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"È meglio così"

Le quote rosa, un male necessario

Il 20 novembre il Parlamento europeo ha adottato una direttiva che impone alle grandi imprese di avere almeno il 40 per cento di donne in consiglio di amministrazione entro il 2020. Una misura imperfetta ma inevitabile per rompere il soffitto di vetro.

Pubblicato il 22 Novembre 2013 alle 15:29
"È meglio così"

"Mamma, il mio voto conterà?", ha chiesto la piccola Vittoria, figlia dell'eurodeputata Licia Ronzulli, in una delle innumerevoli sessioni parlamentari a Strasburgo, dove è arrivata nelle braccia della mamma.

L'immagine, vista molte volte negli ultimi anni, è diventata un simbolo per tutte le mamme attive e una caratteristica della deputata italiana. Seduta al suo posto nel Parlamento europeo, in mezzo agli altri parlamentari, per lo più uomini, Licia lavora con Vittoria sulle ginocchia e riesce a occuparsi tanto di sua figlia che dei suoi documenti, del suo computer e del Blackberry da cui non si separa mai. E quando una votazione è sottoposta ai parlamentari, Vittoria, imitando la madre, alza anche lei la mano, convinta che il suo gesto conti.

Tra qualche anno il voto di Vittoria conterà sul serio. E forse come Licia occuperà anche lei un posto importante in un governo, in una multinazionale o in un organismo pubblico a fianco di altre donne influenti. Questo almeno è l'obiettivo di Bruxelles e in particolare della caparbia Viviane Reding. Infatti da quando ha assunto la guida della direzione generale della giustizia, la commissaria europea si batte instancabilmente per dare un ruolo più importante alle donne, in particolare nell'esecutivo delle grandi imprese.

Il 20 novembre il Parlamento europeo ha adottato a maggioranza una direttiva che dovrebbe migliorare l'equilibrio tra uomini e donne nei consigli di amministrazione delle società europee. Un mondo nel quale il posto delle donne è passato in tre anni dal 15,8 al 16,8 per cento. In Portogallo la situazione è ancora meno incoraggiante. Il numero delle donne dirigenti ai vertici delle imprese pubbliche e private è addirittura diminuito rispetto al 2012: oggi sono il 25,9 per cento nel settore pubblico e il 9,1 per cento in quello privato, secondo le cifre fornite dal segretariato all'uguaglianza. È proprio questa la situazione che Reding vuole combattere.

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Sarebbe ingenuo pensare che gli uomini siano disposti a offrire un posto di potere alle donne per galanteria. Ma sarebbe altrettanto ingiusto imporre loro questa situazione. Prima di tutto perché si combatterebbe l'ineguaglianza utilizzando un criterio iniquo, cioè valorizzando il genere invece della competenza, poi perché non si incoraggerebbe il riconoscimento dei veri talenti delle donne. Ma resta il fatto che per le donne le porte dell'impresa non si aprono facilmente e rimane difficile fare carriera. Certamente ancora per molto tempo le donne non saranno la maggioranza fra i capi di stato.

Il cosiddetto "soffitto di vetro" è una realtà e rimane un ostacolo all'ascesa delle donne nei posti di potere. Di conseguenza l'introduzione di quote nelle imprese e nei parlamenti è probabilmente un male necessario per correggere queste evidenti disuguaglianze – del resto non è un caso se non si vede neanche un uomo che vota importanti leggi in parlamento con un figlio sulle ginocchia. Tuttavia l'uguaglianza potrà essere raggiunta solo attraverso la competenza. Il problema non è nella legislazione, ma nei comportamenti e nelle mentalità. Ed è proprio qui che bisogna intervenire per prima cosa.

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