Sulla lapide: "Stato sociale"

Addio stato sociale

Il peggioramento dei conti dei paesi europei ha reso insostenibile il modello adottato nel dopoguerra. In futuro sarà indispensabile una maggiore partecipazione dei cittadini.

Pubblicato il 9 Ottobre 2013 alle 11:51
Sulla lapide: "Stato sociale"

La notizia più importante degli ultimi tempi non ha avuto grande risalto sui media. È stata presentata dal nuovo re d'Olanda nel quadro di un atto protocollare - l'apertura ufficiale dell'anno parlamentare - quando ha annunciato nel suo discorso la "sostituzione dello stato assistenziale tradizionale con una società partecipativa".
Attraverso la definizione di una soluzione alternativa, il re ha di fatto dichiarato la fine di un sistema. E non sono parole di Willem-Alexander ma del governo olandese, che aveva scritto il discorso per lui - un governo formato non da conservatori come Margaret Thatcher o Angela Merkel, ma da liberali e da socialdemocratici.
Una spiegazione di questo cambiamento la dà il discorso stesso: "La transizione verso una società partecipativa è particolarmente importante per la sicurezza sociale e per le persone che hanno bisogno di cure di lunga durata. Ed è proprio da questo punto di vista che lo stato assistenziale tradizionale della seconda metà del ventesimo secolo ha costruito dei sistemi che nella loro forma attuale non possono avere un carattere duraturo".
Non è necessario aggiungere ulteriori precisazioni. Di fatto è una mera questione di cifre. Nonostante le severe critiche ai paesi dell'Europa meridionale che non hanno saputo mantenere i loro impegni, i Paesi Bassi non riusciranno a rispettare il deficit previsto. L’economia si contrarrà dell'1,25 per cento e il potere d'acquisto degli olandesi scenderà dello 0,5 per cento. Questa situazione ha costretto il governo ad annunciare un taglio del bilancio di sei miliardi di euro. Per il re Willem-Alexander, "un popolo forte e intelligente saprà adattarsi a questi cambiamenti".
Il nucleo della tendenza attuale e di questo discorso mostra che non si tratta di circostanze straordinarie che necessitano di un semplice aggiustamento per ristabilire la situazione iniziale dopo un momento difficile. [[Si tratta di compiere dei cambiamenti profondi, di gettare le basi di una nuova società]], di lanciare un nuovo modello perché quello attuale non funziona più. In poche parole si tratta di sostituire lo stato assistenziale con qualcosa di molto diverso, un sistema battezzato "società partecipativa".
Ma che cos'è la società partecipativa? Per i cittadini questo significa doversi assumere un numero non trascurabile di funzioni e di responsabilità che finora erano a carico dello stato, in particolare per quanto riguarda il loro futuro e quello dei loro figli. Lo stato manterrà i servizi sociali fondamentali, ma il contributo degli individui aumenterà sia per loro stessi che per il loro ambiente, cioè per i membri della loro famiglia, per il loro amici e parenti. Da ciò il termine "partecipativo".
Lo stato paternalista non si può più assumere questi compiti per la ragione ricordata in precedenza, e cioè che i conti pubblici non lo permettono. E non lo permettono perché lo stato assistenziale si basa su dati erronei - potremmo addirittura dire su una truffa.
Qualunque stato si basa su un "contratto sociale", un patto che lega tutti i cittadini di un paese, ricchi e poveri, giovani e vecchi, per distribuire nel modo più equilibrato possibile i costi e i benefici. Tuttavia questo patto non è stato rispettato dalle generazioni precedenti, che hanno strumentalizzato i conti in loro favore. Un esempio lo illustra bene: la pensione di vecchiaia ha cominciato a essere calcolata in Spagna a partire dai contributi versati durante gli ultimi due anni di vita attiva, cioè quando si guadagna di più! Poi gli anni sono diventati gli ultimi otto.
Non deve quindi sorprendere se le casse previdenziali sono sull'orlo del fallimento, a causa dell'irresponsabilità di alcuni politici che hanno trasformato lo stato assistenziale in un gigantesco sistema piramidale alla Bernie Madoff, attraverso il quale i sussidi sono pagati non a partire da ciò che è stato effettivamente versato, ma dai contributi dei nuovi contribuenti, che sono sempre meno numerosi.

La fine dell'utopia

Dopo il crollo dell'utopia comunista, adesso è il momento della caduta dell'utopia socialdemocratica, che univa economia di mercato a servizi sociali di ogni genere. Questo modello sembrava più solido e ha trasformato l'Europa in un punto di arrivo per milioni di persone provenienti dall'Africa, dall'Asia e dall'America del sud. Ma oggi il paradiso europeo non ha più molto da offrire neanche agli europei. Il continente è in fallimento, a parte alcune eccezioni come la Germania e i paesi scandinavi che hanno applicato in tempo gli aggiustamenti necessari per evitare che la piramide cadesse sulle loro teste.
In questo momento stiamo vivendo un cambiamento di ciclo e di epoca. Una transizione che implica la necessità di adattarsi al nuovo contesto da cui dipendono il nostro paese e il mondo intero. È impossibile mantenere le stesse pensioni, frutto dei nostri contributi, se la speranza di vita aumenta, così come non possiamo ottenere degli aumenti automatici dello stipendio se l'impresa in cui lavoriamo non va bene. E non possiamo mantenere delle istituzioni pubbliche la cui unica funzione è quella di versare uno stipendio ai parenti e agli amici, o continuare ad affermare che in questi ultimi decenni non è successo nulla.
Attualmente le ricchezze si stanno spostando dall'Europa verso i paesi emergenti. Oggi la nostra classe media deve fare i conti con le popolazioni che vogliono entrare a far parte di questo gruppo in Asia e in America del sud. Ma questo significa che torneremo al razionamento e alla miseria del dopoguerra?
No, questo significa che i giovani di oggi saranno più poveri dei loro genitori, ma vivranno meglio dei loro nonni. In altre parole non si può spendere quello che non si ha. Qualcosa che dovrebbe essere evidente per tutti. Questa è la realtà, anche se siamo circondati da leader sindacali arroganti che rifiutano qualunque cambiamento e da partiti di sinistra più conservatori che mai.

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