Oggi è l'Afghanistan a dividere europei e americani. La struttura attuale della Nato impedisce il suo sviluppo, rendendo necessaria una profonda riforma. Il suo principale problema è la mancanza di una visione chiara della minaccia comune, tale da garantire una solida giustificazione all'unione fra l'America e l'Europa, come ai tempi della guerra fredda.
Attualmente gli alleati potrebbero fondare la loro alleanza su una visione comune di un ordine mondiale nel quale gli Stati Uniti controllassero, attraverso la Nato, il mondo occidentale in cambio della sicurezza. Le guerre in Iraq e in Afghanistan hanno però mostrato il fallimento della strategia americana, rappresentata dall'uso unilaterale dell'alleanza come braccio dell'occidente nella guerra globale contro il terrorismo islamico. Una guerra che avrebbe invece dovuto dare nuovo slancio alla Nato.
Una progressiva "europeizzazione" della Nato, accompagnata da un'emancipazione militare dell'Unione europea, potrebbe costituire un rimedio a questa incompatibilità di interessi fra gli alleati. In questo modo lo spazio liberato dal ritiro americano potrebbe dare vita a un'"egemonia benevola" dell'Europa, che utilizzerebbe il suo potenziale per imporre la pace e un nuovo ordine morale nel mondo, su un piano di parità con gli Stati Uniti.
Questa visione comincia a prendere forma in Europa, come dimostra il recente accordo di cooperazione militare anglo-francese. Tuttavia la possibilità di un rapido ritiro degli Stati Uniti dalla Nato ha per ora poche possibilità di verificarsi. Un tale disimpegno arrecherebbe infatti un duro colpo alla supremazia mondiale degli Stati Uniti, sarebbe dannoso per l'equilibrio mondiale e pericoloso per l'Europa, che ha bisogno di tempo per costruire un pilastro militare in grado di esercitare il ruolo di leader mondiale.
Attualmente l'egemonia americana nel mondo si basa su due pilastri, l'Europa e il Giappone, entrambi dipendenti dall'economia americana, una dipendenza dolorosamente dimostrata dalla crisi finanziaria. Sia l'Unione europea che il Giappone rimangono inoltre sotto la protezione militare degli Stati Uniti, cosa che permette a Washington di esercitare un'influenza "soft" sui processi decisionali dei suoi protetti, in particolare ricorrendo alla minaccia cinese o russa.
Ogni tentativo di emancipazione militare del Giappone è reso impossibile dall'articolo 9 della costituzione giapponese, che vieta l'uso della forza come mezzo per risolvere le controversie e proibisce la creazione di un esercito. A sua volta, la ricerca di un'eventuale autonomia militare da parte dell'Unione europea è bloccata dalla struttura stessa della Nato, dominata dagli Stati Uniti.
Fermare la deriva
Finché la Nato esisterà nella sua forma attuale e finché l'Unione europea rimarrà divisa militarmente, difficilmente l'Europa potrà affermare il suo status nei confronti dell'America, della Russia o della Cina. Infatti la forza militare continua a essere parte integrante della politica estera condotta da Washington e dal Cremlino. Non a caso la Russia, anche se più debole economicamente dell'Unione europea, riesce ad avere una maggiore influenza diplomatica grazie alla semplice minaccia del suo esercito e del suo arsenale nucleare.
Senza esercito e priva di una politica di difesa comune, l'Unione europea continua a muoversi senza una direzione politica precisa fra gli Stati Uniti e la Russia, andando alla deriva come un naufrago. E finché questa situazione non cambierà, i diversi paesi (come la Polonia) cercheranno dei protettori fuori dal vecchio continente.
Un'emancipazione militare dell'Europa e la costruzione di un esercito capace di sostenere un'"egemonia europea" creerebbero una nuova divisione del mondo occidentale in due poli con poteri simili. In questo modo la civiltà occidentale, con la potenza americana controbilanciata dall'Unione europea, potrebbe mantenere il suo posto nella competizione per la leadership mondiale. (traduzione di Andrea De Ritis)