre la Moldavia spera di firmare l'accordo di Vilnius, Tiraspol agita la minaccia della sua "legge sulla frontiera di stato". Adottata dal "soviet supremo" di Tiraspol il 23 maggio e approvata il 10 giugno dal presidente Yevgeny Shevchuk, questa legge ridefinisce i limiti del territorio sotto la sovranità della Repubblica moldava del Dnestr. Tiraspol ha quindi annunciato - irritando Chişinău, l'Osce, l'Ue e il Consiglio d'Europa - la creazione di punti di controllo lungo la frontiera entro tre mesi dalla promulgazione, cioè a partire dal 10 settembre.

Due pensioni

Varniţa, una delle località che si trova sulla nuova carta (a 17 chilometri da Tiraspol e a 65 da Chişinău) è attualmente sotto la giurisdizione del governo di Chişinău. In primavera i residenti si sono opposti all'installazione, effettuata di notte con una gru, di un posto di controllo doganale da parte delle autorità di Tiraspol. Nei suoi rapporto con le due autorità il villaggio di Varniţa è diviso. Sui 700 pensionati che ci vivono, 500 ricevono la loro pensione da Tiraspol (in rubli della Transnistria), gli altri da Chişinău (in lei moldavi). I primi ricevono l'equivalente di 123 euro, i secondi 52. Alcuni abitanti hanno rinunciato al loro passaporto moldavo in favore di quello della Transnistria [con il quale non possono attraversare le frontiere internazionali] per poter avere uno stipendio più alto del 30 per cento a Tighina (Bender) nonostante i due posti di frontiera da superare.
Nel frattempo dal marzo 2013 le autorità di Chişinău hanno annunciato l'intenzione di creare dei posti di frontiera con la regione secessionista. Secondo la stampa russofona locale questo dipende dalla decisione delle autorità moldave di imporre un visto di ingresso ai residenti della Transnistria che posseggono un passaporto russo o ucraino [cioè la maggioranza della popolazione]. [[Il controllo delle migrazioni alla frontiera sul Dnestr è una delle condizioni per la liberalizzazione del regime dei visti con l'Ue]], ma la grande estensione della zona di sicurezza - 255 chilometri - può costituire un ostacolo alla sua creazione. Molto probabilmente Tiraspol cercherà di ostacolare l'applicazione delle misure richieste dall'Ue sul Dnestr. Per Tiraspol la comparsa di nuovi posti di frontiera di tipo Checkpoint Charlie [uno dei punti di passaggio fra Berlino ovest e Berlino est durante la Guerra fredda] sul Dnestr sarebbe considerata una sconfitta nei confronti dell'Unione europea e un peggioramento della situazione in materia di riconoscimento internazionale.

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